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Graziano Romani: crederci, viverlo, cantarlo
la poetica rock di Graziano Romani



Da almeno vent’anni Graziano Romani porta sui palchi della nostra penisola ma anche all’estero il suo rock potente, incisivo, denso di poesia mutuata in maniera diversa sia da Springsteen che da Dylan a cui ha aggiunto un cuore tutto italiano. Era il 1988 quando pubblicò con i mitici Rocking Chairs, il suo primo disco, New Egypt, che conteneva una bella versione di It’s All Over Now Baby Blue, da allora con coraggio e onestà ha portato avanti la sua idea di rock che nel recente “Up In Dreamland” trova la sua completa realizzazione. Questa intervista da lui gentilmente concessaci ripercorre quasi interamente la sua carriera fino ai più recenti lavori.

INTERVISTA

1). Come sei entrato nel mondo del rock?
GR: Ci sono entrato da ragazzino, prima ascoltando la radio all'età di 8-10
anni, ricordo che ascoltavo Radio Luxembourg di notte, con un apparecchio
tascabile a transistor, lo tenevo sul comodino...Trasmetteva da Londra,
spesso era rock classico, o pop, ed era magico...Poi le prime 'radio libere'
in Emilia, ricordo 'Punto Radio' di Zocca, ci trasmetteva anche un giovane
di nome Vasco Rossi, passavano tantissimo rock. Anch'io a mia volta da
teenager ho fatto il deejay in una radio rock di Scandiano, vicino a dove
abito, si chiamava 'Radio Monte Croci Tre', il nome derivava dalla collina
che sovrasta Scandiano, ovvero il Monte Vangelo o le 'Tre Croci'...Ci ho
scritto su anche una canzone dallo stesso titolo, finita poi sul mio secondo
album in italiano...

2). C'è stato un momento particolare che ti ha fatto decidere per questa
carriera? Quali furono gli ascolti che ti hanno spinto a questa scelta?
GR: Fino alla metà degli anni 70 ho ascoltato i cantautori inglesi e molto
progressive, sono tuttora un grande estimatore di Cat Stevens, di Peter
Gabriel...Poi ho scoperto la musica americana e il soul. Importanti i
cantautori, da Jackson Browne a Warren Zevon, Neil Young ed ovviamente
Dylan...Ma la scelta di provare a diventare musicista è scattata grazie a
Bruce Springsteen e la sua musica, la sua umanità, la sua energia. Ricordo
ancora esattamente il giorno in cui ascoltai per la prima volta il singolo
di 'Born To Run' trasmesso a metà degli anni 70 in un programma radiofonico
RAI, credo che il conduttore fosse Carlo Massarini, che poi ho conosciuto
personalmente nei primi anni 90...Forse la 'molla' è scattata
definitivamente al ritorno dal concerto di Bruce all'Hallenstadion di
Zurigo, nell'81, in occasione del tour di 'The River'...Ero talmente
galvanizzato e stimolato che ho fondato la mia prima band, i Rocking Chairs,
subito dopo.

3). Ci puoi raccontare dell'esperienza con i Rocking Chairs?
GR: E' stata un'esperienza importantissima per me, nata per passione,
eravamo un gruppo di amici...Dopo alcuni anni di concerti e di tantissime
'covers' di brani rock-soul, ho trovato l'energia e gli stimoli per iniziare
a comporre le mie prime canzoni, musica e testi, ovviamente in
inglese...Fondamentale l'esperienza dei concerti, davvero tanti in un
decennio, 1981-1991, e quattro album, due dei quali registrati e prodotti in
America, a New York e a Nashville, insieme ad artisti e produttori americani
come Elliott Murphy, Willie Nile, Robert Gordon, Chris Spedding...


4). Pensi che la carriera dei Chairs sia stata in qualche modo influenzata
dalla scelta dell'inglese per i testi delle canzoni?
GR: La scelta dell'inglese è stata solo mia, in quanto leader della band e
comunque unico songwriter del gruppo...Non mi sembrava corretto proporre
brani in italiano insieme alle entusiasmanti cover che eseguivamo nei
concerti, mi sembrava un contrasto troppo forte...Alla fine scrivevo dei
brani rock'n'roll e r&b, la scelta dell'inglese era quasi obbligata,
oltretutto era congeniale alla mia vocalità...Amo cantare in inglese!

