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Great Lake Swimmers - Bodies and Mind
(Fargo)
www.greatlakeswimmers.com



The new Great Lake Swimmers album, titled Bodies And Minds, is filled with songs of heartbreak, rural nostalgia and the search for spiritual transcendence. This disc sounds like Nick Drake with the heart of Gram Parsons.

Giunti agli onori della cronaca musicale un paio di anni fa con il loro primo disco omonimo, i Great Lake Swimmers ruotano intorno alla figura del songwriter canadese Tony Dekker che di volta in volta sceglie i musicisti che meglio crede per dar vita alle sue canzoni. Bodies and Mind, è il secondo disco di Dekker con questo marchio e non bisogna stupirsi se rispetto al disco di esordio siamo in territori completamente opposti soprattutto a livello di sound, questa volta più pieno e curato. In questo senso determinanti appaiono gli innesti di musicisti del calibro di Sandro Perri dei Polmo Polpo alla chitarra (che suona anche la lap-steel), Almog Ben-David al piano e Colin Huebert alla batteria. Ascoltare Bodies And Mind è come fare un salto indietro nel tempo, attraverso atmosfere vicine tanto al Neil Young di Harvest quando a Nick Drake e Graham Parson, con l’aggiunta del gusto particolarissimo per la ballata dai toni dolci amari tanto caro a Will Oldham. Se però a prima vista questo disco sembra dirci ben poco di nuovo eccetto un pugno di canzoni scritte come si deve, per essere apprezzato in tutte le sue calde sfumature poetiche merita più di un ascolto e soprattutto merita più di un ascolto attento. Certo mi viene il sospetto che in un epoca di superficialità come la nostra, non se lo filerà nessuno, ma la potenza espressiva di brani come l’iniziale Song For The Angels o dalla successiva e toccante Let's Trade Skins non può essere assolutamente lasciata da parte. Dekker, attraverso questi undici brani si mette a nudo, svelandoci con grande sincerità le sue ferite e la sua malinconia ma allo stesso tempo non rinuncia ad abbandonarsi al dolore usando la musica come una sorta di catarsi. Il disco così svela piccoli gioiellini come la younghiana Various Stages, introdotta da un pregevole assolo di armonica, le scarne melodie pastorali di To Leave It Behind per condurci poi al miglior brano del lotto, il solenne country-gospel di Falling In To The Sky, un brano dall’impatto melodico eccellente e dal testo dalla bellezza disarmante. Di non meno interesse sono poi la trascinante title-track caratterizzata dall’intreccio tra chitarra acustica arpeggiata e una sinuosa chitarra elettrica, I Could Be Nothing degna del miglior Townes Van Zandt e la conclusiva Long Into The Evening in cui il banjo lentamente si incontra per annullarsi lentamente nel suono di una chitarra distorta. Dischi come questo o si amano o si odiano.

Salvatore Esposito

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