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Enzo Carella - Ah Oh Yè Na nà
(Sony/Bmg)

Torna uno dei cantautori italiani più originali degli ultimi 30 anni, il romano Enzo Carella, trampolino di lancio sin dagli esordi per la penna di Pasquale Panella che ad Enzo deve una vita di successi e di soddisfazioni.
Carella, naif, virginale, assolutamente trasparente, nonostante l’amore della It e della RCA che credeva moltissimo in lui, non seppe tener testa al secondo posto di Sanremo 1978 - con la straordinaria “Barbara” - e a dispetto della simpatia che canzoni come “Malamore” e “Fosse Vero” produssero presso il popolo delle radio libere, dopo un terzo album (“Sfinge”, 1981) prodotto da Elio d‘Anna, ex Osanna, mollò il colpo.
Richiamato a gran voce da quelli che si ricordavano di lui con affetto e rispetto e da una accreditata community - nascosta, quasi carbonara - di fans della prima ora, Enzo tornò a farsi ascoltare con un Ep (“Carella De Carellis”) e poi con un album (“Se non cantassi non sarei nessuno” del 1995), solo per sprofondare ancora una volta fra i suoi quadri, i suoi disegni, le sue cose.
Spiegare chi era e chi è Enzo Carella non è cosa impossibile visto l’originalità e la identificabilità del personaggio. Dal punto di vista più prettamente musicale Carella ancora abbina ai testi assolutamente inusuali di Panella, un talking blues che non aveva, ne oggi più che mai ha, uguali da noi se non nelle corde del nostro più importante cantautore di sempre, l’originalissimo Lucio Battisti che non a caso per primo si accorse di Panella e di Enzo.
Il sound era un altro punto forte del Carella’s music style : un proto funk romano ben congegnato; quello stesso che avrebbe poi fatto grande gente come Mike Francis e che affondava le proprie radici in gruppi come i Goblin e che si fondeva perfettamente con metriche dal carattere sperimentale.
Carella e Panella ripartano oggi con “Ah Oh Ye’ Nana”, lì da dove si erano separati: stessa idea di un bel suono corposo - i riferimenti si sprecano! - stessi testi di una volta che, con l’abitudine sviluppata dal nostro udito allo stile di Panella, non suonano più poi così impossibili bensì ”un mondo a parte”.
L’album è pieno di brani di ottima qualità che seguono alla perfezione gli stilemi originari : la partenza senza dubbi di “Oggi Non è Domani” che cita la ritmica di “Malamore“, “Basta il Pane“ con un testo alla Michael Franks di “Eggplant”, il tempo e l’organo alla Donald Fagen e la citazione pianistica di “I Can‘t Go for That“ di Hall & Oates, brano alla ricerca di un remix che spacca!, “La Spina“ con i fiati alla Memphis Horns, la filosofica “Banalità” uno dei migliori connubi musica e parole dell’intera storia della coppia.
Si conclude a tempo di reggae con “La Canzone su di Me” con la sensazione di un bel ritorno, di aver ritrovato un amico perduto per quanti lo hanno invocato a lungo e per il nuovo (speriamo numeroso) pubblico con la percezione di aver davanti una coppia unica il cui talento è strettamente correlato e attraversato da un unico DNA di cui solo loro conoscono le coordinate.
Piace, in ultima pagina del booklet veder riapparire il marchio RCA, a testimonianza di quanti certi fasti creativi siano stati, ma ancora possono essere, opera delle persone che fanno le aziende e non viceversa.

Ernesto de Pascale

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