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Intervista a Leonardo Pavkovic, fondatore dell’etichetta MoonJune


Leonardo Pavkovic è un discografico, manager, promoter, cittadino del mondo. Attualmente vive a New York, ma viaggia costantemente per il mondo (ha visitato 65 paesi!), lavora con artisti come Allan Holdsworth, Soft Machine Legacy, Hugh Hopper, Jan Akkerman, PFM, New Trolls e band contemporanee come gli Italiani D.F.A, i Belgi The Wrong Object o Indonesiani simakDialog. Proprio in Italia, Leonardo è vissuto per vent’anni.  Da New York porta oggi avanti la sua avventura musicale con l’etichetta discografica che ha fondato, la MoonJune Records (www.moonjune.com), all’insegna di un’attitudine estremamente cosmopolita. Nel catalogo dell’etichetta trovano spazio artisti legati al Canterbury sound, ma anche al progressive, al jazz e ad ogni tipo di musica sotto il comune denominatore di originalità e creatività. 


Come è nata l'etichetta MoonJune? Qual'è stato il suo primo release?

Un'etichetta nata quasi per caso. Io lavoravo dal 1990 al 2004 in una ditta grafica, che aveva uno status quasi leggendario qui a Manhattan e molti agganci nel music business newyorchese. Nel 1999, io e il mio socio nella ditta grafica, insieme ad un notissimo "jazz publicist" locale, abbiamo creato un'etichetta jazz, la Jazz Magnet Records.Volevamo fare le cose alla grande, avevamo degli artisti noti nel mondo jazz come Steve Lacy, Archie Shepp, Jean Paul Bourelly, Andrew Cyrille, Marty Ehrlich, il bluesman Lonnie Johnson. Eravamo in cerca anche dei partner che ci potessero appoggiare economicamente, ma dopo solo un anno e mezzo, senza essere riusciti ad attirare  l’attenzione degli investitori per un catalogo di oltre 100 titoli jazz che avevamo in mente (includendo anche le ristampe della mitica etichetta jazz romana di Aldo Sinesio, Horo Records) , dovemmo smettere. Nel frattempo, avevo deciso di creare una mia etichetta a cui ho dato il nome MoonJune Records, un omaggio a Robert Wyatt e Soft Machine, chiaramente ispirato all'epica The Moon In June dal Third  della celebre band jazz-rock inglese, e dedicarmi alla musica progressiva che spazia tra il jazz, il rock e l’ignoto (unknown). Il cd con cui ho cominciato la MoonJune Records é Elton Dean & Mark Hewins “Bar Torque”.

  

Come sei arrivato a intraprendere l'attività di discografico e a scegliere come sede New York?

Io vivo dal 1990 a New York. Ho fondato l'etichetta nel 2001, e poichè ero oramai un newyorchese, della bassa Manhattan, della legendaria East Village, l'etichetta non poteva essere altro che un'etichetta newyorchese. Ho cominciato con tre titoli: Elton Dean & Mark Hewins "Bar Torque", Finisterre "Storybook" e DFA "Work In Progress Live". Ognuno dei tre cd ha una storia a sé. Conoscevo Elton Dean sin dal 1984, lo seguivo molto in Italia dove lui suonava spesso negli anni Ottanta, ci siamo conosciuti dopo un concerto suo a Bari. L'ho seguito una decina di volte e poi, dopo essermi spostato a New York nel 1990, ho perso il suo contatto. Nel 1999, per puro caso avevo scoperto su internet che una band chiamata Soft Ware aveva partecipato ad un fesival jazz in Germania, e i membri della band erano Elton Dean ai sassofoni, Hugh Hopper al basso elettrico, Keith Tippett al pianoforte e John Marshall alla batteria. Il fatto mi ha incuriosito moltissimo e mi sono messo in cerca di Elton Dean e l'ho trovato esattamente il 1º gennaio del 2000. Avendo già intrapreso l'attività da discografico con la Jazz Magnet Records, pensavo che questo progetto fosse adatto alla nuova etichetta. Conoscevo anche Keith Tippett dai vari festival free jazz in Italia degli anni 80, e avevo assistito a qualche concerto di Hugh Hopper senza comunque mai avere un contatto diretto con lui, e non avevo mai avuto occasione di vedere dal vivo il mio batterista preferito, John Marshall. Elton, con cui mi ero messo in contatto telefonico, mi aveva passato dei numeri di Hugh e Marshall, dicendo che se io avessi trovato dei soldi per la produzione del disco dei Soft  Ware, avrei potuto pubblicarlo con la Jazz Magnet. Ho parlato agli altri tre, ma Keith Tippett non poteva farlo perché  aveva molti impegni. Poi, per un po' di tempo, non se ne parlò più. Io, però, mi ero fissato con questo progetto. Pensavo: ho 3  membri dei Soft Machine, se ne trovassi un altro potrei fare una specie di Soft Machine. Qui dovrei aprire un altro paragrafo per spiegare come Soft Ware sono diventati Soft Works, con Allan Holdsworth, e poi Soft Machine Legacy, con John Etheridge.  Mi devi fare un'altra domanda solo per questo! 

