. John Haskell - American Purgatorio

All the way home

John Haskell - American Purgatorio

I Canguri/ Feltrinelli, 2006
www.feltrinelli.it

Le parole sono solo sintomi. Per cominciare a narrare una storia basta partire da un punto, poi aggiungerne un altro e formare una linea, che mossa più volte lievemente porta a un cambiamento. Lo stesso accade per un viaggio quando ha inizio dall’accordo autostradale ed è destinato a svilupparsi per sentieri non previsti. Lo struggente American Purgatorio di John Haskell (in traduzione italiana per Feltrinelli a pochi mesi dall’uscita americana) ci fa percorrere il coast to coast New York a San Diego compiuto da Jack in un tempo senza riferimenti. Anne, la sua amatissima compagna, scompare improvvisamente in una stazione di servizio e Jack decide di lasciare casa e lavoro per rintracciarla. Unico indizio: un potenziale itinerario su una cartina lasciata in casa. Ma quanto lui cerca disperatamente la moglie attraverso differenti paesaggi, con altrettanta determinazione cerca di comprendere la propria identità. Così allo scorrere delle strade e dei personaggi incontrati va di pari passo una discesa negli strati più nascosti della coscienza del protagonista-io narrante. È un personaggio in bilico, sospeso fra paradiso e inferno nel costante tentativo di afferrare qualcosa di vitale o tornare a casa. Gli accade invece ben altro. Scandita in sette capitoli intitolati ai sette peccati capitali, la storia porterà Jack ad abbandonare progressivamente ogni cosa che gli è appartenuta. Svanire piano piano per arrivare al cambiamento è il vero risultato del suo viaggiare. In questo American Purgatorio non mancano i grandi spazi da attraversare, i motel disseminati fra gas stations e periferie urbane, un’umanità colta nel suo quotidiano ridotto a minimi ma straordinari termini. John Haskell ci racconta tutto questo con una scrittura priva di retorica quanto ricca di scene ‘recitate’ alla perfezione. Non è un caso. Nato in California, lo scrittore si trasferisce prima a Chicago (dove fonda nel 1982 The Huron Theater) poi a Brooklyn, dove attualmente vive scrivendo e recitando. Per lui la scrittura e il lavoro a teatro si sono intrecciati assai presto e a quanto pare non trovano motivo di separazione. Anche nella sua prima raccolta di racconti, Io non sono Jackson Pollock, ha ‘messo in scena’ alcuni personaggi famosi delle arti, facendoli agire dentro e fuori dalle loro biografie reali. In American Purgatorio i vari compagni di viaggio di Jack si alternano dialetticamente sul grande palco del viaggio, metafora non troppo nascosta delle incongruenze della vita.
Ancora una volta ritroviamo qui il mito americano della strada, l’avvicendarsi infinito di volti e luoghi nello spostamento di ogni frontiera personale. Non c’è dolore né inquietudine che la strada non possa alleviare. Come canta Springsteen, "so cosa significa avere fallito, bambina, con l’intero mondo a fare da spettatore. So cosa significa aver volato alto e essere arrivati a schiantarsi come un ubriaco sul pavimento di un bar… bambina, potrei accompagnarti fino a casa.”

Elisabetta Beneforti

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