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Paolo Carnelli intervista Ernesto de Pascale per il programma radio internet Progwaves

P: Paolo Carnelli
E: Ernesto De Pascale

P: Senti tu sei un grandissimo esperto di musica in generale ma diciamo che hai focalizzato la tua attenzione in modo particolare sul blues e sul rock blues, ovvero sul movimento musicale che va dagli anni 50 / 60 fino agli anni 70. Come sai, la nostra trasmissione Progwaves si focalizza invece su un ambito prevalentemente progressivo, prog, quindi la prima domanda che volevo farti è se esiste un legame tra blues e prog.

E: Per rispondere alla tua domanda è bene che io segnali a tutti i letttori che essendo nato nel 1958, avendo quindi adesso nel 2007 49 anni, ho mosso i miei primi passi nella musica intorno al 1969-70, iniziando molto presto ad andare a vedere i concerti. Sono quindi nato con l'avvento del quello che noi chiamiamo classic - rock, usando un termine conosciuto ai più. Sono nato con l'avvento delle grandi band e dei grandi amplificatori e quindi ricordo ancora CIO 2001 che scriveva “E' nato il primo super gruppo degli anni 70, si chiama Led Zeppelin” e poi la settimana dopo “E' nato il primo super gruppo americano degli anni 70 si chiama Crosby, Still, Nash and Young“.
Queste band, ne ho citate una americana e una inglese, non a caso, usavano progressioni armoniche basate sulla triade fondamentale del blues, quindi i passi, primo - quarto, primo - quinto quelli che sono i poi principi in generale del genere canzone che negli anni 30 Cole Porter, i fratelli Gershwin, Jeromy Kern andarono a formalizzare con il nome di Tin Pan Alley. In altre parole la nascita della canzone pop strutturata come strofa, strofa, ritornello, strofa, ritornello, ponte, ultima strofa, coda ( AABABCA etc).
l'Italia dei primissimi settanta viveva un periodo particolarmente felice per i concerti, momento che io ho potuto vivere in prima persona. Il mio regalo per l'esame di terza media non fu un motorino, o una bicicletta, ma l’ essere mandato a Milano a vedere i Led Zeppelin al Vigorelli.
Non di meno, devo aggiungere che la mia famiglia aveva all’epoca una casa in Versilia - io sono fiorentino- e a 10-11 anni ricordo di essere stato portato all'apertura del Piper 2000 di Viareggio, dove vidi i Four Tops, band principe del Rythm & Blues di casa Motown.
La “scoperta” di quel locale, di quel mondo, dei djs di colore come Herbie Goins e Ronnie Jones mi indusse a passare le mie estati a venire incollato al Piper 2000, a sfruttare ogni occasione per intrufolarmi dentro invece di andare a fare quello che facevano tutti i ragazzi della mia età cioè a inseguire ( con poca fortuna peraltro!) le gonnelle delle ragazze ( mi sarei rifatto più avanti ).
Io andavo davanti al Piper 2000 di Viareggio tutti i santi giorni, mi improvvisai roadie, portavo dentro gli amplificatori e gli strumenti delle varie band! : penso di aver distrutto il primo Mellotron della PFM a calci perché non entrava dall‘angusta porta del backstage, ho toccato la famosa chitarra fender stratocaster di Rody Gallagher, che - ricordo - non aveva custodia, ho giocato a calcio con i Genesis, ho passato un'intera notte sul mare con Peter Hammill dei Van Der Graaf Generator a sentirlo parlare di