5). Quanto ha influito e influisce la poesia e la letteratura in genere
nella scrittura delle tue canzoni? Quali sono i tuoi riferimenti principali?
GR: Mille riferimenti, ho letto ovviamente i poeti della beat generation,
insieme ai poeti classici in lingua inglese...Sono un fan di Walt Whitman.
Ma anche di scrittori come Carver...Poi c'è la poetica della 'strada', e
quella la rimedi in mille modi, è l'arte dell'arrangiarsi, dal rubare idee
qua e là dal cinema, dai fumetti, dall'esperienza, dai testi dei sommi
cantautori e delle stupide ma eterne pop songs degli anni 60...La
rivoluzione e il sociale, l'amore e la tristezza, la gioia e i drammi, le
storie quotidiane, ho imparato che per scrivere il rock non importa poi
tanto se sei di Detroit o di Reggio Emilia, ci devi solo mettere tutta
l'anima che puoi!

6). In quasi tutti i tuoi dischi compare almeno una cover, come mai pur
disponendo di una ottima vena di songwriter senti la necessità di reinterpretare
composizioni altrui?
GR: Si, è vero...Mi è sempre piaciuto 'fare mie' le canzoni che ho
amato...Ho sempre cercato di interpretarle in modo personale, esclusivo, ma
di rispettarle sempre, di non massacrarle. Le cover, se sono davvero
sincere, diventano importanti quanto e forse piu' delle tue canzoni, credo.
E poi in me si è creata una forma di scaramanzia, nell'includere almeno una
cover in ogni mio disco...Ma di sicuro questo cambierà presto, sto lavorando
ad un nuovo album che spero di far uscire entro novembre 2004, e garantisco
che non ci saranno cover ma solo 13 canzoni mie.

7). Nel tuo primo disco con loro compare una cover di Bob Dylan, 'It's All
Over Now, Baby Blue', ma anche durante i concerti, e successivamente nel
disco Megajam 5 ( dove hai inciso 'Simple Twist Of Fate' ), e nel live benefico
'C'è Bisogno Di Un Sogno' (dove hai cantato prima 'Ti Voglio' la famosa versione
in italiano dei Nomadi di 'I Want You' e poi 'Like A Rolling Stone' ) non ha
mancato di eseguire brani del menestrello di Duluth. Insomma più che l'alter
ego italiano di Springsteen sei un mix tra il Boss e Dylan?
GR: Li amo tutti e due, non ci sarebbe stato Bruce senza Bob...Si, la
definizione mi sta bene!

8). Una curiosità: ho sempre pensato che il nome Rocking Chairs derivasse
dal titolo di una canzone di The Band, è vero?
GR: Verissimo, è proprio quel brano, quel 'Rocking Chair Blues'...E poi se
scomponi il nome trovi le parole 'rock', 'king'...E poi dà l'idea di un bel
movimento, no?


9). 'No Sad Goodbyes', come mi hai detto in una e-mail, lo consideri il tuo
miglior lavoro con i Chairs, come nacque quel disco?
GR: Quel disco contiene forse alcune tra le mie canzoni migliori, la band
era al top della forma, la produzione a New York fece la differenza...Ma il
disco nacque nella mia testa, nella mia camera, nei demo che registrai voce
e chitarra acustica su un vecchio walkman a cassette...Le canzoni parlano di
esperienze, dell'America che ho prima immaginato e poi vissuto, dell'amore e
delle storie che finiscono...

10). Per quel disco hai collaborato con due dei più importanti 'Alias Bob
Dylan': Elliott Murphy e Willie Nile, cosa ci racconti di questa tua
esperienza?
GR: Elliott è un vero amico, ci siamo incontrati per la prima volta a Roma,
al locale Big Mama dove lui teneva un concerto...Soltanto poche ore dopo ero
sul palco con lui, due voci e due chitarre acustiche, a cantare 'Like A
Rolling Stone' e 'Route 66'...Elliott fu entusiasta già di produrre un brano
per l'album dei Chairs dell'88, 'Freedom Rain', ovvero la famosa ballata
degli Stones 'Wild Horses'. Averlo in studio come produttore per 'No Sad
Goodbyes' è stata per me un'esperienza fondamentale, mi ha insegnato molto.
Ricordo che Willie Nile fu molto felice di partecipare al duetto nella sua
canzone 'Vagabond Moon', è una persona molto semplice, sincera, sensibile.

