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Robert Plant e Alison Krauss - Wembley Arena
Londra, 22 maggio 2008

“Buonasera. Benvenuti... beh non so esattamente di cosa si tratti, ma benvenuti ugualmente!”: con queste divertite parole di Robert Plant giovedì 22 maggio si è concluso a Londra, alla Wembley Arena, il tour europeo frutto della collaborazione più trasgressiva, anticonformista e inattesa del momento, quella fra Plant, former leader dei Led Zeppelin, e la stella del bluegrass Alison Krauss.
Nell’ottobre 2007 era uscito il loro disco, Raising Sand, acclamato dalla critica e vincitore di un Grammy Award, disco da due milioni di copie fortemente voluto da entrambi e prodotto dal genio preciso e appassionato di T Bone Burnett, nato inizialmente dal profondo amore di Plant per la roots music americana e dal suo desiderio di suonare country e bluegrass dopo anni di incursioni nella musica nordafricana.
È un disco di sintesi di “dark sexy americana”, un matrimonio musicale in cui non si può definire dove un artista finisce e l’altro inizia, un disco di musica immortale, contrapposta alla volgarità di molta musica popolare, che T Bone ha voluto a tutti i costi portare in tour con l’entusiasmo visibile di Robert Plant. È infatti parso immediatamente chiaro a tutti perché, per lui, un tour con la sua mitica vecchia band può anche aspettare. I molti brani in scaletta tratti da Raising Sand infatti risultano perfino migliori che nella versione perfetta e avvolgente del cd.



C’è Rich Woman, un blues paludoso che apre le danze di una notte in cui non si sa più dove siano i confini e ci si diverte a mischiare, a provocare, soprattutto a improvvisare avventurate inaspettate versioni. C’è il momento fortemente emotivo di Through the morning through the night – in cui Alison canta la parte destinata a voce maschile per infrangere l’idea che questi siano banali duetti – e quello dei brividi neri e disperati di Nothin’, capolavoro nichilista di T.Van Zandt, uno dei brani country più dark, riarrangiato però in chiave nordafricana con acuti di Robert in stile arabo, a conferma delle sue intatte capacità vocali, in una delle sue performance più ipnotiche e suggestive. C’è la dolce e impalpabile Killing the blues, la divertente Fortuneteller, una rinata e matura Please read the letter e la rockabilly Gone gone gone, ironica, incalzante, divertita, con tanto di sipario dorato anni sessanta strappato a sorpresa come nel video del brano omonimo. Che Plant si sta divertendo lo confermano due strofe di Gone cantate in stile Elvis, omaggio scanzonato al suo idolo di teenager!
Ci sono poi momenti indimenticabili presi dal repertorio individuale degli artisti, l’esibizione da pelle d’oca di Krauss con Down to the river to pray, con Plant che canta le armonie per la prima volta nella sua carriera con grande umiltà ed ego tutt’altro che rock, e un paio di hits dei Led Zep, la torrida Black dog, così sussurrata e insinuante da riemergere perfino più sexy dell’originale, un’incalzante, potentissima Battle of evermore, in cui Alison risveglia il fantasma di Sandy Danny e per finire, dopo un po’ di divertissement con One woman man, When the levee breaks, in una versione straniante possente e magica, con il fiddle e il contrabbasso a dominare gli strumenti e una conseguente interminabile standing ovation delle 20000 persone in visibilio.



Grati, Alison e Robert dedicano Your long journey al pubblico, quasi un augurio al loro viaggio musicale appena finito in Europa e da cominciare tra poco in america, e ridenti escono di scena.
L’energia di Plant, la sua curiosità e voglia incessante di imparare, la band straordinaria con il leader T Bone Burnett e la voce duttile e angelica di Alison Krauss hanno dato vita a quello che molti dei presenti hanno definito il più bel concerto a cui hanno mai assistito e mostrano come Plant si trovi “a casa” in generi musicali mai sperimentati prima, divertito e sollevato dal poter non essere un eterno karaoke di se stesso e della sua celebrata leggenda; il suo divertimento parla di un artista felice di essere esattamente nel luogo musicale, senza confini, in cui desidera essere e dove forse molti in questo momento vorrebbero non fosse! un luogo in cui sembra volersi fermare ancora un po’, essendo questo viaggio davvero appena cominciato.

Roberta Guiducci

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