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Zero 7
Firenze, 29 aprile 2004


Ha l’aspetto singolare dell’esibizione di una Review lo spettacolo che gli Zero 7 propongono per il loro nuovo tour, che il 29 aprile ha toccato anche il Tenax di Firenze. Cinque musicisti sul palco (basso, chitarra, batteria, tastiere e sintetizzatore) e una serie di cantanti che si alternano ai microfoni. Attitudine inglese e look informale. Il loro è un pop che scorre regolare e senza eccessivi colpi di scena, fondendo insieme soul, lounge e chill out. Le dinamiche sono smorzate e la rilassatezza è quella tipica del pop della loro terra d’origine. Su questa caratteristica gli Zero 7 puntano molto. Le esecuzioni dei cantanti non prevedono grandi escursioni di estensione e si mantengono spesso su medi registri e media intensità. In risalto ci sono spesso gli interventi delle tastiere, molto più improvvisati e liberi rispetto a quelli chitarristici, spesso legati a riff o minimali. Il loro sound è quello che in america viene definito “retro nuevo”, con suoni direttamente provenienti dagli anni Settanta, come gli inconfondibili Wurlitzer e Fender Rhodes, uniti all’effettistica del sintetizzatore. Il passaggio da un brano ad un altro quasi non si avverte e il concerto procede come un flusso continuo. Questa loro costante omogeneità musicale è un aspetto positivo se si intende creare un’atmosfera, ma forse controproducente per un gruppo che suona live e si rivolge a un pubblico, quello contemporaneo, tendenzialmente sempre meno educato ad ascoltare la musica con accortezza.
Non ci sono richiami per l’attenzione nella musica degli Zero 7, e gran parte del pubblico finisce per distrarsi. Qualcuno va al bar, qualcuno nelle prime file parla al telefonino e la musica dei ragazzi britannici diventa presto il sottofondo di un qualsiasi giovedì sera. Sintomatico sì del malessere musicale della nuova generazione, indecisa se ritenersi di fronte ad un concerto o ad una serata in discoteca (visto che questo è l’utilizzo del Tenax per la maggior parte dei giorni della settimana), ma qualche responsabilità va cercata anche nelle scelte del gruppo. Per essere una band che ha da poco pubblicato il suo secondo album (When It Falls, Ultimate-Dilemma/CGD) gli Zero 7 non si accollano musicalmente molti rischi.
Ascoltare il loro primo album (Simple Things, 2001) e vederli ora dal vivo, non lascia intravedere un grande percorso di sviluppo nella loro musica. Lo standard è fissato su una certa semplicità compositiva dei brani e su un’esecuzione che gioca sul look “acqua e sapone” della band. Se quella degli Zero 7 è musica che si ascolta bene mentre si fa un’altra cosa, insomma, da parte del gruppo c’è una certa complicità. Probabilmente l’idea alla base è quella di far forza proprio su questa caratteristica di scrittura poco impegnata, ma perché essa venga recepita dal pubblico nel modo giusto c’è bisogno di portarla avanti con molta determinazione e scaltrezza.
L’audience di oggi, epoca in cui oltre tutto la musica costa tanto, non regala niente. I fan degli Zero 7 sono calorosi e il concerto viene ben recepito, ma finché la loro musica continuerà a venire scambiata per easy listening sarà il segno che occorre una marcia in più perché il gruppo acquisti davvero credibilità.

Giulia Nuti




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