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Gli stati della parola

Say the word and you’ll be free / say the word and be like me/ have you heard is love? ….avrebbero cantato I Beatles nel dicembre nel 1965, nello stesso mese Timothy Leary veniva condannato a 30 anni di reclusione per possesso di sostanze stupefacenti. Come dire che la stagione della psichedelia stava prendendo corpo sotto un cielo variabile, pur all’interno di un percorso ben delineato che l’avrebbe portata ad andare ben oltre la semplice cronaca. Si sarebbe espansa superando i confini fra i vari campi dell’arte, avrebbe realizzato una grande area di creatività gioiosa da ricrearsi continuamente in parole, musica,colori. Un nuovo state of mind era nato ed era destinato ad accompagnarsi, per assonanza o per contrasto, con tutte le manifestazioni della quotidianità e del pensiero di quel periodo. In piena guerra del Vietnam si contestavano scelte politiche e amministrative, si allargava la ginsberghiana coscienza per costruire nuovi comportamenti, si ricercavano le alternative possibili agli status quo stabiliti. Anche nell’arte e nella letteratura si era ormai esaurito il realismo imperante e in più direzioni il percorso da praticare risultava quello della sperimentazione.

Nel 1965 Andy Warhol fonda a New York la Factory e Raymond Queneau a Parigi pubblica Les fleurs bleues. A Torino Einaudi stampa Le cosmicomiche di Italo Calvino (non sarà un caso che pochi anni dopo lo scrittore si unisca proprio a Queneau e al gruppo di letteratura potenziale “Oulipo”), mentre a Palermo si tiene il terzo convegno del gruppo ’63 sul romanzo sperimentale. Lo stesso anno Einaudi riedita l’antologia poetica I novissimi - precedentemente apparsa su rivista – con gli scardinanti testi di Giuliani, Balestrini, Pagliarani, Sanguineti, Porta. Praticare l’arte dell’ordine-disordine in un discorso nuovo, oppure il raccontare per fatti minimi all’apparenza trascurabili o per sequenze svagate e devianti tagliate a colpi di forbici, è il lavoro sul testo che questi “ultimi poeti” italiani costruiscono con impegno e che prelude ad una loro successiva militanza letteraria o politica. E’ l’esperienza italiana – fondamentale per il percorso della parola nel nostro territorio – parallela alla beat poetry e a quanto stava arrivando in traduzione. Nel 1965 appare a Milano per la Sugar La morbida macchina di William Burroughs e per la Mondadori Jukebox all’idrogeno di Allen Ginsberg,entrambi i volumi due pietre miliari della nuova scrittura statunitense. A Londra si stava intanto leggendo fresco di stampa A spaniard in the works di Lennon e a New York Desolation angels di Kerouac, mentre Bob Dylan dava avvio alla stesura delle associazioni deliranti e allucinate dei Tarantola poems. La parola insomma lasciava gli spazi istituzionali per partorire una poesia senza confini, sempre più vicina alle scansioni musicali con cui condivideva orizzonti e finalità. Questa apertura, questo respiro che superava finalmente gli addetti ai lavori per arrivare ad un pubblico più ampio soprattutto giovanile, doveva assistere in Italia ad una vera e propria rivoluzione nell’editoria. Il 27 aprile del 1965 esce il primo volume della collana degli “oscar” per la Mondadori : Addio alle armi di Heminguay, cui seguirà una serie di romanzi contemporanei italiani e stranieri (Cassola,Sartre,Buzzati…). Al prezzo di 350 lire gli italiani possono acquistare questi tascabili settimanalmente in edicola; l’iniziativa riscuote subito un grande successo e le edizioni vanno a ruba, perfino nel circuito parallelo dei libri usati. Il pubblico dei lettori dunque subisce una crescita importante, sia da un punto di vista quantitativo che da uno qualitativo. A cavallo di questi anni nessun’altra generazione toccò vertici così alti nella lettura (5 milioni di volumi in 6 mesi!), anche se questo creò un divario culturale fra gli adulti e i giovani che stavano divorando quelle opere letterarie così a portata di mano. Di lì a poco nel corso dello stesso anno si aggiunse la concorrenza di altre case editrici, Garzanti e Feltrinelli, che realizzarono una collana economica con altrettanti autori prestigiosi in catalogo. Non era più un lusso leggere e con spinte provenienti da più parti si stava così formando una nuova coscienza.