Nel frattempo, Elton mi offrì una registrazione dal vivo, dicendo che avrebbe voluto vedere questo progetto sul cd, e così io decisi di avviare la MoonJune Records. Il disco si chiamava "Bar Torque", con Elton  Dean al saxello accompagnato dalla chitarra midi di Mark Hewins, un chitarrista di avantguardia e di area canterburiana, che aveva anche militato per un paio di anni nei mitici Gong di Daevid Allen. 

Nel frattempo, io avevo scoperto attraverso internet che si stava verificando una sorta di rinascita del rock progressivo, di cui sono un cultore. Così ho scoperto una straordinaria band giovane di Genova, chiamata Finisterre, che davvero mi ha colpito. Sono diventato amico del loro nuovo manager, che stava per produrre un loro nuovo disco, e questa persona, di Modena, mi parlò di un festival del rock progressivo che stavano organizzando a sole due ora da New York. Ho cercato di trovare un biglietto per me, ma senza successo, era tutto sold out. Il produttore dei Finisterre mi disse allora che lui sarebbe andato al festival, e prima sarebbe passato da New York a trovarmi . Per una serie di motivi, lui non è poi potuto venire e mi ha offerto il suo biglietto, che ho accettato volentieri. Ho partecipato così al mio primo NearFest, nel giugno del 2000. 

Conoscevo solamente due band tra le dieci che erano in programma, gli Italiani Il Balletto Di Bronzo (YS, un album del 1972, ancora  oggi, é tra i dischi del prog che amo di più in assoluto, un classico, un masterpiece!) e gli americani Happy The Man. Pur avendo una conoscenza quasi enciclopedica della musica degli anni 60 e 70 e qualcosa degli 80, non conoscevo NIENTE del nuovo rock progressivo. Le altre 8 band, quindi, per me erano solamente nomi, incluso quello di una band veronese chiamata D.F.A. NearFest 2000 è stata una bella esperienza per me, una cosa completamente nuova in cui ho conosciuto moltissime persone, tra cui il mitico Steve Feigenbaum della Cuneiform Records. Ho conosciuto in quella occasione anche un fan giapponese che parlava un inglese perfetto, di cui parlerò più avanti, che é diventato un carissimo amico e persona chiave per tutte le mie avventure giapponesi. Tornando al festival, a parte il fatto che mi sono molto divertito, buona parte delle band non mi impressionò molto, nemmeno il leggendario Gianni Leone che comunque fece una buona prestazione. Ma una band mi ha fulminato a partire dai primi battiti della loro musica potente, questi veronesi chiamati D.F.A. (Duty Free Area). Dopo il loro concerto che ha entusiasmato tutti i 1000 presenti, mi sono avvicinato a loro, e chiacchierando in italiano siamo subito diventati amici. Poi mi sono venuti a trovare a New York e siamo rimasti in contatto via e-mail. Nel frattempo, a parte il cd di Elton Dean & Mark Hewins, ho deciso di ristampare un concerto dei Finisterre del 1997 uscito in un'edizione limitata qui negli Stati Uniti. Ho deciso di metterci un brano extra, e chiamare il disco "Storybook". Con i ragazzi dei D.F.A. avevo deciso di mettere su cd la loro straordinaria prestazione al NearFest, così nacque il cd "Work In Progress Live". I  tre cd sono usciti in contemporanea verso la fine del maggio del 2001. Dei tre quello dei D.F.A. mi ha dato una soddisfazione particolare, dal momento che l’ ho promosso benissimo in tutto il mondo e sono arrivate recensioni da oltre 40 paesi in oltre 25 lingue, tutte di altissimo livello, il che ha reso questa umile e modesta -  ma bravissima-  band di Verona quasi un oggetto di culto, dei quali sto stampando proprio adesso, questo giugno, il loro lunghissimamente atteso album, semplicemente chiamato “4TH”. 


