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Lucerne Blues Festival Fourteenth Edition
(7-16 November 2008)

The Lucerne Blues Festival, at its 14th edition, managed to maintain a level of excellence and interest, which is quite uncommon amongst festivals with long tradition. The choice of the artists is always well balanced, to ensure that different tastes are accommodated, and between new discoveries and welcome returns, festival time goes by too quickly. Among the highlights of this edition, Steve Guyger, surrounded by top-notch musicians, provided an intense act with juicy harp parts while the Mannish Boys, despite being quite numerous, set the Grand Casinò on fire with breathless – take no prisoners – Blues.

Anche quest’anno il festival di Lucerna ha confermato la sua fama d’appuntamento d’alto livello artistico. Artisti nuovi e altri più conosciuti si sono alternati nel Grand Casinò attirando, soprattutto Venerdì e Sabato un numero impressionante d’appassionati. Giovedì le danze iniziano in acustico con Fruteland Jackson & Fernando Jones, una coppia presumibilmente estemporanea ma ben assortita, nella quale Jones riusciva a limitare la verve di cantastorie di Fruteland, assai interessante, ma leggermente indigesta per un pubblico non anglofono. Un buon inizio per ricordare le radici del Blues. Curtis Salgado é stato una delle sorprese del festival; ripresosi dopo una grave malattia, sembra aver trovato energie e motivazioni a sfare, che é un pò il problema della sua musica, troppo generica per affascinare fino in fondo. Salgado, la sua voce e la sua armonica brillano di luce intensa nei Blues lenti e nei pezzi Soul in uno spettacolo che prende via via altitudine per risultare, nonostante l’incostanza, avvincente. Poi tocca alla cantante Sue Foley, canadese che con la maturità s’è fatta ancor più bella senza aver bisogno di metter in mostra nient’altro che il suo talento; e così anche la sua musica, che ha abbondanato certe melensaggini country-western, é divenuta più vigorosa.

I Cash Box Kings prendono tutti di sorpresa: sconosciuti ai più e per qualche motivo accostati al rockabilly, hanno tirato fuori un Blues elettrico grezzo e sporco, di grande sostanza, aumentato dall’ingresso del cantante Oscar Wilson. Senza aver necessariamente il dono dell’originalità, i Cash Box Kings non assomigliano veramente a nessuno e a Lucerna non si sono risparmiati. All’una di notte, per chi ne aveva ancora al Casineum antistante, suonavano i Campbell Brothers! Venerdì in prima serata, debuttano gli Homemade Jamz Blues Band, Ryan, Kyle & Taya Perry, due fratelli e una sorellina dai 17 ai 10 anni, giudiziosamente guardati a vista dal padre Renaud, che fa anche qualche pezzo all’armonica, e dalla madre.


Campbell Brothers

Come sapete, il PDB è stato sempre, anche nella musica, accanitamente contrario al lavoro infantile e quindi ci siamo precipitati a chiedere a Taya Perry se oltre a suonare la batteria andasse pure a scuola e la risposta è stata “yes, home schooling!”. Insomma, speriamo bene perchè questo terzetto familiare ha indubbie doti che avranno bisogno di maturare col tempo e di svilupparsi concretamente. Per il momento, suonano un Blues Rock di buona fattura, pescando nei classici, “Boom, boom, boom, boom”, “I got my mojo working” con naturalezza. Pat Boyack é invece un chitarrista di ottima fama, conosciuto per i lavori fatti coi suoi Prowlers e con Hash Brown, anche lui presente a Lucerna. Immerso in un Texas Blues di grande classe, Boyack ha ben figurato mentre Hash Brown è sembrato un pò al di sotto delle aspettative, tenuto conto delle buone prove fornite su disco.



Little Freddie King

Bettye LaVette è una cantante che non ha bisogno di presentazioni, anche perchè negl’ultimi anni s’è vista molto in Europa, dove i suoi lavori sofisticati, con una produzione assai caratterizzata, sono assai apprezzati. Manca, a questa grande artista, quel filo d’immediatezza che ha contraddistinto le sua coetanee; non si considera una Big Mama uscita dalla chiesa per cantare la gloria di Dio, ma piuttosto una soulwoman laica; atipica diremmo noi, e molto raffinata. Il suo concerto è coinvolgente, ma resta il dubbio di una band troppo esigua per riproppore delle atmosfere piuttosto ricercate. Dei Campbell Brothers il PDB ha già parlato in termini entusiastici un anno e mezzo fa; qui a Lucerna sembravano aver perso un pò di smalto, mancare d’ispirazione, quello che per una steel guitar band, è un grosso problema. Rispetto a Cognac 2007, manca una cantante, colei che era sembrata appunto la più ispirata. Comunque sia, rimane uno spettacolo di ottimo livello che trascina gl’astanti.



Steve Freund e Steve Guyger

Facciamo un salto al Casineum per apprezzare l’armonicista Little JC, che gira con una band di giovanissimi entusiasti, tra Jump Blues e Chicago Blues. Sabato si parte con Little Freddie King, fautore, almeno su disco, di uno stile assai vicino a quello delle Mississippi High Hills, qui riportato in maniera più semplice, con una spontaneità alla quale fa difetto l’originalità, come si capisce bene dalla sua versione di “Hideway”. L’armonicista Steve Guyger, da Filadelfia, è invece uno di quei musicisti che ha ottenuto pochi ricoscoscimenti nonostante una carriera assai dignitosa. Molto buono anche alla voce, Guyger si conferma talento vero, discepolo di George “Harmonica” Smith, in un set nel quale il sudore si mischia alle eccellenti capacità dei suoi compari: Steve Freund alla chitarra, Steve Gomes al basso, Steve Ramsay alla batteria e Dave Maxwell alle tastiere, quest’ultimi tre ormai habitués di Lucerna. Blues essenziale, assoli corti ma tiratissimi, atmosfere ben cesellate sui Blues lenti, insomma un concerto eccezionale, di quelli che valgono il prezzo del biglietto e la fatica dello spostamento. Il Grand Casinò diventa un’arena bollente quando, dopo Guyger, attaccano i Mannish Boys, quasi una cooperativa di bluesmen, anzi una review come si dice in gergo. Tre chitarristi, uno meglio dell’altro: Kid Ramos, Kirk Fletcher, Frank Goldwasser (anticamente conosciuto come Paris Slim), una sezione ritmica di gran marca con l’eterno Richard Innes alla batteria e Ronnie James Weber al basso, un armonicista capace di grandi prestazioni come Randy Chortkoff, e per concludere Finis Tasby e Bobby Jones al canto. Per non farsi mancar niente, i Mannish Boys hanno chiamato il prode Dave Maxwell a uno sforzo supplementare. Si sa quanto le supebands siano poco amate nel Blues, ma i Mannish Boys riescono a rovesciare queste prevenzioni alternandosi sul palco come una squadra be rodata con una sobrietà pari al loro talento. Veramente tutti molto bravi e un incoraggiamento particolare al grande Finis Tasby che abbiamo visto un pò stanco.

Il festival termina con Buckwheat Zydeco, una garanzia per gl’amanti del genere.

Luca Lupoli
Foto di Luca Lupoli

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