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Intervista a Justin Currie

Membro fondatore dei Del Amitri, Justin Currie, è uno dei più onesti rappresentanti di quel blue collar rock proletario che trova le sue radici in Springsteen e Mellencamp. I Del Amitri sono stati una delle band più apprezzate della scena musicale anglosassone degl’anni 80 e 90, il loro rock dalle venature folk e pop, gli permise di toccare anche i piani alti delle classifiche inglesi ma al primo flop con il loro ultimo album Can You Do Me Good? del 2002 vennero inesorabilmente scaricati dalla Mercury. Nella loro discografia non possono essere tralasciati dischi come il primo dove splende la splendida Crows In The Wheatfield ma anche altri singoli episodi successivi come le altrettanto belle Nothing Ever Happens, Move Away Jimmy Blue e Kiss This Thing Goodbye. Dopo la fine dei Del Amitri, Justin Currie, ha cercato in tutti i modi di ritornare nel grande giro, prima con alcuni side-project poi come solista lanciando qualche anno fa alcuni brani del suo album di debutto su MySpace. Un outsider dunque, ma un outsider dalle doti immense come dimostrano i suoi nuovi brani sospesi tra un cantautorato pop raffinatissimo con accenti di poetica rock sopraffina. E’ il caso di No, Surrender, una ballata struggente che affascina l’ascoltatore sin dal primo ascolto. Abbiamo intervistato Currie, per parlare del suo disco di debutto ma anche della sua carriera musicale…







Ci puoi parlare dei tuoi primi passi nel mondo della musica?
Ho cominciato a suonare quando andavo a scuola insieme ad un paio di amici, provavamo alcune canzoni nella soffitta di casa mia. Era il 1981, giù di lì.

Ci puoi parlare della tua esperienza con i Del Amitri?
Era intorno al 1982 quando ci siamo incontrati la prima volta, eravamo un gruppo di amici che amava la musica rock e ci divertivamo a suonare insieme nella soffitta di casa mia. Poi arrivarono i primi brani composti insieme e qualche anno dopo ci ritrovammo con un contratto discografico.

Com’è il tuo rapporto adesso con i Del Amitri?
I Del Amitri sono stati la tutta la mia vita e io mi sento ancora dei Del Amitri. E’ una gang e io sono particolarmente grato a tutti loro e siamo ancora molto amici. Abbiamo fatto sei dischi insieme e siamo stati veramente bene, ultimamente però le cose non sono andate bene con la casa discografica che ci ha letteralmente scaricati. Non sapevo dove riprendere il filo del discorso interrotto con loro, così è stato quasi automatico fare un disco tutto mio. Se c’è una possibilità di tornare insieme non so dirtelo, anche perché rispondere ad una domanda del genere adesso sarebbe difficile. Il fatto è che essere una pop band è molto più facile quando si è giovani. Quando acquisti la consapevolezza che sei un musicista, capisci che hai bisogno di investire anche sulla tua musica.



Ci parli dei tuoi side-project, Button Up e Blazin’ Fiddlers?
I Button Up erano una sorta di cover band di classici jazz e soul, in cui suonano Stuart Nisbet, il chitarrista dei Proclaimers, Ross McFarlane (batteria), Gary John Kane (basso) e Andy May (tastiere). E’ stata una bella esperienza ma non è durata moltissimo giusto il tempo di un breve tour in Scozia. L’anno dopo ho fatto parte dei Blazin’ Fiddlers un progetto molto importante che coinvolgeva Eddie Reader e Colin McIntyre, e che mirava al recupero della tradizione folk scozzese, è stato molto bello perché abbiamo suonato con un orchestra e sicuramente penso sia stata un’ occasione per crescere anche a livello musicale.

So che hai inciso anche un disco con Kevin e Jim McDermott (dei Simple Minds)?
Si è vero, ci chiamavamo The Uncle Devil Show, quel disco, A terribile Beauty, è stato giusto un divertimento, e poco altro. Non era un progetto mio, ho solo partecipato alle registrazioni. Però mi sono divertito.

Ci puoi parlare di What Is Love For?
Non è un disco rock nel senso letterale del termine, è un disco piuttosto pop, soffice, fatto di melodie dolci ma anche di momenti introspettivi e molto personali.

