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BOB DYLAN - Love and theft


“Love & theft”, la prima collezione di nuove canzoni di Bob Dylan da qauttro anni a questa parte, e più precisamente dal convincente “Time Out Of Mind”, è un album distorie ed avventure, alcune raccontate dal principio alla fine, alcune solo abbozzate.
“High Water Everywhere (for Charley Patton)” è forse l’unica di queste canzoni con l’aria di essere completa ma attraverso una scrittura tratteggiata ed abbozzata che si dischiude dopo vari ascolti. Incredibile a dirsi ma la canzone, che ci appare più bella nell’intera collezione di 12 brani, è stata scritta nel 1927, proprio da Charlie Patton, quasi a fare il paio con quella Blind willie Mc Tell, resuscitata da Dylan qualche anno fa.
Ma quello che parrebbe un semplice lavoro di riabilitazione passa invece attraverso molti processi: Dylan deve infatti allo scomparso chitarrista e musicologo John Fahey il ritrovamento del brano citato: e proprio la Revenant, l’etichetta di Fahey, stampa proprio in questi giorni un cofaneto dedicato a Patton di ben 7 cd. Un caso?
Tralasciando lo zelo e l’impegno del nostro, a uso e consumo di chi lo dà ogni anno per spacciato, non c’è niente di complesso o di arteficioso in queste canzoni, se mai qualcosa c’è mai stato di tale,negli album di Dylan,come niente di complesso e artificioso c’era in album acustici come “love gone wrong” o “as good as to you”, semplici ma di una cripticità irritante.
Cosa passerà mai, infatti, però -viene da chiedersi- a uno dei più grandi, se non il più grande, storyteller degli ultimi cent’anni, spingerlo a dimenticare la propria scrittura per recuperare quella oscura, arcana, altrui?
Tranquilli, non avremo mai risposta a questa domanda.
“Qui si balla con chi ti viene indicato” ammonisce Bob “oppure non si balla affatto” e pare che queste parole siano indirizzate all’ascoltatore smanioso che continui a chiedere.
Ma se è lecito fare illazioni, e perchè non farne, visto il suo mutismo (anche se la musica, a logica, dovrebbe bastare), nel “mondo” del Dylan di oggi c’è una silenziosa e sdegnosa desolazione,una reazione sorda al rumore esterno che ci mostra di Bob tutto l’ orgoglio da Signororotto del vecchio West.E visto il ruolo disegnatosi, c’è anche la licenza poetica, ricca di humor perverso,di colui il quale può permettersi di cantare di morti che camminano solo perchè la bare sono tutte occupate.
In “Love & theft” del Dylan del 2001 c’è, insomma, il suono di un silenzio fatto di chiari e scuri, di parole strascicate e di furiose cavalcate rockabilly e blues (grazie alla chitarra del bravissimo Charlie Sexton) mischiate agli umori della vecchia America.
Il suono di un silenzio che ci ricade addosso come un macigno carico di passato e di presente e cha fa male più di certe risposte soffiate nel vento tanti, troppi, anni fa, (forse) solo per niente.


Ernesto De Pascale

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