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Drive by Truckers: the Dirty South
(New West)
www.drivebytruckers.com



Quando i sudisti spingono lo fanno con pesantezza e affondando le mani. E’ il caso di Drive By truckers, dalla Georgia, tre album all’attivo e quella cattiva attitudine di band come i Lynyrd Skynyrd di non lasciarla mandare a dire. In “New South“ la band guidata da Patterson Hood - figlio del più celebre Roger, bassista straordinario degli studi Fame e collaboratore di molti, da Aretha ai Traffic – si cimenta in 14 brani originali che raccontano storie dalle molte sfaccettature. Storie che provengono dal passato, dalla memoria, dalla tradizione orale (“The day John Henry died“), dal folclore locale (vera è il narrato di “Carl Perkins’ Cadillac). In ogni singolo brano di questo “The Dirty South“ c’è una fotografia che il gruppo si porta appresso con un orgoglio tipicamente sudista. Feroci commentatori sociali dei cambiamenti, dell’ avvento smodato degli outlet che costeggiano chilometri di freeways, Drive By Truckers non nascondono il loro rincrescimento. Tutto questo avviene a tempo di rock, con quelle sonorità in parte conosciute che rispolverano le epiche cavalcate di gruppi come Outlaws, Molly Hatchet, Grinderswitch, Hookfoot, Charlie Daniels, Marchall Tucker Band e Lynyrd sopra di chiunque altro. Drive by Truckers sono però più sotterranei nel loro percorso musicale e accompagnano a ciò una sporcizia sudista, quel “Dirty south “ del titolo appunto, che non è lontana dal suono dei dischi della Fat Possum, un blues contorto e tossico che, nei settanta, nei dischi dei gruppi sopracitati non appariva con altrettanta chiarezza. C’è la lezione di Neil Young che di certo affascina Patterson Hood, Mike Cooley, Jason Isabell, Brad Morgan e Shonna Tucker come in “Puttin’ People on The Moon ” che è rock sudista contemporaneo al cento per cento, libero, indipendente e svincolato dai pesanti fardelli della tradizione da continuare. In “The Dirty South” c’è però anche la sfrontataggine di rischiare come in “The Sands of Two Jima“, una sarcastica, tristissima storia - presumibilmente vera - su un reduce della seconda guerra mondiale, una storia che potrebbe dare al gruppo qualche problema nell’America di George W. Bush, cantata con un filo di voce roca e grande pathos.
Un ottimo disco di oggi quindi con i Drive by Truckers che, con grande trasporto, si spiegano e si raccontano e descrivono la realtà che li circonda nelle prime due pagine del booklet allegato. Un tentativo ben riuscito di far partecipe l’ascoltatore della loro vita in un meccanismo di condivisione che spesso oggi è del tutto bypassato dalla fretta e dalla voglia di monetizzare. Un tentativo ben riuscito che dà al gruppo ancora più valore. In altre parole: questo è il Sud che mi piace.

Ernesto de Pascale



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