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Cinematic Orchestra - Ma Fleur
(Ninja Tune)
www.ninjatune.net

Adult pensive music for adult pensive people

La Cinematic Orchestra di Jason Swincoe ha compiuto un bel passo in avanti con questo “Ma Fleur“. Nata come ensemble strumentale che univa immaginazione e sonorità jazz in una specie di grande colonna sonora per film immaginari, il gruppo è diventato un autorevole esponente di un mondo che non c’è dove spazio, aria e prospettiva si mischiano e si integrano a canzoni dai tono profondi che toccano temi importanti, dall’amore alla perdita delle persone care.
Concettualmente Swincoe ha trasformato un immenso casting di talenti in una orchestra la cui chiave è in sua mano e la cui combinazione resta segreta. Tutto si muove meglio quando appare la vocalità Gospel della grande Fontella Bass, che già aiutava Swincoe nel 2002, ai tempi del debutto di “Everyday”, o quella più flebile di Lou Rhodes dei Lamb, che ricorda Jacqui McShee dei Pentangle, o quando John Ellis infila un atmosferico solo di fender rhodes piano in “Child Song”.
Per la sobrietà generale e la pacatezza torna in mente la Penguin Cafe Orchestra di Simon Jeffes (“Prelude“), peraltro già tirata in ballo qualche tempo fa per il cd di “Ellis Island Sound“, o il migliore Michael Nyman, un certo Moby riflessivo, Antony and the Johnson (la voce del canadese Patrick Watson nell‘iniziale “To Build a Home“).
In “Ma Fleur” ci sono però anche molti riferimenti agli anni settanta, certi ricami chitarristi che portano a “Nursery Crime” dei Genesis, una finezza e una eleganza che presuppone concentrazione e abilità, un gusto post cameristico che non avrebbe guastato fra le pieghe del sesto dei Soft Machine, come il brano che dà il titolo alla raccolta bene espone.
Il brano più bello del disco, la lunga, quasi una suite, “Breathe”, intepretata dalla Bass (le cui condizioni di salute destano preoccupazione) ha una apertura imperiosa e autorevole che pare uscita dal primo dei King Crimson per poi richiudersi a riccio dentro un piccolo grande coro di voci nere che estremizzano le dinamiche, forse l’arma segreta di cui sopra!.
Chiusura con “Time and Space” con la voce della Rhodes, un languido brano sull’onda di una bella armonizzazione di piano che riporta al miglior John Martyn, invito a tornare da capo e ripartire dal primo brano.

Ernesto de Pascale

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