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I SAW IT THROUGH THE COGNAC

L’ottava edizione del festival blues di Cognac, in Francia, ha dato l’occasione di verificare lo stato di salute del Blues francese che negl’ultimi tempi è molto cresciuto tanto da spodestare la supremazia scandinavo-tedesca. Troppo votati al Blues retro’, gusto west-coast gli scandinavi, troppo roccaccioni i tedeschi, la “Douce France” s’è imposta grazie a musicisti che hanno saputo unire versatilità, conoscenza dell’idioma e capacità tecniche, con una spiccata preferenza per il buon vecchio down-home. Pochi fronzoli, chitarra, voce e armonica, è in effetti la varietà la forza dell’esagono, assieme all’originalità di musicisti. Benoît Blues Boy, il Philippe Noiret del Blues, é, come lui stesso sottolinea senza falsa modestia, l’uomo che ha portato il Blues in Francia. Favorito dalla consonanza linguistica, dai tardi sessanta, BBB ha fatto della Louisiana la sua residenza secondaria. Il suo concerto a Cognac, ove i suoi fedeli Tortilleurs (gli swingers, per interderci) erano integrati da Hector Watts, che ha fatto grandi cose con la blues-root band Solid Senders, e dai West Side Horns, al secolo Rocky Morales, sax, e Alfredo Gomez, tromba, due musicisti con i controfiocchi. Stimolato dalla tenzone, il chitarrista in pectore dei Tortilleurs, Stan Noubard-Pacha, s’é difeso a spada tratta con

Benoit Blue Boy
grande foga e talento. Su Benoît c’é poco da dire: il suo carisma, che lo ha reso noto anche al grande pubblico francese, emana da uno spettacolo in cui la comunicativa é l’elemento essenziale. Accompagnati dall’armonica di Benoît, che nel suo uso s’ispira all’accordeon, tutti si sentono alla svelta un po’ cajun, figli dello zydeco, e i testi in madrelingua, se posson sembrar buffi all’europeo anglofono, aiutano molto nel processo d’identificazione. Il suo decimo e ultimo disco, «BBB en Amerique» (Fremeaux Associés LLL 298) è un disco raffinato, un’opera musicalmente colta, con testi ironici nella miglior tradizione francese, che si pone sulla linea di confine tra Nuovo Messico e Louisiana, musica del Golfo arrichita dai musicisti di cui sopra e altri talenti della zona. Ma forse gl’Honeymen, i fratelli Jimmy e Elmore Jazz, due bretoni di Quimper, son la scoperta più mirabolante. Honeymen si producono in un downhome tiratissimo assolutamente fedele alla tradizione Excello e di grande qualità tecnica. I fratelli Jazz, cuore di altri due gruppi ossia gl’ormai mitici Doo the Doo, la miglior band di Blues francese secondo il parere unanime di pubblico e critica, e il trio Bonobo’z, hanno per ora fatto un solo disco, oggi introvabile come Honeymen.
Honeymen
Come Doo the Doo, aggiunti una sezione ritmica e un altro chitarrista, il loro ultimo «Hex» (Surfin Dog), orientativamente di genere Texas Swamp è un prodotto di alta qualità, un’Euro Blues da 15 stelle piene, che raramente s’ascolta oggigiorno. D’altronde basta scambiare tre parole per comprendere qualche ragione di tanta perizia. I fratelli Jazz sono dei veri appassionati di Blues, e come tali amano e conoscono a fondo questa musica, e vanno sentiti raccontare con aria trasognata di quando, nel 1994, Junior Wells li chiamo’ sul palco per un’indimenticabile “You don’t love me”, il sogno di una vita. La loro esposizione internazionale non tarda ad arrivare tanto che prima di Cognac son stati invitati al Festival Internazionale del Jazz di Montreal, uno degl’appuntamenti più ambiti per i musicisti francofoni, anche se, con coraggio pari alla bravura, i fratelli Jazz usano ampiamente la lingua inglese, sfidando cosi’ un mercato che fa dell’appartenenza linguistica un punto d’onore. Un altro set d’impressionante qualità é Bo Weavil, chitarrista cantante, che propone un Blues serrato e scuro, molto vicino a
Bo Weavil
Fred McDowell, con un accompagnatore pluristrumentista che passa dal washboard al contrabbasso con facilità stupefacente. Vanno anche menzionati Little Victor e Sophie Kay, un altro duo downhome, molto ispirato dalla musica anni 40/50. Oltre che maneggiare con sicurezza le chitarre, Little Victor é anche armonicista provetto cimentatosi con varî americani nelle sue lunghe permanenze oltreoceano. Da apprezzare il loro “Cooking with Gas” (Blue Rabbit 8001), mentre sarebbe da avere il bel film girato da Sophie Kay (al secolo Kermetz) “Un jour avec RL Burnside”, dove Little Victor suona con Burnside, suo nipote Cedric e Keith Brown. Last but not least, vorrei parlare di Gérard Tartarini, un cantante- chitarrista della regione parigina di cui ho avuto modo di sentire un demo. Accompagnato dai suoi Bluesy Train, l’ottimo seppur giovane Thomas Laurent all’armonica, e Didier Morando alla batteria tenuta al minimo, rullante-charleston-cassa, Gérard applica con naturalezza testi non banali in lingua francese ad un folk-blues di sapore antico, spesso animato da un dobro magistralmente suonato. Altri gruppi di notevole fattura, non necessariamente ispirati al blues acustico più in voga adesso, hanno avuto modo d’esibirsi quest’anno a Cognac. Oltre ad esser uno dei grandi appuntamenti dell’estate in Blues, questo festival rimane una grande vetrina per il Blues esagonale. Se a cio’ s’unisce un’organizzazione con poche pecche (e poche toilettes!), il consiglio finale sarebbe quello d’includere questa stupenda regione francese della Charente Maritime nel planning delle vostre prossime vacanze estive. Tra l’altro, senza contare il fiume, la Charente appunto, l’oceano é a 60 chilometri. Senza dimenticare il Cognac…


Luca Lupoli

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