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LUCERNA BLUES FESTIVAL
11-13 Novembre 2004

Il festival del Blues di Lucerna, alla sua decima edizione, è diventato un appuntamento cruciale per gli amanti del Blues nell’Europa del Centro-Sud e quest’anno, forti di un euro alquanto dopato, anche gl’italiani si sono affacciati numerosi in un paese tradizionalmente troppo caro per le nostre tasche. Il segreto della crescente popolarità del Festival risiede nella qualità della programmazione artistica e di un’organizzazione a misura d’uomo, frutti del talento di due grandi appassionati come Fritz Jakober e Guido Schmidt, il cuore e l’anima (o viceversa) del festival. A Lucerna c’é vicinanza tra il pubblico e gl’artisti: potete, per esempio, avere un contatto diretto coi vostri beniamini, far firmare copertine, scattare foto (col flash !) senza bisogno di permessi e autorizzazioni varie. Non rischiate d’esser perquisiti dagl’uomini della sicurezza che lavorano con discrezione. I prezzi? 38 euro a notte per cinque concerti, o 81 euro per l’intero festival di quindici concerti. Insomma tutto bello e tutto facile, anche se conviene ricordare ai non fumatori che la Svizzera é l’ultimo paese in Europa dove si può fumare ovunque. Dicevamo della programmazione che propone artisti relativamente conosciuti e le Revue, un modo per far suonare musicisti che sul momento non hanno una band a disposizione o che escono da un periodo d’ombra. Il climax quest’anno é stato, a mio modesto avviso, raggiunto con la Severn Records Soul Revue seppur amputata di Lou Pride, forse il cantante più atteso, ricoverato per problemi cardiaci in una clinica svizzera pochi giorni prima del festival. Gli facciamo ovviamente i nostri migliori auguri. I suoi compari Tad Robinson e Darrell Nulisch, accompagnati rispettivamente da Alex Schultz e Jonny Moller, con un’eccellente band targata Severn – Rob Stupka alla batteria, Benji Porecki alle tastiere, Steve Gomes al basso e un solido terzetto di fiati composto da Willie Henderson al sax baritono, Junior Brice al tenore e David Finell alla tromba, hanno fatto davvero faville. Se il valore di Nulisch era già stato verificato in altre occasioni, ha stupito Tad Robinson, molto più aggressivo che su disco, e dotato d’un falsetto micidiale che non gli conoscevamo. W.C. Clarke, assai atteso anche lui, ha patito l’assenza dei fiati e delle tastiere nel suo gruppo, mentre risultava superflua la chitarra ritmica. Da rivedere, perché Clarke é uno dei migliori cantanti di Soul-Blues che ci siano in giro. Lucerna ha confermato il talento e la bravura d’artisti ampiamente conosciuti: Rod Piazza e i suoi Mighty Flyers, musicisti che per ragioni extra-musicali hanno regolarmente incontrato la diffidenza di certa critica nonostante riproducano, e non sono molti in grado di farlo, un sound veramente fedele al Chicago Blues del dopoguerra. Piazza all’armonica e la moglie Honey Alexander al piano sono due musicisti fuori dal comune che ogni tanto gigioneggiano un pò troppo, senza però risparmiarsi. Come sempre su standards elevati l’esibizione puro Chicago Blues di Matthew Skoller, accompagnato dal fratello Larry alla chitarra e da Sidney Wingfield al piano. Parlando sempre d’armonicisti, James Cotton e Carey Bell, due grandi vecchi che hanno marcato indelebilmente il percorso dell’armonica nel Blues, hanno ribadito la loro grandezza. James Cotton con la sua band ha avuto il time slot più ambito, il terzo set del sabato sera, ma sfortunatamente il gruppo ha preso il sopravvento con uno spettacolo di moderno, e duro, Rock & Blues, macchiato d’altre tendenze contemporanee. Cotton e Bell erano ospiti di Bob Margolin e il contesto favorevole ha mostrato che l’età e i suoi acciacchi possono diventare un aspetto trascurabile. Margolin suona una slide velenosa, di grandissimo effetto, garantendo spettacolo e divertimento in compagnia di Willie «Big Eyes» Smith alla batteria, e di Humbert Sumlin alla chitarra, altro maestro carico d’acciacchi e di gloria in eguale quantità. Continuando coi chitarristi, Anson Funderburgh s’é mantenuto sui suoi livelli, con un stile sobrio ed efficace, accompagnato dalla commovente esibizione di Sam Myers, altro bluesman onusto di gloria. Molto bravi, e non é una scoperta, anche due discepoli di Jimmy Dawkins, Billy Flynn, ormai un habitué di Lucerna, e Bobby Radcliff. Flynn é un chitarrista completo, molto bravo anche alla slide, mentre Radcliff ha il merito d’aver sviluppato uno stile personale, che lo rende facilmente riconoscibile, con le dita che corrono sul manico cone quelle d’un chitarrista classico. C’era anche lui, il carismatico Dawkins, arrivato sul palco con una giacca di perline luccicanti che facevano molto Natale. Tutti s’aspettavano una grande performance, ma come notava saggiamente un esperto, Dawkins ha bisogno di «scaldarsi» a lungo e il fatto d’esser ospite di Billy Flynn e di Bob Stroger l’ha inevitabilmente condizionato. Alla fine, il popolo del Blues ha dovuto sfamarsi alla belle e meglio con un assolo: troppo poco anche per un musicista dogmatico, che si ama e basta, come Dawkins, dal quale inevitabilmente ci si aspetta molto di più. Gli Holmes Brothers hanno fatto un corposo spettacolo di Soul-rock, sfruttando la loro dote maggiore che rimane l’impianto vocale. Floyd Lee ha forse reso meno che su disco, ma è senza dubbio un’artista molto originale e la presenza di Sam Carr alla batteria ha impreziosito il suo spettacolo. Nella media il chitarrista-cantante Jimmy « Texas » Brown, che fa uno spettacolo onesto e piacevole. Le due cantanti Donna Greenleaf e Nora Jean Bruso, che hanno partecipato alle esibizioni di Margolin e Flynn, hanno buone capacità ma debbono lavorare sullo stile perché troppo spesso s’affidano alla potenza delle loro corde vocali. Tra i pezzi che più hanno marcato il festival ci piace ricordare “Bright Lights, Big Cities” suonata da Floyd Lee , una versione tosta di “Stormy Monday” di W.C. Clarke, la ormai abusata “Fever” fatta da Texas Brown, “Good Morning Little Schoolgirl” riportata a nuova vita da Rod Piazza assieme a “Blues Night is Falling”. Bobby Radcliff s’é illustrato con la sua “Road to Travel” e “Catfish”, infine Tad Robinson e Darrell Nulisch si sono uniti per un finale “Little by Little” avendo prima deliziato il pubblico con alcuni dei loro cavalli di battaglia come “I’m Dying with the Blues”, “I Believe” e “Too Late” per Robinson, “Train to Nowhere”, “You Tore my Playhouse down” e “Lonely man” per Nulisch. Nonostante il frastuono di una band troppo carica, James Cotton é riuscito a lasciare la zampata del vecchio leone con una “Baby please do not go” difficile da dimenticare.

Luca Lupoli


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