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Ernesto De Pascale intervista Giovanni Tommaso per Il Popolo del Blues, 4.5/2007

E: Ernesto De Pascale
G: Giovanni Tommaso

E: Benvenuti al Popolo del Blues, ho un'ospite al mio fianco straordinario che ringrazio moltissimo, è uno dei nomi più celebri del jazz italiano, un personaggio sulle scene da tantissimi decenni, nonostante sia il più vecchio teenager in circolazione, Giovanni Tommaso.
G: Buon giorno Ernesto, buon giorno ai tuoi ascoltatori

E: Allora Giovanni io ti ringrazio tantissimo anche perchè in occasione del tuo più recente album hai voluto proprio..così..contattarmi per poterlo commentare insieme, è un evento importante nella tua lunghissima discografia perchè, a 30 anni dallo scioglimento del gruppo elettrico per eccellenza del jazz-rock italiano, il Perigeo, hai fatto questo album con questo nome, Apogeo, che mi pare voglia raccontare tante cose. Registrato dal vivo alla “Casa del Jazz” a Roma pochi mesi fa, questo album vede Giovanni Tommaso con una serie di musicisti giovani di grandissimo talento e con un occhio, e qui appunto rivolgo la domanda a Giovanni al passato prestigioso di quello che è stato il gruppo leader negli anni '70 che fondeva le esperienze jazz di Giovanni e di altri straordinari musicisti, Franco D'Andrea, Claudio Fasoli, Bruno Biriaco, del più giovane americano fiorentino Tony Sidney e il feeling del rock che chiaramente negli anni '70 viveva una stagione straordinaria.
Mi pare di capire da questo album che tu hai voluto riproporre con lo spirito di oggi le cose migliori di un periodo che spesso e volentieri, non voglio dire venga cancellato, ma voglia essere un po' dimenticato, tanti musicisti che negli anni '70 hanno suonato anche jazz-rock poi si sono spostati nel jazz più alto, più nobile e così hanno tralasciato, hanno un po' dimenticato …. mi viene in mente un nome: Charles Loyd che addirittura negli anni '70 suonava con i Beach Boys, ha fatto dischi con una certa elettricità. Allora che cosa è successo, che cosa c'era alle spalle di questa tua intenzione di mettere insieme questo sound e questa produzione?
G: Diciamo che le analogie con il Perigeo, alcune sono anche troppo ovvie, basti pensare al nome che ho dato al gruppo, è chiaro.
Tra l'altro così, per evitare qualche erronea interpretazione, per Apogeo intendo... tu sai che il perigeo è il punto più vicino alla Terra di un'orbita che gira attorno ad essa e apogeo invece né è il punto più lontano. Ora io con questo non intendo di usare poi simbolismi per significare Apogeo è meglio di Perigeo perchè è più alto... No?.
Intanto sono passati 30 anni dallo scioglimento, io sciolsi il gruppo nel '77 quindi sono più anziano, ahimè, di 30 anni. In questo senso già mi colloco in una posizione più alta, perchè già numericamente gli anni sono quelli che sono, però detto questo...


E: Sei anche più saggio..
G: Mah, su questo non ne sarei certo, io ho un concetto forse personale sulla saggezza che è quello che saggi sono quelli che invecchiando continuano a fare più errori di prima perchè insomma purtroppo la saggezza si valuta in alcune sfumature.
Comunque, venendo a noi, c'è questo fatto, come appunto ti dicevo, del tempo che scorre e poi c'è un'altra analogia diretta, è l'organico. Io avevo sax e chitarra col Perigeo e sax e chitarra lo sono anche adesso. E' vero che la sezione ritmica è pianoforte e non piano e tastiere; è vero che il contrabbasso è solo contrabbasso e non è contrabbasso e basso elettrico com'era allora. Però, diciamo, l'invenzione, se mi è concesso, perchè io non avevo riferimenti allora, l'invenzione di sax, tenore e chitarra, mi sembrava che fosse arrivato il momento di riproporla perchè è un sound a cui sono molto legato.
Naturalmente con qualche differenza.
Ora io posso buttare giù qualche considerazione: intanto credo fermamente che la musica sia sempre figlia del proprio tempo quindi è impossibile estrapolare uno stile di musica, suonato di una certa epoca, e estirparlo e trapiantarlo in un'altra epoca perchè anche se fai del revival come si fa oggi spesso, il sound è diverso, perchè cambiano i suoni attorno a noi, cambiano i ritmi, cambia la vita, la tecnologia che influisce sul sound. Chi fa post-bop oggi, col cavolo che ha quel sound là, non ce lo potrà mai avere, potrei entrare in ragioni tecniche: gli strumenti, le corde, non c'erano pickup c'erano solo microfoni, se c'erano.

