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Sunset And Blue - Faced to the sun
(Sabcd 1000 – Italy)



I musicisti di Sunset and Blue sono dei buoni, anzi ottimi professionisti con un cenno speciale per Gabriele del Vecchio alle tastiere e Nicola de Luca alla batteria, mentre Giacomo Pedicini al basso si sente poco ed è un peccato, perso nell’incisione. Le chitarre di Fulvio Sorrentino e Enzo Caponetto hanno dei bei suoni puliti e Gaia Fusco una voce personale che marca molto il sound del gruppo. Anche l’altra sezione ritmica, Joe Parisi alla batteria e Ivan Cavaliere al basso si fa onore. Purtroppo coi complimenti bisogna fermarsi qui, perchè “Faced to the sun” è un CD cosparso d’errori stupidi che avrebbero potuto esser facilmente evitati. Per esempio, i Sunset and Blue hanno deciso di scrivere, e questo gli fa onore, testi e musica; era così difficile trovare qualcuno che facesse un filo d’editing? O almeno qualcuno che evitasse gl’errori d’ortografia. Perfino il titolo, e non è necessario esser madrelingua per capirlo, non significa nulla in inglese: “Faccia al sole”, “Fronteggiando il sole”, “Girato verso il sole”, chi lo sa??? Il libretto è pure bello, perchè sciuparlo a questo modo? Meglio, per quale motivo si fa un bel libretto, seppoi nessuno controlla i testi? Chi é l’autore e la casa d’edizioni di “I can’t be satisfied”? Boh! Che sia superficialità, sciatteria o presunzione poco importa, ma la musica qui contenuta avrebbe meritato una presentazione migliore, non si può esser professionisti solo con gli strumenti in mano. Difetto comune a molti gruppi italiani, in sala di registrazione la sofferenza è grande e il risultato finale ne risente, assillato da una certa piattezza. Alcuni pezzi partono bene ma poi s’affossano, come se fossero degl’alternate takes. Ci sono altri interrogativi: undici pezzi e altrettanti stili musicali, dal blues swingato al vaudeville, mancano solo il rock duro e il free jazz, come se molte anime convivessero all’interno della band. La democrazia é una bella cosa ma qui non si vede un filo conduttore, non si capisce cosa si stia ascoltando. La Fusco, che canta tra l’altro in un buon inglese, è penalizzata da tonalità che non le convengono. Ci sono delle idee, talvolta convincenti come in “Boogie lies” e “Not good enough”, martoriata da un testo disgraziatissimo, che vanifica una bella prestazione. Concludendo, si rimane a dir poco sconcertati, verrebbe da dire dispiaciuti, soprattutto per la maniera nella quale si getta al vento capacità musicali indubbie. I produttori servono anche ad evitare sventure come questa, e se non si vuole pagare un produttore almeno s’abbia l’umiltà di chiedere a qualcuno, possibilmente ferrato, di dare una mano.

Luca Lupoli

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