non so che cosa ( secondo me era totalmente in acido) , un lungo pomeriggio con gli Osanna che cercavano di convincere il pubblico del concerto pomeridiano a tornare allo spettacolo della sera, ho incontrato Michael Schenker che stava tentando disperatamente di corteggiare una ragazza di Forte dei Marmi, ho conosciuto la tristezza e la melanconia dei Mike Patto e di Mike Halsall dei fantastici Patto, una band sfortunata nata troppo presto che suonò uno dei concerti più belli che ho visto in quegli anni con Mike Patto al piano wurlitzera intonare 'O sole Mio '. Il piano wurlitzer era appoggiato su una cesta di panni sporchi!.
Ho vissuto in prima persona - non perchè io ero in trip, ero abbastanza timorato, proveniente da una buona famiglia, bene addestrato a cosa fare e cosa no - le droghe, droghe che ho poi conosciuto di persona più avanti.
Ho testimoniato in prima persona un trip lisergico degli Amon Duul II e ti devo dire che fu una delle cose più belle che ho vissuto a quell’epoca - non so esprimermi in altro modo!- Il loro bassista ( morto da poco tempo) si ritrovò in una vasca di una fontana davanti al Piper 2000 semivestito, urlante alle 3 del pomeriggio, completamente rosso dal furore del caldo agostano della Versilia che non è poi così secco come pensava ma un po' appiccicaticcio, incapace a scendere dal Trip.
Beh! insomma, tempi straordinari perchè c'era una libertà così nature, folclorica, non so se è possibile spiegare. Penso che ci voglia attitudine a capire.
Altri eventi importanti della mia formazione: il viaggio in pullman con gli amici dello Space Electronic di Firenze per vedere i Gentle Giant che erano di spalla ai Jethro Tull nel febbraio 1972, il viaggio in treno per vedere i Roxy Music all'Antoniano di Bologna che non suonarono per la pioggia e tornare al Bobo Club di Modena dopo 2 sere.
Sì, il rock-blues dicevamo...,un rock blues in evoluzione. Mi bastò ascoltare “In a Silent Way”, “Bitches' Brew” di Miles Davis, “I Sing the Body Electric” dei Wheater Report per capire cos'era il jazz, il jazz elettrico, quindi ascoltare “In a Mountain Flame” della Mahavisnu Orchestra e realizzare che fondamentalmente era un disco progressive suonato da musicisti che avevano le mani del jazzista.La musica era una cosa che faceva sognare: le copertine ti facevano sognare, non c'erano i video, non si scaricavano i dischi, era anche un po' complicato registrarli. Avevamo questi diari pieni di nomi e poi - come tutte le cose del passato sono sempre un po' più belle - come diceva Danny O' Keefe nella sua “The Road” “you exagerate the win and forget about the loss”, esageri ciò che vinci e dimentichi le cose che non vanno.
Quei primi anni settanta furono per me un periodo di grande formazione, anche umanistica oltre che umana, devo ammettere, perchè abbiamo imparato inglese, abbiamo sentito parlare di cose importanti, abbiamo sentito parlare di politica, di fantascienza, di amore in una maniera non convenzionale, di amare più di una persona nel rispetto altrui, di problemi del mondo, la trilogia del ritorno all' acqua di Jackson Browne piuttosto che quella di Peter Hammill, tutte cose che hanno costruito la nostra coscienza di uomini e donne di oggi.
Penso che siano cose che ci si porta appresso poi per sempre...

