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Johnny Cash - Unearthed
(Lost Highway/Universal)


Giusto per mettere le cose nella giusta prospettiva, diciamolo subito: questo non è il solito box riassuntivo, pensato e compilato per rievocare la carriera di Johnny Cash, grandissimo della musica moderna. Non è qui, dunque, che vanno cercate le varie I Walk the Line, Folsom Prison Blues e con loro decine di pezzi ormai diventati standard della cultura popolare americana. Non è neanche un modo per pasteggiare sull'interesse suscitato dalla sua recente scomparsa, avvenuta, in verità non troppo a sorpresa, nel settembre del 2003. L'intento originario aveva un profilo decisamente più semplice, dato che Unearthed sarebbe dovuto uscire sul mercato in occasione del decennale di American Recordings. Sono in tutto cinque dischi, i primi quattro composti interamente da materiale inedito (con moltissime cover, duetti, brani reincisi) e l'ultimo inteso come best di quattro dischi e dieci anni spesi con l'etichetta di Rick Rubin, l'American Records. E dire che i presupposti di questo rapporto erano tutt'altro che facili, dato che all'inizio degli anni 90 Cash si ritrovò nel peggior momento della carriera; commercialmente aveva infatti perso molta fortuna, e il rischio era quello di diventare una vecchia gloria di Nashville, adatta al circuito country ma irrilevante per i non appassionati e per la musica in generale. L'arrivo di Rubin, uomo capace di portare al successo qualsiasi cosa passi nelle sue vicinanze, è stata la mossa adatta per ribaltare la situazione. Per Rubin si è trattato senz'altro di un'esperienza nuova, dato che il Sam Phillips del rap non può certo essere definito un appassionato di country, tuttavia è riuscito ad entrare senza fatica nell'idea di produrre una simile leggenda, la cui musica, parola dello stesso Rick, supera con forza qualsiasi genere o categorizzazione. Rubin sospettava che Cash potesse essere ancora in grado di attirare l'attenzione di orecchie giovani, ma per farlo era necessario accantonare qualsiasi orpello e presentare al pubblico una registrazione che ne catturasse la voce, incredibile allora come trent'anni prima, accompagnata da un'acustica e nient'altro, qualcosa che riuscisse ad allinearsi con la moda degli unplugged, all'apice proprio durante la prima metà del decennio scorso. Con una ricetta tanto semplice, che mischiava pezzi originali a cover note e meno note, nacque American Recordings, l'album capace di riportare Cash agli onori delle cronache musicali, fra osanna della critica, nomination ai Grammy ed un considerevole numero di copie vendute, ed inauguratore della serie American, poi proseguita per altri tre album che hanno accompagnato il declino fisico dell'anziano musicista. Un quinto disco, American V, era in produzione nei mesi antecendenti la sua morte, ma ad oggi non ci è ancora dato di sapere se vedrà mai la luce. Per adesso ci accontentiamo di Unearthed, documento la cui intensità è acuita dall'ordine strettamente cronologico delle selezioni, scelta che ne rispetta sì la filologia, acuendo però il senso d'angoscia provato nell'ascoltare la sua voce tanto possente verso l'inizio, quanto deteriorata e stanca in prossimità della fine. Se c'era modo migliore di dimostrare, brutalmente, quanto ci mancherà una figura tanto definitiva, dobbiamo ancora immaginarlo. Di certo nessuno immaginava che dai cassetti dell'American potesse saltare fuori materiale di simile qualità, né tantomeno un intero album composto da gospel e spiritual, qui sistemato nel quarto cd sotto il titolo di My Mother's Hymn Book. Si tratta di quindici canzoni religiose dotate di un ruolo cruciale nella formazione di Johnny, che le affronta armato soltanto di voce e chitarra, regalando ad alcune I Shall Not Be Moved, Where the Soul of Man Never Dies la stessa potenza dei suoi pezzi migliori. Molte di queste provengono dalla tradizione nera, ma venivano cantate anche alle messe dei bianchi ed è lì che Cash le ha conosciute e fatte proprie, come lui stesso specifica nelle dettagliate note di copertina, uno dei motivi che imporrebbero da soli l'acquisto a scatola chiusa. Altri buoni motivi sono Long Black Veil, vecchio pezzo degli anni 60 riregistrato e consegnato a nuova grazia, Flesh and Blood e le grandi cover di Down There by the Train di Tom Waits e Devil's Right Hand di Steve Earle. Diamanti grezzi come questi aiutano a dimenticare l'essenza primaria di Unearthed, che è e rimane una selezione di outtake, molte delle quali hanno fallito la strada della pubblicazione su album. Cose più dimenticabili come Father and Son di Cat Stevens, interpretata a quattro mani con Fiona Apple, e Redemption Song di Bob Marley, ripresa assieme a Joe Strummer, sembrano volerlo ricordare. Nessuno di questi duetti si adatta al composto baritono di Cash, in quest'ultima fase di carriera molto più efficace se lasciato solo con se stesso, ciò che ad esempio accade in Heart of Gold e Pocahontas di Neil Young, o The Running Kind, con un Tom Petty defilato, The Mercy Seat di Nick Cave e Hurt dei Nine Inch Nails, quest'ultima interpretata con una fragilità talmente intensa da cancellarne le stimmate adottive e renderla in tutto e per tutto parte del suo enorme canzoniere.

Bernardo Cioci

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