11). Recentemente con Elliott Murphy avete scritto 'Ground Zero' che canti
in duetto con lui nel suo ultimo disco. Quando ho ascoltato per la prima volta
quella canzone ho pensato che avrebbero dovuto sentirla tutti, attraverso
liriche intensissime riuscite a far emergere lo spirito di New York dopo
l'11 settembre. Ci puoi raccontare come è nata questa canzone?
GR: Senz'altro la canzone è nata dall'esigenza di Elliott di raccontare le
sue sensazioni riguardo quel dramma...Mi ha spedito il suo demo e mi ha
coinvolto al punto tale da scrivere due strofe in italiano e cantarle in
studio...Canto anche nei ritornelli finali, la versione è molto toccante,
sarebbe dovuta uscire nella versione stampata in Italia del suo ultimo disco
'Strings Of The Storm', ma poi sono uscite solo le edizioni spagnole,
francesi e tedesche...Peccato, ho rivisto Elliott molto di recente e mi dice
che ha ancora speranze di veder pubblicata la nostra versione, vedremo.

12). Dopo l'esperienza con i Rocking Chairs hai pubblicato un disco in
italiano così come 'Storie Della Via Emilia' del 2001, come mai questi continui
ritorni alla tua lingua madre. E' un esigenza o semplicemente una casualità?
GR: E' un'esigenza, nessuna casualità. Ho quasi pronto un nuovo album in
italiano, nuove canzoni in cui, oltre ai miei musicisti, appaiono alcuni dei
Modena City Ramblers...C'è anche un brano, 'Guardando In Faccia Il Sole',
che dovrebbe diventare un duetto con i Gang, ovvero Marino e Sandro
Severini, veri amici e compagni di strada da tanti anni. Questo mio nuovo
progetto in italiano però uscirà a tempo debito, probabilmente non prima
dell'autunno 2005.





13). Hai inciso per il disco tributo a Battisti 'Innocenti Evasioni 2', una
bella versione de 'L'Aquila'. Quanto ha influito Lucio Battisti nella tua
carriera, e come mai hai deciso di cantare proprio quella canzone?
GR: Ho sempre amato Battisti, uno dei pochi cantautori 'soul' italiani, e il
suo brano 'L'Aquila' è uno di quelli piu' assimilabili ai testi, alle
sonorità e alle caratteristiche melodiche che preferisco, quindi...

14). 'Storie Della Via Emilia' contiene una canzone dedicata ad Augusto
Daolio, da questo deduco che hai amato fortemente anche i Nomadi?
GR: Giusto. Mi hanno impressionato molto, quando da ragazzino li vedevo
suonare nelle feste di piazza estive del mio paese, sono stati un forte
stimolo per avvicinarmi alla musica, anche quella cantata in
inglese...Augusto faceva molte 'versioni' di classici anglofoni di rock e
folk anni 60, ma ovviamente con testi in italiano...Una voce e un gruppo
fondamentali.

15). Nello stesso disco c'è anche la cover di 'Rimmel' di Francesco De
Gregori, perché hai scelto proprio quel brano?
GR: Amo quella canzone, tra le piu' belle della storia della musica
italiana, e adoro De Gregori, il cantautore. Un po' meno De Gregori il
cantante, ma questa è un'altra storia...

16). Puoi parlarci del tuo rapporto con la produzione di Bruce Springsteen?
Come mai hai deciso di dedicargli un album intero di cover, 'Soul Crusader'?
GR: E' il mio artista preferito, mi ha ispirato e insegnato molto...E'
facile da capire.

17). Perché hai scelto canzoni meno note del Boss?
GR: Forse il fatto che siano meno note è solo casuale, ho scelto quelle
canzoni perché le amo, perché hanno qualità tematiche e melodiche molto
vicine alla mia sensibilità e vocalità...Ho cercato di reinterpretarle dal
mio punto di vista, di renderle mie in qualche modo...

