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Oracle King: No Place to Go
(Kayman rec)
www.kaymanrecords.com



Qualche anno fa, in tempi non sospetti, Il Popolo del Blues, riunitosi in seduta plenaria, decretò che Oracle King da Cà del Bosco, Reggio Emilia – Oracolo, o meglio OK, per gli amici - “Sì, è il migliore “.Su questo titolo lanciato sulle pagine del quotidiano fiorentino La Nazione, Paolo, un gigante buono con occhi da bambino e due roncole al posto delle mani, ha costruito la propria credibilità fuori dal prolifico spazio di terra in cui vive e suona, l’Emilia.
I puristi del Blues abbandonino subito qui la lettura: Oracle è l’artista meno corretto e meno filologico che si possa incontrare. Perciò nessuna visione del blues da ragionieri ma, al contrario, una bordata d’ emozioni e tanta disponibilità d’animo per condividere la sua visione del Blues.
Entrare nel suo mondo può essere semplice e difficile allo stesso tempo : lo ascolti su disco e magari resti impassibile per qualche motivo fino al giorno in cui non ti imbatti in lui o magari non approdi alla sua “ isola che non c’è “, il Ranch Palo Alto. Da quel momento in poi tutto assumerà una ragione, una logica e da quel momento – è stato così per molti – Paolo, questo il suo nome di battesimo, si tramuterà in uno di quei personaggi così cari ai documentaristi nordici e americani. Un personaggio che non vorresti mai abbandonare. Fedele all’amicizia, umile ma con un forte senso dell’orgoglio personale, Oracolo ha costruito i suoi “blues” sullo stesso senso di giustizia che anima la propria vita. OK vive un pò con la stella da sceriffo al petto e la sua filosofia, semplice e senza fronzoli, stacca con l’andamento della vita comune odierna. Ecco allora “l’isola “ e i suoi fidi compagni, primo fra tutti Paul Boss, chitarrista, cantante, confidente, ma anche guardia del corpo, maniscalco, un musicista che da subito dà impressione di conoscere anche lui intimamente il linguaggio del blues, l’unico a poter agire veramente a fondo con Oracolo.
In questo secondo album “ No Place to Go “ (Kayman records ) si è cercato di trasportare nei 10 brani l’umanità di Oracolo. Compito riuscito, affidato per l’occasione ai suoi usuali accompagnatori – Martin Iotti in primis e Oscar Abelli – che conoscono i personaggi in questione. Il risultato è buono. Si poteva andare molto oltre; si è perso un pò di quella magnifica confusione del disco d’esordio. “Forget the guitar”, ( lo potevate trovare solo da Oracolo in persona ! ), a favore di un ordine che resta e resterà peraltro parziale, non solo nei Blues del reggiano ma nella sua vita in genere. Basta infatti ascoltare Oracle e Paul cantare per capire che alcune buone intenzioni rimangono irrecuperabili: il “King “ canta un inglese impossibile, non solo scorretto e mal pronunciato, ma qui e lì anche inesistente e, con buona pace di tutti, così sia. Anzi, guai altrimenti !. Complimenti, perciò, al team ma si faccia presto di più e di meglio, lavorando ancora più a fondo sul personaggio ( anzi sui personaggi perché Paul Boss è una pedina importante di “No Place to Go “ ) e saremo ad altissimi livelli. Oracolo è come un purosangue e come tale va trattato. La scommessa è tutta da giocare ed è delle più avvincenti, perché verrà vinta solo sul tavolo delle composizioni originali. Ed è questo ciò di cui il Blues italiano ha bisogno. Con Oracle King ha trovato un “Personaggio” e “No Place to Go” ne è la conferma, adesso servono i contenuti originali, per andare avanti.

Ernesto de Pascale




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