E: L'analogico, il digitale...
G: Esatto, insomma, le motivazioni sono tante per cui io credo, di nuovo come dicevo prima, che ogni musica sia figlia del proprio tempo, però andare a pescare i motivi ispiratori anche nel proprio passato, io lo ritengo del tutto legittimo perchè oggi inventare ex-novo un nuovo stile è impresa molto difficile.
Quello che si fa oggi è di mettere insieme reminescenze più o meno vicine, filtrate dalla propria sensibilità, dalla propria personalità e uscire con qualche cosa che, diciamo, si potrebbe dire nuovo.
Io, per chiudere, finire la risposta, forse immodestamente, ma d’altronde confesso solo le mie intenzioni, nelle mie intenzioni c'era di ritagliarmi uno spazio mio che mi sembra mancasse oggi nel panorama jazzistica in senso lato.
Se ci sono riuscito o meno lo deciderete voi però avevo bisogno di rompere certi schemi così come, questa e poi veramente chiudo, questa è l'analogia forse più forte che è nascosta ma adesso la rivelo, è il desiderio di rompere alcuni schemi a cui mi sono affezionato, vedi per esempio il progetto cinema che comunque quando me lo chiedono, dopodomani per esempio a un concerto, lo continuo a fare perchè lo amo molto.

E: Ricordo un disco, La Dolcevita ( Cam Jazz ), un grande successo.
G: Certo, mi ha dato tante soddisfazioni, e per altro sono stato anche il primo a fare musica jazz con il cinema, quindi figuriamoci se non ci sono affezionato, però sento, come allora, una grande necessità di rinnovamento e di rompere qualche schema che automaticamente era venuto fuori e quindi queste sono secondo me le analogie più forti con il vecchio Perigeo che per altro ho amato moltissimo.
E: Allora, abbiamo amato moltissimo anche noi di una generazione cresciuta con questo gruppo, ti faccio un'altra velocissima domanda. In molti sono e sono stati quelli che ti hanno chiesto di riformare quel gruppo?
G: Sì sono stati moltissimi..

E: Giovanni annuiva con la testa in silenzio, ha chiuso un attimo gli occhi eheheh….
G: .. perchè ti posso confessare che alcune di queste proposte di ricostituzione erano molto allettanti, ma molto.
Io ho resistito per il semplice fatto, non è che mi merito premi o mi attribuisco chissà quale ringraziamento, no, è che nel '77 ho sciolto il gruppo in un momento in cui potevamo capitalizzare finalmente il successo che avevamo, cosa che non abbiamo fatto a tempo a capitalizzare da un punto di vista economico perchè c'era la situazione che tu ben sai..

E: Certo, era il periodo delle autoriduzioni e venivamo fuori dal periodo difficilissimo del petrolio, la musica cambiava, c'era l'avvento del punk, c'erano tante cose che stavano modificandosi, correggimi se sbaglio.. e con grande coraggio, ricordiamolo, agli ascoltatori più giovani del Popolo del Blues, il Perigeo si seppe muovere andando oltreoceano, lavorando in America per l'ultimo album, immagino un'esperienza straordinaria..
G: Per noi sì, per noi sì, quindi ti dico...

E: Fu una decisione dura?
G: Fu una decisione dura, però la presi con molta determinazione, sorprendendo anche i miei carissimi amici fraterni del gruppo perchè sentivo un'aria che sarebbe arrivata, non era ancora arrivata, ma sentivo odore di routine nella musica, come dire, di assuefazione. Siccome sono fondamentalmente animalesco io, come istinto, e ho una cieca fiducia nel mio istinto, preferisco chiudere una storia prima che si esaurisca, che mi potrebbe addirittura provocare disinnamoramento.
Questo è un concetto che uso anche nella mia vita, nei rapporti con le donne faccio per dire, per generalizzare, prima che la cosa si deteriori cambio strada, e così fu. La cosa bizzarra è questa però che, pura avendo sciolto il gruppo in un momento, come ti dicevo, in cui potevamo portare in casa dei risultati economici, però la storia poi si è evoluta in una maniera interessante perchè i dischi del Perigeo continuano a vendere, le royalties mi continuano ad arrivare, i diritti d'autore, a volte con dei picchi, come l'anno scorso, tipo 5-6mila album in tutto il mondo, non c'è un paese dove non c'è scritto nel semestre SIAE. Cioè, adesso esagero, ma insomma Australia, Giappone, Sud America tutto, vado in tourneè in Messico e mi portano i dischi del Perigeo da firmare, vado in Australia...
I miei ragazzi, Danilo Rea, Scannnapieco mi dicevano: “Giovanni, ma li hai portati te?”, dico “No guarda veramente non li ho portati” quindi nel tempo siamo stati ripagati di quello che ci è stato tolto.

