. Steve Earle - Live at Montreux 2005
Steve Earle - Live at Montreux 2005

Il Festival Jazz di Montreux è, a dispetto del nome, casa aperta ad ogni genere musicale, che ha avuto nel corso del tempo il grande merito, per quanto ci riguarda, di ospitare anche alcuni tra i più rappresentativi songwriters americani di sempre.
Resta leggendaria qui l’apparizione di Johnny Cash del 1994, in una delle rare “puntate” europee dell’Uomo in nero.
Steve Earle, invece, in Europa è venuto spesso, soprattutto da quando le sue posizioni politiche si sono fatte “intollerabili” nell’America di Bush e dei suoi scagnozzi.
Nel vecchio continente il rocker ha trovato un pubblico attento e critico, nonché largamente disponibile ad ascoltare le sue invettive ma anche la sua rivisitazione a 360 gradi della tradizione popolare del suo paese.
Logica ed inevitabile quindi la sua apparizione a Montreux, dove Earle è qui documentato attraverso un’intensa esibizione in solitaria del 2005.
Non è certo un raffinato picker il nostro, eppure la sequenza iniziale è un pugno nello stomaco: “Jerusalem”, “Devil’s right hand” e “Warrior” stanno lì a giustificare la nomea che Earle si è fatto di Woody Guthrie del 2000.
Ma non è solo questo l’aspetto che emerge dall’ascolto di questo album: ecco che Earle si mostra anche come bluesman rurale alla Mance Limpscomb (“South Nashville blues”, “CCKMP”), come ragazzo innamorato del bluegrass e di Bill Monroe (“Dixieland”), come folksinger impegnato nella battaglia per i diritti civili (la sempre splendida “Ellis unit one”).
In 20 anni di carriera Earle ha costruito un repertorio solido che in pochi, se non lo Springsteen ultima maniera, possono permettersi.
Che dire poi di “Condi Condi”, una surreale dichiarazione d’”amore” (?) per la benemerita (?) Condoleeza Rice in salsa reggae?
“Copperhead road” e soprattutto “Christmas in Washington”, già “coperta” da Joan Baez, sono i suggelli di una performance grezza, urgente eppure proprio per questo necessaria.
E’ l’America dei “drop-out”, degli esclusi dal grande Sogno quella cantata da Earle: è l’America di Michael Moore e non di Bush, è l’America di Pete Seeger e non di Garth Brooks, quella vera, quella che piace a noi.

Massimiliano Larocca

Track list

The Memphis Dude
Sugar Ray
Home Sweet Soul
For all we know
Jòga
Horace Vorace
La Strada
Miss Soul
Daahoud
Prelude to a kiss
Back Home
Lisbon Stomp

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