Rory Gallagher

P:Senti, se tu dovessi consigliare un album blues a un ascoltatore di prog - tu sai che gli ascoltatori di prog sono un po' particolari, nel senso che non brillano moltissimo per apertura mentale – ecco, consigliaci qualche ascolto selezionato che secondo te potrebbe andare bene per un ascoltatore di prog.

E: Mah, ad esempio, forse perché li ho riascoltati ultimamente - sicuramente i primi tre album dei Gente Giant dove c’è moltissimo blues, non solamente brani come “Peel the Paint” o “Wreck” che erano proprio dei pezzi blues - “Peel the Paint” è proprio un riff blues al 100% - ma anche “Three Friends” o “Alucard” nel primo dei Gente Giant con quei fraseggi che capisci sono note blues. Poi chiaramente “21st Century Schizoid Man” dei King Crimson, il riff blues per eccellenza del prog, senza ombra di dubbio!
Sicuramente nella musica americana direi la “Supersession” di Al Kooper, Mike Bloomfield e Steven Stills che non a caso suonano “Season of the witch” del menestrello folk inglese Donovan, un brano tratto da un album, “Sunshine superman”, molto sperimentale. E poi, sempre per la gioia dei fan del prog inglese “This was” dei Jethro Tull, disco blues a tutti gli effetti e assolutamente geniale per la commistione di stili e la genialità della semplice sperimentazione tesa al miglior risultato finale possibile. Aggiungo tutto l’album “Aqualung” sempre dei Jethro Tull: la stessa canzone “Aqualung” antesignana della moda ragged del nu folk attuale, “Locomotive Breath” con i suoi power chord senza l‘uso delle terze, “My God”, pezzi blues al 100%.
E’ difficile, non riesco a credere che un vero amante di prog non ami il blues perché l’amante del prog il blues lo ascolta sempre, quanto meno se lo aspetta.
Facciamo degli esempi: “Tarkus”, totalmente un disco blues, la diteggiatura di Emerson è la diteggiatura del blues di quando accompagnava PPArnold agli esordi di The Nice: l’apertura, l’incipit, così come il primo disco di Emerson, Lake, Palmer con “Knife Edge” era un pezzo che dovevano fare i Nice e “Lucky man” un pezzo rifiutato da Robert Fripp quando Lake era nei King Crimson.
Ci sono poi i gruppi minori, per esempio i “Killing Floor”, il loro primo album “Out of Uranus” è un disco prog-blues, il pianista Lou Martin poi suonò con Rory Gallagher, “Write on the wall”, una band straordinaria, veramente pazzesca. Un gruppo ristampato ultimamente - che ho avuto la fortuna di vedere nel 71-72 all’ Altro mondo di Rimini - gli “Stray”,con la loro bellissima “All in your mind”, un quartetto rock-blues cresciuto nel magma del progressive britannico. Il primo album dei Black Sabbath che termina con “The warning” scritta – guardate le firme- dai quattro componenti degli “Ansley Dumbar’s Retelation”, il gruppo di Ansley Dumnbar batterista fuoriuscito dall’ultima formazione dei Bluesbreakers di John Mayall, un tozzo batterista che da lì a poco sarebbe andato a suonare con Frank Zappa e oggi gira con Eric Burdon. “The Asley Dumbar’s Retelation” incise quattro album - ristampati su due cd dalla SPV tedesca - straordinari perché il blues è un po’ heavy, quindi rappresenta la trasmigrazione dei blues-man inglesi che passano dalle canne all’acido attraverso l’alcool. E’ il cosiddetto rock ciuchedelico, io lo chiamo così, con un cantante evoluto, Victor Bronx, grandissimo cantante che suona la tromba, la cornetta, che fa delle cose belle. Ecco, ne ho detti abbastanza.


Osanna

P: Senti, c’è un gruppo che è molto amato anche dagli ascoltatori di prog, che sono i Moody Blues di cui non abbiamo parlato recentemente sulla rivista Wondrous Stories, proprio anche grazie a una tua gentile intercessione. Hai avuto modo di intervistare Justin Hayward, tra l’altro personaggio splendido, estremamente disponibile. Quello che ti volevo chiedere, so che tu ha visto recentemente i Moody Blues da vivo, il 10 ottobre dello scorso anno, se non sbaglio, alla Royal Festival Hall. Sensazioni di quel concerto e prossimi appuntamenti con i Moody Blues.