E: E diciamo anche, per concludere questa conversazione, che quando il Perigeo terminò la sua avventura, lo terminò andandosi ad inanellare con un momento musicale straordinario che li vide nell'ultimo periodo insieme a dei giovani musicisti sul palcoscenico e ad altri artisti, ne voglio dire uno a cui Giovanni fu molto legato: Rino Gaetano.
E questo fu un altro segnale di cambiamento, ma adesso per ricordare a tutti coloro i quali non sappiano, non abbiano ascoltato, non ricordino che cos'era il Perigeo dal vivo, io vi faccio ascoltare una registrazione di un album postumo, registrato a Montreux, nel 1975, ed essendo la musica dal vivo, penso che Giovanni ci potrà dire che quanto è stato suonato, è stato riportato esattamente sul disco.
G: Assolutamente sì, questo sì, tale era e tale è rimasto.

E: Tale era e tale rimane, con un altro dei temi più belli, secondo me, di questa formazione, un altro di questi temi straordinari, oserei dire un tema alla Giovanni Tommaso, quello di Via Beato Angelico, qualche cosa che le persone nel feeling del jazz-rock hanno trovato qualche cosa a cui avvicinarsi, quello che gli americani chiamano hook, il gancio del tema.
Questo era il Perigeo, e quello di oggi è l'Apogeo. Senti Giovanni, questo finale vagamente hendrixiano con i feedback e col basso distorto dal live a Montreux 1975 del Perigeo come era preso dagli americani? che cosa vi dicevano quando avete condiviso il palco con gente tipo i Weather Report e altri gruppi ? si sentivano un po' esautorati o avevano il rispetto, che è una delle grandi cose nella musica e nella vita?
G: Certo, il rispetto fortunatamente lo abbiamo praticamente sempre avuto però all'epoca del tour europeo con i Weather Report, il signor Zawinul ci ha rotto le scatole ogni giorno, veniva da me e mi diceva “Sai qui eh..”, insomma cercava di scalzarci, poi il giorno dopo ci ritrovavamo nello stesso aereo e lui si sedeva sempre accanto a me e mi diceva “Nothing personal Giovanni”, niente di personale insomma, ma tu capisci che voi suonate la prima parte, state nella sfera musicale nostra, siccome avete molto successo, quando arriviamo noi non è la stessa cosa come se noi entrassimo da nulla, e quindi devi capire.
Sì, io ti capisco ma noi abbiamo un contratto col mio manager che ci ha messo dentro sta cosa, e mi dispiace per te ma è così. Solo a Parigi riuscì a scalciarci, a farci fuori, invocando una specie di norma sindacale dove si diceva che l'intervallo tra il primo e il secondo tempo non poteva superare 15 minuti. E allora lui disse: beh è ovvio che non potete suonare perchè noi per sistemarci abbiamo bisogno minimo di 25 minuti, raccontò un po' di balle e tornammo a casa, però fino a lì abbiamo venduto la pelle cara.

E: Allora i giovani che suonano con te, perchè di giovani si sta parlando nella tua formazione, Daniele Scannapieco, lo stesso Bebo Ferra in fin dei conti, e poi Claudio Filippini e Anthony Pinciotti, ti fanno mai domande, visto che suonano in questo progetto di Apogeo, rispetto invece a quello che era appunto il progetto del Perigeo?
G: Guarda, a parte Anthony, che è americano, quindi non sapeva dei miei trascorsi se non per essere andato a spulciare internet ed allora era preparato quando è venuto in Italia sul mio passato, ma gli altri hanno tutti dischi miei del Perigeo, mi dicono di essere cresciuti con quei dischi lì.
Allora io faccio li conti anagrafici e mi chiedo come sia possibile, e loro, uno dice mio padre, l'altro dice mio fratello più grande, l'altro dice comunque mi sono documentato, loro comunque conoscevano la musica e la storia del Perigeo.
Quindi quando io li ho proposto di far parte di questo gruppo e che l'avrei chiamato Apogeo, li brillavano gli occhi perchè secondo loro era già una gratificazione entrare in un gruppo che sapore di storico ce lo potrebbe anche avere.