Come nasce la scelta di orientare l'etichetta, per quanto le divisioni tra i generi musicali possano essere relative, verso la musica progressive?

Io amo il jazz, amo il rock progressivo,  amo la musica di avanguardia, amo il blues rock, ma MoonJune non è un etichetta jazz, nemmeno un'etichetta rock. E’ semplicemente un'etichetta indipendente che fa un certo tipo di pubblicazioni, e per dire la verità, nel 2001,  non avevo la minima idea di ciò che sarebbe avvenuto nel 2008. Non sono capace di programmare le cose, sono uno a cui piace lavorare in maniera istintiva, erratica, spontanea. A me non piace essere etichettato. Ogni volta che mi appiccicano un'etichetta, fuggo in direzione opposta. 


Potrà sembrare una domanda banale, ma a fronte di un progetto come la MoonJune che si sta facendo conoscere ben oltre i confini americani, com'è la vita di tutti i giorni di un discografico indipendente?

Io sono un cosmopolita, parlo 5 lingue e ho visitato oltre 65 paesi in tutto il mondo. Vivendo in una città come New York, ed essendo come sono, non mi resta altro che  essere "globale" e cosmopolita. So che é un vantaggio enorme, io sono un cittadino del mondo e i miei cd sono recensiti in paesi esotici come Indonesia, Cina, Nigeria, Giamaica, Costa Rica, Marocco, Lituania, Uzbekhistan o Bosnia, non soltanto in paesi ovvi come Italia, Stati Uniti, Inghilterra, Giappone, Francia o Germania. Viviamo in un mondo globale, quindi, non mi resta altro che comportarmi da cittadino globale.


Suoni anche tu, o hai suonato in passato,  qualche strumento?

Non suono niente, ho una voce stonata, e pensa un po', io nemmeno so guidare la macchina!


L'etichetta sembra, fin dal nome, legata all'eredità dei Soft Machine. Molti  artisti sono direttamente legati alla band, mentre altri,  come Delta Saxophone Quartet, raccolgono la loro tradizione. Come nasce il legame con questo filone musicale ?  