E: Allora, i Moody Blues di oggi sono dei signori di 60 anni conservati piuttosto bene, piuttosto ricchi, che hanno avuto la lungimiranza di fare cassa molto presto, le cui doti, il cui talento, è evidente guardando il concerto: Justin Hayward, primo compositore, è un talento, lo si capisce ancora!, però anche coloro i quali sono rimasti nel gruppo non scherzano: il batterista evidenzia il suo ruolo di cantante proprio nei pezzi più rock, il bassista è una sorta di controaltare – anche fisico - di Justin Hayward al punto tale che insieme mi hanno ricordato moltissimo gli Everly Brother per le armonie vocali.
Si capisce comunque che questi signori avevano una capacità di scrivere le canzoni al di sopra del comune, in grado di arrangiare con un gusto che sapeva incunearsi fra le mille sfaccettatura della musica dell’epoca.
Noi non dobbiamo mai dimenticare che i Moody blues all’epoca ci parvero un po’ già imbolsiti. I Moody Blues da ragazzi, negli anni d’oro dei Moody Blues, ci parvero un po’ sovradimensionati, senza poi rendersi conto che in fin de conti anche i Genesis raccoglievano tante fasce di nozioni create proprio dei Moody Blues.
Devo dire che i Moody Blues ultimamente visti, suonano un concerto molto impegnativo, tentando di allontanare il revivalismo che naturalmente esiste perché il pubblico è un pubblico adulto, un concerto fatto con grande classe, realizzato molto bene, cantato molto bene.
I prossimi appuntamenti con le ristampe dei Moody Blues sono altri due album che vengono ristampati, “Every good boy deserte a favor”, un album bellissimo, l’album con cui io gli ho conosciuti - il primo album dei Moody Blues e credo anche l’ultimo che ho comprato, uscì l’album e lo comprai e poi basta, arrivarono i nomi citati sopra. Il disco aveva questa meravigliosa copertina textured che tu la toccavi e sentivi che c’era una magia anche nella manifattura del gatefold sleeve.
Al concerto dei Moody Blues dell’ottobre 2006 ho trovato un pubblico ancora affezionato, suonavano alla Royal Albert Hall per quattro sere, hanno fatto 20mila persone, un risultato molto apprezzabile.


P: Senti un altro nome su cui ti volevo interrogare è quello della Barclay James Harvest anche perché poi li abbiamo incontrati recentemente qua a Roma per uno Showcase e so che anche in questo caso sono stati ristampati molti titoli. Per cui ti chiedo fondamentalmente speranze di vederli dal vivo a breve in Italia.

E: La Barclay James Harvest appartiene a quel tipo di gruppo che negli anni settanta i fans italiani in gran parte si perse del tutto. Non perché il gruppo non era valido ma perché uscivano su etichetta Harvest - l’etichetta dei Pink Floyd. Fuori dall’inghilterra ci fu un tentativo giustissimo di monetizzare sui Pink Floyd, non c’era in fin dei conti motivo che fosse altrimenti, vista la potenza del gruppo. Passarono in secondo piano tanti gruppi validi come la “Third Ear Band”, gruppi minori i “Tea & Simphony”, i “Bakerloo” con un giovanissimo Clem Clempson prima della chiamata nei grandissimi Colosseum.
La Barclay James Harvest negli anni settanta - per motivi che non potrei esprimere in maniera razionale ma che sicuramente appartengono a un modo di sentire la musica - vennero snobbati, stavano un po’ antipatici a tutti, ma senza perché, non puoi spiegarlo, perché forse erano un po’ leziosi.
In verità la Barclay James Harvest era un gruppo, come tutti i gruppi che vengono dal nord dell’Inghilterra, molto concentrato su ciò che stava facendo, un gruppo di musicisti per musicisti, con dei grossi talenti compositivi perché John Lees e Johnny Woolstone ancora oggi danno l’impressione di essere dei veri autori a tutti gli effetti. Ce li perdemmo, anche perchè loro poi scelsero l’America, ebbero la costanza di non smettere e come tanti altri gruppi si persero. Quindi vennero affossati con l’avvento del punk.
Il periodo a cavallo dell’avvento del punk è abbastanza curioso perché l’ultima onda del prog è in verità interessante, ed è interessante anche in America, i “Dixie Dregs” i “Pavlov’s dog”, la nascita dei “Guns ‘n’ Roses”, i “Blue Oyster Cult” uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, gli “UK”.
Per esempio un altro album straordinario minore dell‘epoca è l’album di Manzanera con i Quiet Sun bellissimo, con Phil McCornick al basso, il bassista dei Matchching Mole e poi la band di Tommy Eyre - tastierista che purtroppo è morto pochi anni fa - già il tastierista dell’ultimo album degli Asley Dumbar Retelations, negli anni 90 diventato il musical director di George Michael. Eyre fece una banda che si chiamava “Riff Raff”, seconda onda del prog, direi addirittura terza onda del prog, perché il prog comunque nel ‘69 con l’avvento dei King Crimson si formalizza, mentre nel ’71-72 c’è The new wave of progressive rock e poi nel ’74-75 c’è l’ultima onda. Quest’ultima onda comunque in fin dei conti la si sente anche più avanti, perché gente come Mick Jones dei Clash suonava in un gruppo prog prima della nascita del gruppo con Strummer.
Insomma, questi Barclay James Harvest si persero. Li abbiamo ritrovati ora con l’Ecletic disc di Mark Powell. Chiaramente il gruppo non ha un vero pubblico in Italia, per cui prima di poter trovare qualcuno che spenda sei-sette mila euro per un concerto ce ne vorrà e la cosa passerebbe attraverso una processo complicato. Io mi sono occupato della loro promozione, e sono molto orgoglioso di poterlo dire in questa sede, i dati di vendita per il 2006 nell’Eclectic hanno un picco, e quel picco è l’Italia. L’Italia ha fatturato più della Germania che è il paese dove si trova il distributore dell’Ecletic. L’Ecletic è l’etichetta che ha ristampato appunto i Caravan, la Barclay James Harvest, gli Audience, gli High Tide, July Driscoll, il disco più venduto dell’etichetta Ecletic. Quindi speriamo di poter andare avanti, loro hanno una dimensione molto da artisti, giustamente pensano che ci sia una spazio per loro anche qui, perché si accorgono che in Inghilterra questo spazio c’è. Non è esattamente la stessa cosa qui però.