E: Certo. Allora torniamo all'album che hai registrato il 21 marzo 2007 alla Casa del Jazz a Roma e andiamo a questo bellissimo tema che si chiama GiroVagando. Fu una serata emozionante per te, per voi, come andò?
G: Ti dico solo questo: mi hanno telefonato ieri i ragazzi del mio gruppo - che dopo se tu me lo consentirai mi farebbe piacere spendere 2 parole per tutti, perchè sono dei musicisti e dei ragazzi splendidi – mi hanno telefonato tutti non solo per dividere con me questa gioia e farmi tanti complimenti sulla musica, che poi non si rendevano conto li stavano facendo a loro stessi, ma la sorpresa è stata che mi hanno confessato tutti, questo è stato proprio all'unisono, mi hanno detto: “Giovanni, eravamo così preoccupati della musica, che era molto impegnativa, che non avevamo capito niente di come stava andando, non ci siamo resi conto se era buona, se non lo era, abbiamo suonato bene, non abbiamo suonato bene” quindi quando lo hanno ascoltato ieri per loro è stata una rivelazione, ed è la stessa sensazione che ho avuto io perchè anch'io ero molto preso dal suonare, dal ricordarmi, eccetera.

E: Senti, allora, tu prima dicevi vorresti parlare dei musicisti, anche io vorrei che tu spiegassi anche per un progetto così delicato in fin dei conti, perchè comunque sia è un progetto facile da pensare per chi ha già fatto qualcos'altro ma difficile per riportarlo parallelamente allo stesso status, alla stessa altezza.
Quali sono stati i parametri con cui tu hai scelto questi musicisti, raccontandoceli uno per volta?
G: E’ una bella domanda, complimenti.
Il fatto è che credo fermamente che una delle qualità più importanti di un leader sia quella di sapersi circondare dei musicisti più giusti, per usare una parola schietta, per il progetto che si va a fare.
Ora, uno potrebbe pensare: scegli i migliori musicisti, li metti insieme e il gioco è fatto. E' fatto ma non sempre, non sempre perchè come appassionato di calcio della nazionale italiana ti dico che non basta prendere i migliori e metterli insieme, a volte fai delle pessime squadre, basti pensare all'Inter di tutti questi anni, povero Moratti che ha speso miliardi e miliardi e non ha combinato nulla. Soltanto in questa stagione ha chiuso il cerchio in Italia, perchè poi in Europa ha fallito, ma non vorrei parlare troppo di calcio sennò mi dici ma guarda che questa è una trasmissione ... Comunque non basta prendere i migliori, bisogna domandarsi qual è il ruolo che tu vorresti affidare a questo strumento? Una volta trovata la risposta, allora e solo allora, ti dai da fare per cercare il musicista ideale che deva svolgere questo ruolo.
Ora non vorrei che qualcuno pensasse allora tu vuoi relegare il musicista a un ruolo, no, io sto dicendo a un ruolo all'interno di questo mio progetto musicale, poi la qualità immediatamente successiva alla prima che ho appena detto è quella di dare il giusto spazio a tutti i musicisti affinché si identifichino nel progetto e ti diano quel qualcosa in più che altrimenti suonando la musica di qualcun altro non sempre ti danno i musicisti, ti danno molto però a un certo punto è come se ci fosse una linea di demarcazione, e da qui in poi è una cosa sua, e lì io ho finito quello che dovevo dare. Invece in questo caso qui avendo scelto dei ragazzi che suonano benissimo intanto il proprio strumento, che sono dei jazzisti formidabili, con le orecchie sempre aperte, mi hanno dato la conferma che la mia intuizione era giusta, ovvero sia musicisti duttili, al di là del talento che, è ovvio, traspare anche dalla loro carriera, anche se qualcuno ha cominciato da poco e ti dirò in particolare chi, però il loro talento è ovvio.
In questo caso qui mi hanno mostrato la conferma della loro duttilità, del loro spessore umano, che secondo me è fondamentale nella vita e nella sopravvivenza di un gruppo, e un entusiasmo anche lì secondo me fondamentale e soprattutto questa sete di ricerca e di interplay, come lo chiamiamo noi, cioè tu suoni il tuo strumento, cerchi di fare bella figura, ma ascolti gli altri, dai agli altri qualcosa, c'è questo interscambio, se non c'è questo i gruppi non si possono chiamare tali, sono un complesso di elementi messi insieme ma il gruppo è un'altra cosa.