Qui vorrei tornare al discorso di Elton Dean, uno dei miei miti personali, un musicista unico, geniale, di spirito liberissimo e secondo me, assieme a John Coltrane, uno dei più grandi sassofonisti della storia, non solo del jazz. A parte dischi dei D.F.A., Finisterre, Arti & Mestieri, simakDialog e Mahogany Frog, tutti gli altri hanno in comune la “legacy” con Soft Machine o Elton Dean. Ovviamente, anche se il nome della mia etichetta é ispirata a Robert Wyatt, è lo spirito di Elton Dean che mi ha portato avanti, lui mi ha presentato Hugh Hopper, John Marshall e Phil Miller, poi Hugh Hopper mi ha introdotto ai Delta Sax Quartet, conosco The Wrong Object attraverso Elton Dean, e così via. Una volta che Elton se ne è andato nei cieli a suonare il saxello per gli angeli, parafrasando il mio amico e scrittore jazz e rock cesenate Maurizio Comandini, é Hugh Hopper, con il suo straordinario spirito giovale ed esploratore/esplorativo, che mi permette di mantenere questo legame forte con la tradizione Canterburiana. Bisogna dire che Hugh Hopper é la figura più centrale della scena Canterburiana, da 45 anni, dai suoi esordi con il Daevid Allen Trio (assieme a Robert Wyatt) o Wilde Flowers (precursori/progenitori dei Soft Machine/Caravan). Dopo 45 anni di carriera e centinaia di dischi a cui ha partecipato, Hugh Hopper non smette di stupire e sorprendere, penso che nemmeno lui sappia quanti progetti ha in questo momento: Soft Machine Legacy, Brainville (con Daevid Allen e Chris Cutler), Bone (una band di avant rock di New York di Nick Didkowski, il chitarrista dei Dr. Nerve e di John Roulat, il batterista dei Forever Einstein), Soft Mountain (un progetto giapponese che era un quartetto con il defunto Elton Dean, adesso soltanto un trio, con due notissimi musicisti come il batterista Tatsuya Yoshida dei Ruins, Koenji Hyakkei e Sammla Mammas Manna, e il tastierista Hopi Komiyama), Colorphone (un quartetto francese), Clear Frame (con Lol Coxill, Charls Hayward e ospite Robert Wyatt), e 3 progetti con la MoonJune Records, come la sua band Numero D’Vol (con Charles Hayward, Simon Picard e Steve Franklin; cd uscito nell’estate del 2007), HUMI (con la cantante/pianista giapponese di avanguardia, Yumi Hara Cawkwell; il cd sta per uscire a Giugno di quest’anno) e, per finire, come ospite dei Delta Saxophone Quartet, non soltanto nel disco “Dedicated To You But You Weren’t Listening” (uscito a Novembre del 2007), ma anche nei concerti live. Non sarò in grado di mettere tutti i progetti di Hugh Hopper sulla mia etichetta, ma certamente continuerò la mia collaborazione con il grande Hugh su vari progetti. Sono legato ad Hugh da un rapporto di amicizia affettuosa: come lui, come persona e come artista, ce ne sono davvero pochi nel mondo. É lui la mia vera legacy artistica e spirituale ai Soft Machine e alla scena Canterburiana.


La musica progressive è nata più o meno quarant'anni fa, e il termine "progressivo" all'epoca aveva un determinato significato. Oggi molte cose sono cambiate nel mondo musicale, alcune barriere tra i generi si sono abbattute. Tu che sei sempre a contatto con gli artisti che animano la nuova scena, quale pensi che sia il significato del termine progressive oggi?

Certamente, 39 anni fa "nasceva" il rock progressivo. Per molti ciò avvenne con il celebre concerto dei King Crimson in apertura ai Rolling Stones nell'estate del 1969, ad Hyde Park a Londra, e con il loro primo disco “In The Court Of Crimson King”. Una band che certamente ha sconvolto il mondo musicale. Ma io non amo limitare la dimensione "progressiva" solo a queste band “ovviamente” progressive. Parlando della musica prima del 1969, io considero i Cream una band di rock-blues molto progressive. Considero un album di John Mayall del 1968, "Bare Wires", come un disco progressivo. Comunque, il clima della rivoluzione progressive si sentiva oramai a Londra e San Francisco sin dalla metà degli anni Sessanta. Le band inglesi come Moody Blues, Beatles, The Who, Pretty Things, Graham Bond Organization, o le band americane come Mothers of Invention, Doors, Jefferson Airplane, Moby Grape, Spirit, tutte facevano un suono nuovo che fluttuava come un'idea progressive sulla rivoluzione musicale degli anni 60. Prima dell'avvento dei King Crimson nel 1969, Brian Auger parlava di una specie di "progressive pop with jazz influence" sin dal 1967. Il celebre disco dei Beach Boys, "Pet Sounds" del 1966 era considerato come "progressive pop" da alcuna stampa inglese.