18). Una tua splendida versione di 'The Promise' è stata inclusa nel recente
tributo a Springsteen, 'Light Of Day', sarà stata sicuramente una bella emozione per
te vero?
GR: Assolutamente si, aggiungi il fatto che è un doppio album che vede la
partecipazione di grandi artisti e gruppi americani e inglesi, distribuito
in tutto il mondo, e fatto per finanziare una causa benefica...Non è poco,
sono davvero onorato di essere tra quegli artisti, del calibro di Elvis
Costello, Joe Ely, Nils Lofgren,Graham Parker, Garland Jeffreys...

19). Cosa provi quando esegui dal vivo un brano di Bob Dylan? Quali
'vibrations' ti da cantare una sua canzone?
GR: Non lo so spiegare, è poesia, ma anche qualcosa di terreno, di
forte...Sono i contrasti, le simbologie, l'ironia e la spiritualità dei
testi, e spesso delle musiche, che adoro...Recentemente, in occasione degli
show natalizi, ho eseguito 'Ring Them Bells', c'è tutto in quella song, la
spiritualità, il gospel, il blues, il soul...


20). Come vedi Dylan dopo i successi di Time Out Of Mind e Love & Theft?
Hai avuto modo di vederlo dal vivo recentemente?
GR: Come lo vedo? ...'Forever Young', naturalmente! No, è un pò di anni che
non riesco a 'beccarlo' live, capita sempre quando devo suonare anch'io...

21). Sin dal periodo con i Chairs il sound dei tuoi dischi è più vicino a
Springsteen, prima o poi farai un disco dal sound totalmente dylaniano?
Cioè chitarra, voce e armonica, come di solito fai durante i tuoi concerti
Unplugged?
GR: Ti confesso che è da tanto che ho questa idea, prima o poi si
concretizzerà.

22). Ci parli del tuo progetto teatrale 'L'America Sognata'?
GR: OK, è uno spettacolo molto emozionante composto da parti recitate da un
giovane attore riminese, Simone Felici, e parti suonate in forma 'unplugged'
ovvero voce e chitarra acustica, armonica, violino, tastiere e pianoforte
fornite dal sottoscritto, coadiuvato dal maestro Francesco Germini,
musicista della mia attuale band. Uno show di liriche e canzoni di tre
cantautori americani, tre generazioni...Woody Guthrie, Bob Dylan, Bruce
Springsteen. Molto lirico e coinvolgente, abbiamo portato questo spettacolo
in giro per alcuni teatri del nord Italia...Un'esperienza davvero toccante,
con il pubblico sempre attento e coinvolto emotivamente.

23). Veniamo finalmente al recente e bellissimo 'Up In Dreamland', che hai
definito come il tuo disco migliore dai tempi di 'No Sad Goodbyes', puoi
parlarci della sua gestazione?
GR: Ho composto le canzoni nervosamente, in un lasso di tempo relativamente
breve, e le ho registrate in modo analogo, in fretta, per non perdere quella
'freschezza' che credo si avverta e che comunque diventa una delle
peculiarità del disco...Ho cercato di renderlo il più sincero, diretto e
semplice possibile.

24). I testi di 'Up In Dreamland' codificano i sentimenti di un italiano nel
rock americano, il risultato si svela con più ascolti, come riesci in questa
impresa quasi impossibile?
GR: Non lo so se è un'impresa impossibile, scrivo le cose che sento, ci
metto cuore, corpo ed anima e tutta la sincerità che posso, mi fa piacere
che vengano fuori sempre nuovi particolari ad ogni ascolto...E' un bel
complimento, grazie.

25). 'Up In Dreamland' già dal titolo svela una certa speranza di fondo,
tuttavia a tratti come nelle canzoni d'amore appare lontana, come mai?
GR: Lo sappiamo bene che niente è eterno, che tutto cambia in qualcos'altro,
quindi anche l'amore...No, la speranza c'è sempre, forse quella che hai
colto è solo tristezza...Ma nel disco ci sono anche canzoni positive,
cariche, comunque propositive...'Face The World' è un buon esempio.

