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Los Lobos, The Ride
(Warner)




Da quando i Los Lobos sono i Los Lobos è chiaro che il mondo deve girare appresso a loro e non viceversa. Dal vivo questa sensazione è lampante e su disco il gruppo ha sempre provato ha rispettare questo postulato, riuscendo il più delle volte. Crescendo, o forse, solo invecchiando ma sicuramente maturando i cinque, Louis Peres, Cesar Rosas, Conrad Lorenz, David Hidalgo e Steve Berlin, hanno scelto la piena gestione del proprio lavoro mischiando umori del momento, collaborazioni imprescindibili dalle proprie emozioni e incontri che su disco paiono a volte azzardati ma riuscitissimi. Nel loro più recente “The Ride”, un disco davvero bello, i Lupi convocano intorno a loro molti amici fra cui spicca la non scontata collaborazione con il mitico Womack per la loro nuova composizione “Wicked Rain”, che Bobby - come un prestigiatore - tramuta d?incanto “Across the 100th street” (dal film omonimo ma resa celebre in “Bobby Brown” di Quentin Tarantino); il risultato è un disco da cui sarà difficile staccarsi nei mesi a venire e che segnaliamo fin da subito come uno dei migliori per questo anno. Musica suonata a briglia sciolta con competenza e che da soddisfazione e che - come una macchina sulle freeway losangeline attraverso quartieri di differenti culture - passa fra suoni di varia provenienza facendoli tutti propri. Tom Waits nella caleidoscopica “Kitate” , Dave Alvin, nomi noti nel cerchio degli amici di sempre, si sommano a collaborazioni meno attese come quella con Elvis Costello che canta i Los Lobos come canterebbe il proprio songbook pianistico, Mavis Staples o Richard Thompson il quale riesce a mettere qualcosa di personale pure qui, per la gioia di tutti. C’è poi tutto il versante etnico del gruppo, quello che li vede impegnati con calibri quali Ruben Blades, il trombonista cubano Francesco Torres e il gruppo dei Cafè Tacuba ( cercatevi i loro dischi adesso! ndr) e che è una parte inscindibile del loro stile e che - piaccia o non piaccia - è un buon modo per una band inter razziale di aprire le porte a nuove influenze. In questo “The ride” il gruppo ha lavorato molto bene alle composizioni, alcune delle quali paiono destinate a restare a lungo nel cartellone live del gruppo, e i grooves sono di quelli che lasciano soddisfazione a tutti. Nelle ultime due canzoni il gruppo si scioglie e torna a essere la bar band degli esordi prima con
un caldo rhythm & blues interpretato da Mavis Staples, “Sameday”, poi con un bluesaccio “Chains of love” che pare scritto negli anni cinquanta e torna così a casa da un viaggio lungo sessantaquattro minuti che paiono la circumnavigazione di Los Angeles e dei suoi ampi dintorni non solo fisici ma anche della mente.


Ernesto de Pascale




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