 Io sono amante della musica buona, pur essendo un grande collezionista della musica di quegli anni, non mi considero uno storico, ma io direi piuttosto che "progressive music" per me é qualsiasi musica che va oltre il banale ed ovvio e semplice.


So che spesso accompagni gli artisti in tour. Hai qualche prossimo spostamento in programma? E qualche storia divertente sulla vita on the road insieme agli artisti ?

Sono tornato di recente da un festival del rock progressivo che da 12 anni si svolge in una città di frontiera tra il Messico e gli USA, il BajaProg. Sono stato là con i New Trolls, due grandi concerti, uno senza l'orchestra facendo un repertorio prog, e l’altro con l'orchestra della Baja California ( uno stato della confederazione messicana confinante con California e Arizona) eseguendo quasi al completo la Trilogy, i tre “Concerto Grosso”. É stato un trionfo sensazionale, un'accoglienza strepitosa e calorosa dal pubblico per la maggior parte messicano, ma con moltissimi americani, canadesi, inglesi, oltre ai fans del genere venuti dalle varie regioni del Messico o dagli altri stati dell'America Centrale o America del Sud, addirittura qualche giapponese, norvegese e tedesco!. É curioso che questa splendida band sia amata nel resto del mondo non per quei dischi che hanno venduto di più e che hanno avuto il maggiore successo commerciale in Italia, a parte il Concerto Grosso 1, ma per quegli album che in Italia  hanno venduto molto meno degli altri, tipo "UT" o “N.T. Atomic System”. Ho visto moltissimi concerti negli ultimi 25 anni, e certamente i concerti dei New Trolls sono tra i migliori e i  più emozionanti a cui ho assistito.  Io mi diverto ad andare in giro per il mondo con le band, vado spesso  in Asia o America Latina, e vengo in Europa soltanto quando ci sono occasioni speciali. Io accompagno molte band inglesi, qualcuna americana e olandese, ma mi diverto molto quando ogni tanto incontro in Giappone, Corea, Stati Uniti o Messico le storiche band Italiane come appunto i New Trolls, la PFM, Arti & Mestieri e il Banco. Gli artisti con cui lavoro fanno tipi di musica diversa, vengono da background diversi, e hanno caratteri diversi. Sono stato oramai 25 volte in Giappone con 17-18 artisti diversi, ho fatto concerti in Corea, Indonesia, Singapore, Cina, ho girato tutta l'Asia orizzontalmente e verticalmente e vari paesi latinoamericani. A parte il mio profondo amore per l'Indonesia, uno dei paesi che amo di più in tutto il mondo, io ho un “pallino” nella testa:  aprire la strada alla musica che amo e con la quale lavoro in Cina.  

Io lavoro moltissimo con il leggendario chitarrista Allan Holdsworth, di cui sono una specie di manager ed il suo agente esclusivo da un paio di anni, e con i Soft Machine (Legacy) di cui sono il produttore/discografico/manager/agente/amico, e in qualche modo questi sono i due artisti a cui sono più legato.  

