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Crooked Fingers - Dignity And Shame
(Fargo)
www.crookedfingers.com



Eric Bachman and his Crooked Fingers have released their fourth album, named Dignity And Shame. This is a truely nice works because some alt-country elements are mixed with pop and roots music and is not difficult to found some radio-friendly tracks like Call To Love.

Per alcuni anni leader degli Archers of Loaf, nota band indie-rock made in usa, Eric Bachmann nel 2000 ha messo in piedi i Crooked Fingers con i quali ha realizzato già tre album di discreto successo. Dignity And Shame, il loro quarto album, è senza dubbio l’album della raggiunta maturità artistica ma soprattutto è l’album che meglio esprime le qualità di questa band. Infatti rispetto al disco precedente Red Devil Dawn, Dignity And Shame suona più come il disco di una band vera e propria che come un lavoro personale di Bachman. Su questa scia di cambiamento si pongono anche i brani più solari e melodici rispetto al passato sia dal punto di vista dei testi sia negli arrangiamenti lasciando trasparire chiaramente come Bachmann, messo da parte il suo ego, abbia imboccato una strada del tutto nuova. Il disco, aperto da Islero un quadretto strumentale dai toni spanish rock, ci rivela una band perfettamente a suo agio tanto nel districarsi tra folk, rock e alternative country strizzando più di una volta l’occhio al pop come nel caso di Call of Love, in cui si trovano echi degli indimenticati Travellin’ Wiburys o del riuscitissimo duetto con Lara Meyerratken in Twilight Creeps. Non mancano accenni tanto al latin rock con la la strepitosa cavalcata chitarristica Andalucia, tanto alla border song con il country-rock di Weary Arms e la ballad dolcissima You Must Build a Fire. Determinanti in questo senso appaiono i contributi di Barton Carroll alla lap steel e di Jason Parker alla tromba, entrambi contribuiscono a rendere il sound dei Crooked Fingers più elegante e soprattutto più godibile in relazione ai testi. Non deve però stupire che Bachmann non abbia rinunciato a ritagliarsi un suo personale spazio con ballate pianistiche di grande livello come Destroyer, vicinissima nel mood ad After The Goldrush di Neil Young o ancora nella title track che chiude il disco. Ci sarebbero anche spunti danzerecci, ascoltate per credere l’energia e la carica di Valerie, ma a questo punto vale la pena ascoltare questo disco e apprezzare ogni sfumatura sia nei brani più trascinanti sia in quelli più intimisti.

Salvatore Esposito

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