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Teenage Fanclub – Man-Made
(Merge/Audioglobe)
www.teenagefanclub.com



Fra tutti i gruppi inglesi meritevoli, pochi hanno sofferto la criminale mancanza di attenzione patita dai Teenage Fanclub. Attivi da più di tre lustri, i Fanclub hanno debuttato con l’immediato classico Bandwagonesque, ovvero il ritorno del power-pop, capace di fondere Big Star e Roger McGuinn in un sol colpo da maestro. Erano gli anni classici della Creation, forse l’etichetta indipendente più decisiva nella storia del pop d’Albione, e l’album fu ben lodato dalla critica, tuttavia prodiga di copertine solo per gli altri cavalli della scuderia, Primal Scream e My Bloody Valentine, che avevano dischi altrettanto forti e (forse) storie più interessanti da raccontare. Da allora sono passati 14 anni e la Creation non esiste più, ma la creatura di Norman Blake, Gerard Love e Raymond McGinley è ancora in giro, senza aver perso quell’innato senso melodico che ne ha sempre caratterizzato le gesta. Non è infatti irragionevole affermare che i ragazzi di Glasgow debbano ancora pubblicare un disco brutto, anche se la loro proposta non possiede più la freschezza di una volta, e Man-Made ne è l’ulteriore conferma. Più quieto del solito, e addirittura registrato nello studio di John McEntire a Chicago, Man-Made è stato senza dubbio concepito tenendo a mente gli ottimi risultati raggiunti da Yankee Hotel Foxtrot dei Wilco, dove un gruppo apertamente classicista si è messo nelle mani di un produttore (Jim O’Rourke) capace di maneggiare sia l’avanguardia che la tradizione. Come accade nell’album dei Wilco, la mano “avanguardista” del produttore non va ad incidere la struttura delle canzoni, occupandosi più che altro di creargli intorno un ambiente sonoro appena più moderno. Niente di veramente nuovo sotto il sole, e di certo niente che abbia a che vedere con il gruppo di McEntire, i Tortoise, se non che stavolta i ragazzi hanno lasciato quasi completamente in soffitta l’elettricità. Emergono i consueti echi byrdsiani in Nowhere Going, così come le ben note tentazioni psichedeliche di Born Under a Good Sign, mentre la scrittura immacolata e i cori di Save avrebbero due o tre cosette da insegnare ai più giovani Travis. Atmosfera solare, con molto piano e chitarre acustiche in bella mostra (Life Without You, Only With You) e titoli che alla fine rimandano sempre all’amore, Man-Made è l’ennesimo disco solido da parte di un trio di songwriter che ha studiato bene i classici, ed è senza dubbio consigliabile a chi ha seguito la band lungo il suo percorso. E’ chiaro che non vincerà nuovi fan, ma quello in fondo era un compito affidato a vecchi capolavori come Bandwagonesque o Grand Prix.

Bernardo Cioci



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