.

Faust - C’est Com Com Complique
(Bureau-b/Audioglobe)

Vecchie glorie del kraut rock psichedelico come i Faust che cos' hanno al giorno d'oggi da raccontare al mondo della musica contemporanea? Nonostante quasi quarant'anni di carriera e tonnellate di pioneristiche evoluzioni nell'universo sonoro della psichedelia alle spalle, un album come C’est Com Com Complique è la dimostrazione che le cose da dire non sono finite.
Nato in Germania nel 1971 e cresciuto a fianco di altre band della scena del kraut rock, dagli Amon Düül ai Can, con una carriera proseguita più o meno ininterrottamente, nella sua incarnazione contemporanea il gruppo vede a fianco dei membri fondatori Werner "Zappi" Diermaier (batteria) e Jean-Hervé Péron (basso, chitarra, voce) anche l’Ulan Bator Amaury Cambuzat.
Kraut rock di matrice tedesca, quindi, ma che sceglie come lingua il francese e dalla Francia acquisisce inaspettate sfumature musicali, dando così luogo ad una fusione stilistica personale ed efficace. Ne è l'esempio Petit sons appétissants, uno dei brani migliori, scheletro di una chanson francese classica appesantito e stravolto dalla tempesta di frastuoni rock, dallo scrosciare dei piatti e dal tintinnio delle campane, dimostrazione di come al di là della psichedelia qualche appiglio alla scrittura resti sempre. Di certo nell'album restano gli appigli alla “progettazione”, in un disco dove si lascia libera l'improvvisazione ma forse si tenta di controllare la casualità, quantomeno a giudicare dalla varietà delle tracce. Stimmen ci accoglie così con un incastro di didjeridoo, voci e – perdonate il termine informale - pernacchie, bonjour Giacchino è la dimostrazione di come un'esplosione hard rock si possa intrecciare con una sinfonia classica, la conclusiva title track è una combinazione nel più classico stile space-kraut tra suoni e rumori. Immancabili mantra psichedelici e minutaggi infiniti insomma, eppure – e qui sta la forza del disco – a patto di lasciarsi coinvolgere un po', si può star sicuri di non annoiarsi. Niente hit singles naturalmente, ma la prova che chi un genere musicale l'ha “inventato” ha ancora ben chiara la differenza tra quando c'è stile e quando non c'è. Si trattasse anche solo di produrre un rumore.

Giulia Nuti

tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.
eXTReMe Tracker