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John Scofield: Uberjam
(Verve/Universal)


Pur avendo acquisito la propria indipendenza musicale molti anni fa, dopo l’esperienza trascendentale negli anni ottanta con Miles Davis, John Scofield si è sempre sforzato di percorrere strade musicali al passo con i tempi mettendo in atto una strategia a volte obliqua ma nobilitata dalla sua facilità tecnica e da una prontezza a recepire che gli si si deve render merito.

Scofield è prima di tutto un chitarrista di jazz rock, sia ben chiaro, e anche ben radicato in quello stile, stile di cui fu uno dei precursori sin dai primi anni settanta come membro dei “Dreams”, una band che lo vedeva schierato al fianco di Billy Cobham alla batteria, dei fratelli Becker ai fiati, di Willie Lee al basso e e del mai troppo celebrato Don Grolnick alle tastiere. A cavallo tra i sessanta e i settanta i “Dreams” incisero due album su Columbia che la dicono lunga sulla carriera di quei giovani talenti di allora.
Ecco, Scofield, dal punto di vista della più stretta cifra stilistica non si è mai staccato dallo stile che sviluppò allora (d’altronde Mike Stern si fece le ossa nei Blood, Sweat & Tears!) sapendo infarcire i suoi dischi, album dai temi ben esposti e precisi, di ospiti “annusati” qua e là in giro per il mondo.

Nel suo nuovo album, “Uberjam” (Verve/Universal), nei negozi dal 28 Gennaio 2002)John Scofield richiama al suo fianco John Medeski del trio Medeski, Martin & Wood (forse il gruppo più alla moda d’America adesso) per recuperare certe atmosfere già dell’album che il solista e il trio incisero insieme nel 1998, “Au Go Go” (Verve). Qui appaiono oltre alle tastiere vintage di Medeski, il flauto di Karl Denson e il batterista -di chiara matrice Cobhamiana- Adam Deitch che si esibisce in un rap dai tono naive. Il chitarrista Avi Bortnick e il bassista Jesse Murphy completano la line up.

Quello che pare è che Scofield stia svolgendo il percorso che ha già da qualche tempo intrapreso da un altro importante chitarrista suo coetaneo, Bill Frisell e cioè un lento spostarsi dal jazz verso quel suono chiamato “americana” che tratteggia immaginifici scenari e landscapes della mente e/o della memoria.

Una musica quindi descrittiva che per certi versi intriga e che per altri stucca.

Uberjam” piacerà ai fans delle jam band .

A conferma di quel che andiamo scrivendo si deve ricordare che da qualche tempo a questa parte Scofield inizia ad avere un seguito proprio fra i dead heads (i seguaci della band di Jerry Garcia la cui musica è celebrata oggi da gruppi come Jazz is Dead che reinterpretano in lunghe improvvisazioni i brani di quel gruppo e annoverano tra le proprie fila signori musicisti come l’ex Weather Report Alphonso Johnson, e/o componenti di band come Dixie Dregs, Little Feat, Allman Brothers e altri ancora...).

Nell’ascoltare “Uberjam” si programmi la traccia numero sete, “Tomorrow Land”, per sentire Scofield pagare un palese tributo allo stile di Garcia e non meravigliarsi neanche un po' perché, a conti fatti, tutto scorre bene in questo album e con una certa programmaticità di intenti che lascia anche soddisfatti se ci si pone davanti alla musica senza secondi fini nè preconcetti.

Sia però chiaro che il jazz non c’entra più nulla con John Scofield e che forse questo, dopotutto, è solo un bene sia per il chitarrista che per i jazzofili.

Ernesto de Pascale

John Scofield- Uberjam (Verve/Universal)
Acidhead 6.33
Ideofunk 4.44
Jungle Fiction 5.39
I Brake 4 Monster Booty 4.02
Animal Farm 5.36
Offspring 6.27
Tomorrow Land 3.58
Uberjam 6.53
Polo Towers 5.29
Snap, Crackle, Pop 6.02
Lucky for Her 3.12

Produced by John Scofield & Jason Olaine


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