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In occasione della mostra “Paradiso Perduto”, in cui sono esposte opere del pittore fiorentino Stefano Loria, il Popolo del Blues pubblica il testo del catalogo della mostra e foto dell’esposizione, invitando caldamente tutti i lettori a visitarla.

Fino all'11 giugno

Stefano Loria - La periferia è dappertutto




Con l'espressione "crossing over" il linguaggio della biologia e della genetica indica uno dei processi che stanno alla base della riproduzione cellulare. Lo scambio di tratti di DNA durante la meiosi consente la ricombinazione dei caratteri genetici e perciò garantisce la varietà della vita. Il crossing over permette infatti la nascita di mutazioni genetiche spontanee che fanno adattare gli organismi alle infinite variazioni dell'ambiente.

In musica il termine è stato usato per indicare il filtro che divide le varie frequenze negli altoparlanti e da allora ha mantenuto il solo significato di incrocio. "Cross over" è divenuto infatti un modo per indicare in maniera sbrigativa uno dei caratteri più evidenti del rock sperimentale. Con esso si allude all'incontro di tradizioni assai distanti che si accostano ma non si fondono completamente mantenendo una loro riconoscibilità linguistica. Eppure band come King Crimson o Rage against the machine hanno arricchito la storia del rock di influenze e ibridazioni non solo di grande interesse ma anche di compattezza.
Matrimoni sonori che i generi di oggi (tekno, reggae, ecc…) producono e sperimentano a più non posso.



In arte però sembra ancora che l'unità stilistica sia sinonimo di valore espressivo. E questo in barba agli infiniti esempi che costellano la storia dell'arte moderna. Si pensi all'influsso dell'arte "primitiva" sul cubismo o alle mille radici su cui germoglia l'arte di Paul Klee. Non esiste una idea analoga al "crossing over" se si esclude l'ambigua terminologia legata al concetto di "influenza", terminologia che male riflette la pratica vera dell'arte.


Quadro di solitudine nell'estate duemilaquattro


Tutto questo discorso per dire in fondo una cosa semplice, e cioè che nei dipinti recenti di Stefano Loria si cercheranno con fatica le classiche "influenze" con cui si spiegano i "progressi" dell'arte e in particolare quelli della pittura e della scultura. Nel lavoro dell'artista fiorentino si incontrano sì i linguaggi più diversi ma - come insegna il concetto di "cross over" - essi non si mescolano mai. Tela e colori funzionano invece come il mixer di un dj che mette insieme i brani campione senza mai fonderli con il resto del materiale ritmico.

La pittura di Loria - soprattutto nei suoi traguardi più recenti – ha insomma una struttura plurivoca, additiva e polisemica. In essa tutto accade simultaneamente. I vari elementi che la compongono condividono lo spazio pittorico pur rimanendo separati come le finestre di vari programmi che restino aperte tutte insieme in una stessa sessione sullo schermo di un computer. Ma il l'omologia tecnologica potrebbe essere più precisa. Si pensi ai cosiddetti telefonini "palmari". Questi gioielli della miniaturizzazione fanno proprio questo. Integrano cioè tra di loro le funzioni di computer, agenda, note-book, telefono, sveglia, terminale internet, macchina fotografica, e via dicendo. Senza che nessuna di esse prevalga sulle altre.





Esattamente in questo modo lavorano anche gli inserti "segnici", le cartelle di loghi geometrizzanti, i crepacci cromatici o i pacchetti di icone architettoniche e figurative che Loria fa apparire nelle sue opere. Essi fluttuano - dentro lo spazio della tela –comportandosi come aree nomadi in un "campo" magnetico di pittura. Le porzioni di colore "campionato" e le forme "mutanti" che nelle sue tele più recenti Loria usa con coraggio sempre maggiore, esistono in modo simultaneo e addirittura autonomo le une rispetto alle altre. Lo dimostrano le ricerche documentate in decine di taccuini e block notes. Lo dimostra il suo recente interesse per lo spazio su cui si proietta la pittura murale.

Perduta la verticalità di valori di un possibile paradiso, distrutta la piramide di un sistema visivo basato sulla subordinazione e sulla misura si può finalmente dire che "la periferia è dappertutto". Il dipinto diviene un relais in cui si incontrano astrazione, figurazione, stilizzazione, architettura, segno e materia. Un crocevia privo di centro direzionale, sparso nel reticolo di una agglomerato di immagini di cui non riusciamo più a vedere i confini.


Qualcosa (per sempre)


Ma forse proprio in un territorio di compresenze e nomadismi - come quello che oggi si profila a chi ricerchi nuove possibilità di raffigurazione – la libera pratica del cross over può permettere all'artista di registrare la varietà e la vitalità delle sue innumerevoli immagini. Non cerchiamo quindi le influenze – che pure ci sono – nella sua arte, ma affidiamoci alla guida esperta dell'artista per navigare negli spazi sempre più affollati del nostro universo visivo.

Matteo Chini

Stefano Loria - Paradiso perduto
 
a cura di Matteo Chini
Sergio Tossi Arte Contemporanea
Via Pindemonte 63
Firenze - mar/ven 15.00-19.00 e sab 11.00-13.00/15.00-19.00
fino all' 11 giugno
 
tel. 055 2286163
info@tossiarte.it

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