Sul versante Asiatico, quest'anno porterò a Ottobre in Corea i genovesi Latte E Miele che si sono appena riuniti, poi i Curved Air in Giappone a Gennaio, poi cerco di portare per la seconda volta in Giappone gli Arti & Mestieri. E alcune altre sorprese/reunions di cui non posso ancora dire niente. Saró coinvolto anche in un grosso festival del rock progressivo in Corea verso gli inizi dell’anno prossimo, ma siamo ancora nella fase embrionale. Poi sarà la volta di Allan Holdsworth che in Giappone ci va da trent’anni consecutivi, ogni anno e a volte anche due volte all'anno. Poi non vedo l'ora di ritrovare la PFM, magari l'anno prossimo li riporterò per la terza volta in Giappone dal 2002, la seconda volta in Corea e spero anche poter riuscire a portarli in Indonesia. Per me la PFM é qualcosa di molto speciale, grandi amici, band straordinaria, persone divertenti e gran bella musica. Poi qualche viaggio in America Latina e spero anche di venire piú spesso in Europa nel 2009. Di storie divertenti ne ho tante…


Quali sono le prossime pubblicazioni a cui stai lavorando?

Sono in uscita quattro dischi a cui tengo molto. Uno già menzionato di Hugh Hopper con la pianista e cantante di avanguardia giapponese Yumi Hara,  poi il nuovo disco in studio dei veronesi D.F.A., una mia scommessa personale su un gruppo di progressive fusion che ha raggiunto quasi un cult status tra gli ammiratori del genere. Poi, una grande scoperta, un giovane band canadese, Mahogany Frog, che praticano un post-rock progressivo, psichedelico e con il gusto per la improvvisazione. Infine ci sarebbe un disco live di Alex Maguire (che recentemente ha fatto parte di Hatfield & The North come tastierista e ha suonato a lungo con Elton Dean in vari progetti). Una registrazione fatta alla radio nazionale olandese con ospiti 5 musicisti del Belgio, 4 dei quali sono della band The Wrong Object. 

Nel cantiere, per l’Autunno, ci sarebbe un disco solista del caro amico Beppe Crovella che fará la propria interpretazione personale delle musiche di Mike Ratledge, un eroe e un mito personale sia di Beppe che del sottoscritto. Ci dovrebbe essere verso la fine dell’anno anche il nuovo disco degli indonesiani simakDialog, e una giovanissima band jazz-fusion israeliana, con influenze holdsworthiane, poi un “guitar-record” del funambolico Michel Delville, un power-trio, dove lui potrà esibire tutto il suo talento creativo, soprattutto come chitarrista, la band si chiamerà Blast3. Poi ci sarà anche qualche altra sorpresa.  Io amo la dimensione internazionale della mia etichetta. Sono un indipendente, ho una buonissima distribuzione in tutto il mondo, ma non é facile vendere dischi oggi, io faccio quello che amo. Io promuovo abbastanza, mando un sacco di cd promozionali  dappertutto, io non ho il limite di copie promozionali, mando 400-500-600-700, a volte, dipende dai casi anche 1000-1200 (quando ho lanciato il tribute To Jaco Pastorius). Le vendite dei dischi diminuiscono ogni anno, la gente non li compra come una volta, ma fortunatamente io ho 3-4 cd che vanno molto bene e aiutano quelli che vanno meno bene. Alla fine, l'etichetta mi dà delle soddisfazioni personali. Difficile arricchirsi con questo tipo di musica, il mio catalogo é ancora piccolo, appena 23 titoli, ma sta crescendo, tra un paio di anni forse sarò a 35-40 titoli. Meno male che ho altre attività, altrimenti sarebbe impossibile sopravvivere con la MoonJune Records.


So che sei sempre in movimento e che viaggi da un paese all'altro del mondo. Oltre a MoonJune ci sono altri interessi e attività che stai portando avanti?

Io amo viaggiare e, come dicevo, viaggio spesso in Asia. Mi affascinano diversi aspetti di quel continente: la storia, la cucina, le persone, le bellezze naturali. Quasi quasi nel 2004 mi trasferivo a Kuala Lumpur in Malaysia o ad Hong Kong, e ho ancora il pallino di viverci in un prossimo futuro, ad Hong Kong, magari a Singapore dove ho delle offerte di lavoro. Amo molto l’America Latina e ho anche nostalgia dell’Africa, dove manco da 20 anni.  


Giulia Nuti


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