P: Senti, tu sei fiorentino, anche se poi sei stato anche in America per diversi anni. Adesso ci piace ricordare che sei molto attivo nella scena musicale fiorentina. C’è qualche nome che ci puoi consigliare di giovani gruppi indipendenti che stanno venendo su anche legati ai festival di cui tu fai parte sul territorio?

E: La scena è molto interessante esiste questo rock contest di Controradio, esiste da 18 anni con una pausa di 5, è ripreso 5 anni fa, io sono presidente di giuria, lavoro a diretto contatto con l’assessore Daniela Lastri della Pubblica Istruzione e delle Politiche Giovanili e devo dire che è un assessore molto illuminato. Lavoriamo cercando di dare continuità alla musica, ai gruppi, e dare soprattutto formazione perché è quella che manca. Quindi questo rock contest si caratterizza per la nostra forte presenza fisica, e io e un’altra persona di Controradio, Giuseppe Barone, ascoltiamo i circa cinquecento nastri che ci arrivano, questa è una parte del lavoro sporco!, ma abbiamo una manifestazione in netta crescita e il lavoro lo si affronta volentieri. Sappiamo che servirà!..
Fra i gruppi che voglio menzionare i miei preferiti si chiamano Underfloor www.underfloor.it. Adesso stanno preparando il secondo album, sempre più intriso di prog, perché non sono più dei ragazzini ventenni e perchè sono dei musicisti con le orecchie aperte, che amano i Genesis, i Beatles anche se venuti su con la new wave fiorentina. La verità è che poi i nodi, nella vita, vengono sempre al pettine e alla musica non si può mentire.
Mi piace poi ricordare una nuova piccola scena folk che sta stranamente venendo fuori da un’area, quella Toscana, sempre molto elettrice. Ecco allora una controtendenza: un ventenne Pistoiese, Samuel Catarro, un incrocio tra Pete Thomas dei Pere Ubu Capitan Beefheart e Robert Johnson. Pekimpa, chitarrista cantautore, una via di mezzo tra Neil Young e Nick Drake ma già bassista degli Zenerswoon, un trio di indie rock vincitore dell’edizione di 3 anni fa e membro dei Mangroovia, un giovane di talento che dve scoprire le sue migliori qualità acustiche. E poi Walking in the Cow, un gruppo ispirato alle mini sinfonie di Brian Wilson che suonano strumenti inusuali ma non vintage, se uno strumento diventa vintage loro non lo suonano più !. Due di loro sono ex Mirabilia. Per ultimi, “Viva Muerte Candita” di Pistoia (ricordiamo che nei settanta gli Aktuala, gruppo di acid free folk, vissero a lungo in una comune sulle colline pistoiese): sono una via di mezzo fra i Velvet Underground e Cristina d’Avena, diciamo che di Cristina d’Avena loro trattengono il lato dietologico e dei Velvet Underground trattengono il lato psichedelico per cui potete intendere più o meno di cosa stiamo parlando!!!.
Abbiamo creato, grazie a Controradio e al Rock Contest, questa sorta di concetto chiamato Beyond Folk che presenteremo in 2 serate, il 27 e 28 luglio al Trasimeno blues Festival in Umbria.


