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Hugh Hopper - Hopper Tunity Box
(Cuneiform)
www.cuneiformrecords.com

Spectacular second solo album by Canterbury’s finest bass master Hugh Hopper from 1976. Backed by the best musicians on the UK jazz scene at the time, “Hopper Tunity Box “ remains as the perfect showcase of Hugh’s harmolodic originality and creativity

Originariamente pubblicato dalla norvegese Compendium, il secondo album solo di Hugh Hopper,del 1976, resta un capolavoro nascosto di eleganza e di tematiche fortissime che scavallano il jazz e mettono in mostra la originalissima capacità melodica di Hugh, già colonna bassistica dei Soft Machine sin da prima degli esordi, a disposizione della ricerca e della sperimentazione.
Con un vero dream team al fianco ( Elton Dean, Gary Windo, Mark Charig, Dave Stewart, Nigel Morris fra gli altri ) Hopper firma un album affascinante, forse insuperabile perfino per gli standard più alti del jazz elettrico inglese che nel 1976 stava cominciando a boccheggiare pesantemente.
Hugh, in controtendenza con il momento storico musicale ed impavido sin dall’iniziale “Hopper Tunity Box “ che sfocia nella più aggressiva “Miniluv”, dice, forte e chiaro con la sua musica, che la crisi del jazz britannico è solo una questione di idee e motivazioni: Gary Windo suona cattivo e ruvido come poche altre volte nella sua lunga e gloriosa carriera in “Miniluv” ed è una gioia sentire la vitalità e l’irruenza musicale dei nostri, mentre con nonchalanche l’ensemble ruota intorno a un pattern di basso distorto che non avrebbe sfigurato nel repertorio di Lemmy e dei Motorhead..
“ Hopper Tunity Box “ è però un grande album anche perché riallaccia decisamente un forte senso di continuità fra il musicista di Canterbury e i suoi (all’epoca)ex colleghi dei Soft Machine - spesso anche in Italia in quegli anni - con brani come “Gnat Prong” il cui lungo e intrigato tema pare essere uscito dal songbook del gruppo stesso e perché a noi, ascoltatori del terzo millennio, dimostra con la forza delle sue idee e di suoi temi lo spessore musicale di un ambiente e di un mondo considerato invece troppo spesso solo d’elite.
Leggendo le note dello stesso Hugh a proposito delle session, stupisce sapere che a parte un solo brano - “Crumble” animato da un bellissimo solo di Frank Roberts al piano Fender Rhodes - tutto il resto del disco venne registrato dal solo Hugh avvalendosi di un vetusto metronomo meccanico( di quelli con la carica, insomma! ) e poi sovrainciso dai suoi soci.
In “Hopper Tunity Box” la musica prende molti rischi, non scendendo mai di tensione quando sarebbe stato facile scrivere qualcosa di non esattamente all’altezza. E quando Elton Dean si lancia in un superbo e forsennato solo in “Spanish Knee”, un po’ si spezza il cuore oggi che la sua mancanza sulla scena della ricerca si fa sentire sempre di più, giorno dopo giorno.Questo rende il tutto ancor più straordinario e commovente per concentrazione, dedizione, impegno restituendo a “Hopper Tunity Box” quel che, immediatamente dopo la stampa originale, la mancata presenza sul mercato e il tempo avevano tolto.

Ernesto de Pascale

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