26). Per la prima volta nella tua vita hai inciso un brano reggae, 'Don't
Close Your Eyes'. Il risultato è secondo me eccezionale, anche se più che
Bob Marley mi ricorda certi arrangiamenti dylaniani di 'Live At Budokan' del
1978. Come mai hai deciso di provare con il reggae?
GR: Mah, avevo questa canzone in forma di ballata, e non funzionava un
granché, non riuscivo a sviscerarla totalmente...Poi grazie anche
all'influenza e i consigli del mio bassista Max Ori, leader di una reggae
band chiamata 'Big Bamboo', ho deciso per questa formula, che si è rivelata
vincente!

27). Quanto c'è di esperienza personale nelle canzoni di 'Up In Dreamland'?
GR: Tutto quello che riesci o immagini di riuscire a cogliere...Molte cose
comunque.

28). ..."Lovin' words mean nothing to me if they don't come from the heart,
though I trusted in your beauty blind, yeah right from the start, ride your
stallion evil princess..." (Le parole d'amore non significano niente per me se non
vengono dal cuore, mi sono fidato ciecamente della tua bellezza, comunque, fin
dall'inizio, cavalca il tuo stallone principessa maligna... ) il tono di queste parole
tratte da 'Jezebel', mi riportano all'atmosfera tesa di non-amore di 'Don't Think
Twice It's All Right', come nasce questa splendida ballad?
GR: Da esperienza vissuta, immagino 'Zimmy' Dylan provare le stesse cose per
qualcuno, lo stesso risentimento, la stessa delusione...Il sole brilla per
tutti e il mondo è piccolo, non è vero?

29). 'Que Pasa Loco Baby' è un brano travolgente, come del resto 'Let's Come
Alive' che apre il disco, che impatto hanno questi brani dal vivo?
GR: Molto potente, te lo giuro! Il pubblico è sempre molto coinvolto da
questi brani, spesso cantano tutti insieme i ritornelli, è una sensazione
fantastica, di vera unione.

30). Come mai hai deciso di incidere 'Where Do We Go From Here' per soli
piano e voce? In certi punti mi ricorda qualcosa di 'Wichita Lineman' di Jimmy
Webb, vero?
GR: Mi fai un gran complimento, sono un grande estimatore di Jimmy Webb,
compositore e artista quasi misconosciuto nel nostro paese, ma davvero
importante della musica americana pop-rock, ho tutti i suoi dischi, ha
scritto anche un libro sulla tecnica dello scrivere canzoni, intitolato
'Tunesmith: Inside The Art Of Songwriting', davvero valido...'Si, forse
'Where Do We Go From Here' ha qualcosa della malinconia di certe ballate
Webbiane...Sono molto contento che tu abbia percepito questo aspetto, questa
influenza, davvero.

31). Penso di averti fatto una delle interviste più lunghe della tua vita,
però una domanda ancora mi sembra d'obbligo. Tu hai un intensa attività
live, cosa provi sul palco? Quanto ti senti Spirito Libero?
GR: Stai sicuro, questa è proprio la piu' lunga intervista della mia
carriera, fino ad ora almeno...Poi si passa al 'settore biografie', ha ha...
Ok, sul palco provo quasi sempre le sensazioni della prima volta, è
indescrivibile leggere le emozioni nei visi della gente e degli 'Spiriti
Liberi', è un senso di unità e legame col pubblico davvero forte, e questo
legame sono le canzoni, quelle cose invincibili ed impalpabili che facciamo
nostre, anche se le ha scritte qualcun altro...Parlano di noi, della nostra
essenza, delle nostre storie, e ci emozionano, ecco perche succede questo.
Qualche volta sul palco mi commuovo, mi viene la pelle d'oca, oppure
un'ilarità inspiegabile quasi come se fossi in stato di ubriachezza conscia.
Mi godo tutto questo, mi piace comunicare, stare in mezzo alla gente, dare e
ricevere, ecco perché mi sento 'Spirito Libero', e tutti i miei 'Spiriti
Liberi' lo sanno bene quanto...E mi sa che da ora lo sai anche tu, magari
sei uno 'Spirito Libero' senza saperlo, pensaci bene...Adios!

Salvatore Esposito

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