. Candi staton - His Hands
Candi staton - His Hands
(EMI /Onest Jons)

Una pacata atmosfera di pace conquistata combattendo e lottando per la propria indipendenza pervade il disco di ritorno di Candi Staton, un nome noto della musica nera nei sessanta e settanta, scomparsa e ritornata dall’oblio di una vita grigia e silenziosa e il silenzio ha molti meriti in “His Hands”, miglior album di deep soul del 2006 che sta ai dischi di Betty Lavette del 2005, di Al Green del 2004, di Solomon Burke del 2003 come se la musica frigida e algida dei nostri giorni concedesse a questi grandi una sola chance per anno e niente più.
Quest’anno la ruota è girata per una cantante che negli anni d’oro della musica nera ebbe un successo relativo oscurata da nomi ben più altisonanti di lei e dal primo marito, Clarence Carter, dotata di una voce da ascrivere di diritto nell’olimpo delle magnifiche, con un timbro che ricorda da vicino Mavis Staples.
Che Candi Staton stava per tornare non era cosa nuova. I fans erano in fibrillazione sin da quando, circa due anni fa, venne pubblicata una compilazione del suo migliore materiale realizzato ai FAME studios e si era ricominciato a parlare di lei. Ma nessuno si sarebbe immaginato un gioiello di classe e stile come si è poi rivelato “His Hands”, un disco senza eccessi, misurato sulla voce, ancora bellissima, di Candi Staton intorno a cui ricamano giovani musicisti di oggi e un grande dai sui FAME days, l’organista Barry Beckett, che è l’ asso nella manica del disco e l’uomo che fa la differenza con il suo inconfondibile marchio di fabbrica .
Candi Staton dimostra con “His Hands “ che il vero Southern Soul ha ancora qualcosa da dire e che le grandi canzoni sono ciò che fanno la differenza. In “His Hands “, Will Oldham ha contribuito pesantemente alla riuscita del disco scrivendo il brano che dà il titolo ala raccolta e si va imporre come autore ricco di sensibilità. La sua canzone veleggia bene fra brani di Tommy Tate, Charlie ”Silver Fox” Rich, Merle Haggard. “Cry to me “ di Bert Russell, qui riproposta in una versione più churchy del solito grazie alla voce di Candi Staton assume tutt’altro valore contenutistico.
Quando un disco è davvero bello spendere troppe parole è un peccato e “His Hands “ non ne merita altre se non l’accorato consiglio per tutti, proprio per tutti, di comprarsene al più presto una copia senza indugi e tenerlo a lungo nel lettore del cd per aggrapparsi a un ultimo lembo di True Southern Soul Sound per vivere le emozioni di un mondo e di un genere in via di estinzione e che la presenza di questo album sull’asfittico mercato odierno ci sottolinea ancor di più il valore originario e quanto ci sarebbe bisogno di tanta altra buona musica così. Semplice, onesta, emozionale, diretta, profonda.

Ernesto de Pascale

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