. William Elliott Whitmore - the Song of the Blackbird
William Elliott Whitmore - the Song of the Blackbird
(southern.net/ wide)
www.southern.net

Mesmerizing and passionate contemporary folk singer/songwriter in the real appalachianol’ vein


Quando canta ricorda Ray la Montagne e quando suona pare essere il vicino di casa di John Fahey con in mano un banjo oppure un solitario loser del deserto del Mojave che va a cacca di serpenti velenosi insieme a Cpt.Beefheart.
Si chiama William E.Whitmore e le sue canzoni riflettono un profondo amore per The Louvin Brothers, Johnny Cash o Ralph Stanley, il vecchio suono appalacchiano che pare essere tornato di moda e che – speriamo noi – non sia solo vana gloria. “The song of the blackbird”, suo terzo album, è un disco di canzoni minimali guidate da banjo, chitarra acustica, piano, bateria e organo hammond (niente altro) che vengono direttamente dal passato remoto della musica folk americana pur se scritte solo lo scorso anno. E’ un disco che piacerà a quanti hanno apprezzato il tributo a Pete Seeger di Bruce Springsteen e Whitmore canta con un tono ubriaco da marinaio che ricorda il buon caro vecchio Dave Van Ronk. William afferma che “ogni canzone è una storia a se stante e il giudizio lo potrà dare solo chi la ascolta”. Degna di nota, fra tutte “ Red Buds” e “the Chariot” rivisitazione di “Swing Low, Sweet Chariots” entrambe cantante con un tono un po’ invasato ma indispensabile per questo tipo di catarsi.

Ernesto de Pascale

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