PFM

P: Senti, l’ultima domanda che ti faccio visto che ci dobbiamo salutare tra poco,però non posso non fartela. Sicuramente molte delle persone che ci stanno ascoltando hanno riconosciuto la tua voce perché a livello radiofonico è una delle voci più conosciute per esperienze come Rai Stereo Notte, come Suoni Ultra Suoni, Controradio, poi ancora Rai Effetto Notte. Un pensiero tuo personale sulla radio, cosa ti lega a questo mezzo di comunicazione?

E: Mi lega la magia e mi lega ciò che non puoi toccare. Ciò di cui non puoi sapere fino in fondo.Tutto quel che ascolti è ciò che vorresti, in fin dei conti, ma non saprai mai se lo sarà davvero.
Essendo cresciuto in un periodo in cui non avevo bisogno del faccione del cantante in copertina per comprare un disco, ma mi bastavano quattro disegnini, non sempre fatti bene - non tutte le copertine dell’epoca avevano il segno del genio di Hypgnosis - sono cresciuto in ambiente di libertà, che purtroppo gran parte della radio oggi non ha più. Il motivo perché lavoro a RadioTre piuttosto che da altre parti e ne sono orgoglioso è culturalmente chiaro, ritengo.
Da 12 anni su Controradio Popolare Network conduco “Il Popolo del Blues”, il sabato sera alle 20 da Firenze, in diretta differita da Milano domenica sera alle 21.
La radio è una missione, questo lo credo fermamente, la radio ha salvato la vita a molte persone, non posso dire se ha salvato la vita a me, io ho sempre fatto radio,ho cominciato con la prima radio privata di Firenze quindi non saprei pensarmi o immaginarmi diversamente …
Nella musica ci vuole intuito, la radio sviluppa l’intuito: la scelta dei pezzi, il mettere le cose insieme necessita intuito. Ecco, penso che l’intuito in generale sia una delle cose più importanti nella formazione delle persone.
Fare una buona radio vuol dire anche intuire quando è il momento di smettere di parlare per esempio - in questo momento non è il mio caso, oggi sono io l’intervistato perciò un pochino mi allargo, spero di potermelo permettere !- la radio insegna la capacità di sintesi.
Inoltre la radio ti salva al 99% da Vallettopoli e similia, volendo ragionare per iperbole. Sottolineo ancora, faccio radio con un significato fra virgolette sociale, perché chiaramente se sono a Radio Tre e/o Popolare Network c’è un forte motivo legato alle scelte della vita .
P: Benissimo, ti ringrazio Ernesto per essere stato nostro ospite su Progwaves, in bocca al lupo per i tuoi progetti,magari ci rincontreremo nei prossimi mesi per fare un’altra chiacchierata insieme.

E: Volentieri,grazie ed in bocca al lupo per tutto.

Roma, Marzo 2007

Trascrizione di: Claudia Battisti
Foto di: ©Ernesto de Pascale.

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