L’Italia del boom assiste alla trasformazione di costumi e abitudini, tanto sociali (l’italiano sostituisce il latino nella liturgia cattolica, la “liberazione femminile” si diffonde anche nel sud) quanto culturali (in termini di fruizione del prodotto artistico). La televisione e il cinema non sono da meno. Proprio nel 1965 la tv irrompe nella vita degli italiani – si contano più di 6 milioni di abbonati – con gli storici sceneggiati del tenente Sheridan e del commissario Maigret, con Belfagor-il fantasma del Louvre, e poi’giochi senza frontiere’ e i due pupazzi del Carosello Carmencita e il Caballero.Tutti questi, ormai entrati nell’immaginario collettivo di un’intera generazione, furoreggiavano con picchi di ascolto ad ogni messa in onda. Indubbiamente la televisione cominciava ad essere la coltura ideale per i linguaggi mainstream. Il target giovanile verrà poi completamente conquistato dalla radio nell’ottobre del ’65 con Arbore e Boncompagni a “Bandiera gialla”, vetrina musicale di quanto di meglio si ascoltava oltremanica e oltreoceano. Nel frattempo, i dati ufficiali di giugno ci riferiscono di una grande affluenza nelle sale cinematografiche di tutto il paese e Cinecittà risulta il centro cinematografico più fertile in Europa. Nasce proprio allora lo spartiacque nel cinema italiano fra gli anni ’50 e i ’60. Vengono girati i film più intellettuali e sperimentali (Pasolini, Fellini, Antonioni, I pugni in tasca del giovane Belloccio), ma anche quelli del filone della commedia all’italiana più gettonati nelle sale. Sono questi ultimi film leggeri e volgarotti, con tematiche boccaccesche, di satira del costume messo in risalto con gag grottesche e ridicole, film che vengono prodotti a centinaia ma che non lasceranno traccia alcuna nella storia. Oppure saranno recuperati molti anni dopo per diventare opere di culto per altri registi. È del 1965 Terrore nello spazio di Mario Bava, pellicola ricca di elementi horror e di suggestioni che saranno riprese da Ridley Scott in Alien. Sempre di questo periodo sono altre opere di fantascienza italiana, come i quattro film girati da Margheriti-Dawson in poche settimane e con pochi mezzi :I criminali della galassia, I diafanoidi vengono da Marte, Il pianeta errante,La morte viene dal pianeta Aytin; a parte un certo virtuosismo tecnico e la presenza di attori professionisti come Franco Nero e Lisa Gastoni, sono evidenti sullo schermo i difetti della frettolosità della lavorazione (ma non sarà questo a impedirne l’esportazione negli States). Il capolavoro del genere lo realizza invece Elio Petri con La decima vittima, prendendo spunto dal romanzo The 7th victim di Robert Sheckley. Il film è una geniale operazione di fantascienza chic e cultura pop all’italiana, con una storia delirante girata come un fumetto e interpretata da Marcello Mastroianni e Ursula Andress; Piero Piccioni ne firma la colonna sonora a base di jazz mutante e futuristico e Ennio Flaiano collabora alla sceneggiatura. Il 1965 è un anno importante per la fantascienza in Italia, se alla terza edizione del Festival Internazionale di Fantascienza a Trieste nasce il primo “fandom” italiano, anche se in maniera non ufficiale. In quell’occasione un nutrito gruppo di giovani fra i sedici e i vent’anni si scopre accomunato da ugual passione per questo genere letterario e comincia a collaborare alla redazione di alcune fanzine. A queste rivistine ciclostilate – “L’aspidistra”, “Nuovi orizzonti”, “Verso le stelle” –si affianca la raffinatissima “Gamma” di Valentino de Carlo e l’opera instancabile di traduzione e promozione di Vittorio Curtoni. Senza imbarazzi ne’ complessi di inferiorità nei confronti della letteratura ‘alta’, questo primo fandom italiano raccoglie una community che non si risparmia ore di treno per incontrarsi e condividere lo stesso linguaggio, il medesimo futuro interiore. Altre visioni e quotidiano si mescolano, avvicinando i confini fra differenti elementi culturali,
e la parola (non solo quella scritta) si trasforma e intraprende nuove strade.
L’immagine finale per lo stato della parola nel 1965 potrebbe appartenere a P.K.Dick, al futuro lisergico e terrificante del suo Cronache del dopobomba uscito in quell’anno. Ma anche possiamo fermare la scena sul volto accattivante e enigmatico della Valentina di Crepax, nata su “Linus” proprio nel ’65.
say the word and you’ll be free…it’s so fine, it’s sunshine,it’s the word love…

Elisabetta Beneforti

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