Come è nato What Is Love For?
Dopo l’ultimo disco dei Del Amitri, abbiamo avuto numerosi problemi con la nostra etichetta, come ti ho già detto. Quando ho capito che i Del Amitri dovevano essere messi da parte per un po’, ho cominciato a comporre i brani per questo mio album di debutto come solista. Anche in questo caso però non è stato facile, prima di trovare un etichetta disposta a pubblicarlo, è passato molto tempo. Ecco perché alcuni brani li ho pubblicati con largo anticipo anche su MySpace.

Ci puoi parlare del tuo processo creativo?
Cerco di assimilare quante più cose possibili dai giornali e dalla televisione, ma guardo anche dentro me stesso. Compongo al piano o alla chitarra di solito, spesso a notte fonda o nelle prime ore del mattino. E’ una cosa molto personale, molto intensa. Qualcosa comincia a fremere nello stomaco mentre cammini per strada e che ti dice che tu hai bisogno di scrivere.

Di solito arrivano prima le melodie o le parole?
Non importa se arriva prima la melodia o le parole, l’importante è che riesca a mettere dentro un brano tutto me stesso. Quando ho composto No, Surrender, è venuta fuori prima la linea melodica, poi le parole, è stato un processo consequenziale è come se la melodia mi avesse suggerito le parole. La melodie in certi casi mi aiuta a far venire fuori quello che voglio dire realmente.

Quali sono state le influenze musicali di questo tuo nuovo disco?
La musica dei Del Amitri guardava al rock americano, la mia più a quello inglese, al british pop anche se nel disco qua e là ci sono influenze americane. Essendo canzoni molto personali ed introspettive, necessitavano di arrangiamenti più diretti e soffici. Nel mio bagaglio personale c’è comunque sia la musica personale americana che quella inglese. Sono cresciuto con i Beatles e con i Rolling Stone ma ho amato anche il rock americano.

Ci puoi parlare delle sedute di registrazione di questo disco?
Ho registrato gran parte del disco a casa, ho provato a catturare la semplicità delle canzoni nella loro forma embrionale.

Nel disco suonano anche Ian e Andy dei Del Amitri. Com’è stato ritrovarsi con loro?
Ian suona la pedal steel su Gold Dust e Andy suona su No, Surrender. Loro sono qualcosa di più che dei semplici amici, quando ho avuto bisogno di loro è bastata una telefonata. Ritrovarsi insieme è stata una cosa magnifica.

Di cosa parlano i tuoi brani? Ci puoi parlare ad esempio della title track?
Penso che le canzoni debbano parlare da se, non posso influenzare il loro significato intrinseco con le mie parole. Cerco di scrivere canzoni che non sono influenzate da alcuna influenza romantica. Le canzoni spesso sembrano assumere il significato opposto di quello che hanno in origine. Io voglio lasciare che l'ascoltatore decida se si parla di un ragazzo innammorato o di un bastardo freddo e senza sentimenti. Mi piace l'ambiguità. La title track parla di una lunga relazione tra due persone, che però finisce all’improvviso, con uno strascico di dolore che conduce entrambi a chiedersi perché si ama.

Qual è il brano che preferisci tra quelli di What Is Love For?
Non ho un brano preferito sono tutti figli miei e non ho preferenze.



C’è una canzone che avresti voluto scrivere tu?
Ce ne sono tantissime. Ho amato ed amo intensamente la musica rock. Al momento ti direi, It’s All Right Ma, I’m Only Bleeding..

E’ una canzone di Bob Dylan…
Si, adoro Bob Dylan, lui è riuscito unire la poesia con il rock. Nessuno ha fatto meglio di lui. Forse per certi versi ci sono riusciti i Beatles… un’altra canzone, ecco, sarebbe Hey Jude..

So che attualmente sei in tour, come riesci a ricreare dal vivo le atmosfere del tuo disco?
Sono in tour con una band di quattro componenti, i brani sono certamente diversi da come sono sul disco. Non avrebbe senso rifarli uguali. Sto suonando quasi per intero tutto il disco ma anche brani dei Del Amitri, canzoni di vent’anni fa, e devo dirti che è una bella emozione. C’è un feeling diverso ma le emozioni nel suonare quelle canzoni sono le stesse.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?
A dicembre sarò negli States per fare alcuni concerti, poi comincerò a pianificare il nuovo disco.

Ci sono chance di vederti in Italia?
Per adesso non ci sono piani in merito, è probabile che per il prossimo anno si riesca ad organizzare qualcosa. Ho già suonato in Italia con i Del Amitri negl’anni ottanta, non ricordo se a Milano o a Roma. Il vostro paese è bellissimo, e mi piacerebbe tornaci presto.

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