E: Ecco, diciamo una cosa in più per aiutare gli ascoltatori e magari per i ragazzi che suonano e ci stanno ascoltando, c'è una grande differenza, correggimi se sbaglio, fra fare un gruppo e mettere insieme invece un quartetto.
G: Ma certamente!
Nel jazz la storia lo dimostra perchè attenzione si può fare ottima musica vedendosi a teatro alle 6 del pomeriggio, mentre il tecnico fa il soundcheck, tu provi la musica, metti sì e no dai qualche parte, a volte nemmeno le parti, si suona musica standard che più o meno tutti conoscono e qualche volta miracolosamente esce fuori un concerto memorabile.
Però questo concerto lo è sopratutto quando si basa sulle individualità, che nel jazz sono fondamentali, però non si può parlare di vero e proprio gruppo in quel caso li, perchè manca una strategia pensata prima, meditata, mancano le composizioni originali che nel caso mio sono fondamentali, principalmente perchè attraverso la mia scrittura, le mie composizioni, io mi ci identifico meglio nella musica, la suono più volentieri, riesco più a far capire dove voglio andare. Non è presunzione.
Quindi la differenza è in questo, poi suonando ripeto musica standard, gli standard del jazz, le grandi canzoni che vengono dal repertorio dei grossi compositori americani della storia della musica leggera o della rivista del musical americano, ecco attraverso l'utilizzo di quel repertorio si può fare un bellissimo concerto ma torno a dire il gruppo ha bisogno di un po' di preparazione e un po' di affiatamento.

E: Ti faccio un'altra brevissima domanda : all'epoca del Perigeo, questa unità che si sentiva dai dischi, si vedeva dai concerti, e parlo non da persona adulta, non da giornalista, non da critico musicale però parlo con lo spirito del quattordicenne che ha visto il Perigeo per 32 volte, forse 31, forse 33, vi siete qualche volta pesantemente, scusa il francesismo, scazzati fra di voi, uscendo da una stanza, chiusi a chiave e portando però fuori qualche cosa in più?
G: Mai, mai, mai.
Questo non è mai avvenuto, non so dirti perchè.

E: E' una cosa straordinaria la risposta che mi stai dando.
G: O meglio, forse perchè... cito, senza fare torti a nessuno, come simbolo, una persona del talento, dello spessore e dell'educazione di Franco D'Andrea è difficile trovarla, con una persona di questo valore come puoi litigarci? E' impossibile, è impossibile.

E: No Certo, è un grandissimo gentleman, lo è sempre stato.
G: No, il feeling diciamo che...Ci sono stati 2 o 3 momenti di tensione dove io mi sentivo autorizzato a chiarire alcuni punti che magari nel tempo si stavano perdendo, ma era un richiamo più che altro.

E: No ma questo è bello ed è anche importante per gli ascoltatori che ci seguono.
Ti faccio un'altra piccolissima domanda a latere perchè poi magari queste domande poi passano…
G: …. Mi permetti soltanto diciamo una coda a questo discorso che ti ho appena fatto?

E:…certamente …
G: …a dimostrazione di quello che dico, cioè del fatto che noi 5 siamo rimasti amici fraterni?….
Con D'Andrea abbiamo riformato gruppi insieme, un trio con Roberto Gatto, che ha fatto 2 cd e molti concerti. Con gli altri ci vediamo un pochino meno ma ci vogliamo molto bene.
Con Biriaco, che si è rimesso a suonare, ci siamo visti alla Casa del Jazz qualche settimana fa in occasione di una commemorazione di Picchi e Pepito Pegnatelli e abbiamo risuonato un pezzo insieme, lo invitato io, è venuto ed ha suonato bene, insomma c'è un rapporto che credo la dica lunga su come siamo stati bene insieme.

E: Siete riusciti, come gruppo allo stesso tempo in quel periodo ed erano anni comunque complessi, anche perchè la discografia in quel periodo aveva un suo peso, a arginare magari invece quelle che erano sollecitazioni non esattamente consone a ciò che voi eravate? Gli anni '70 erano un po' diversi da oggi.
G: Sì diciamo che qualche proposta l'abbiamo proprio scartata, adesso in particolare tu accennavi a Rino Gaetano e ad altre cose, però farei una differenziazione: con il Perigeo la concessione, chiamiamola così, più vistosa verso la musica leggera l'abbiamo fatta in occasione della registrazione di una commedia musicale che si chiama Alice, sulla falsa riga di Alice nel Paese delle Meraviglie, che non è mai diventata commedia musicale. C'era Lucio Dalla, Anna Oxa, Rino Gaetano, c'era Nino Bonocore, c'era Maria Monti, c'era Jenny Sorrenti e non mi ricordo chi altro ma insomma personaggi grossi della musica italiana. E questa commedia non si è mai fatta.

E: Però si è fatto l'album..
G: Fu il vecchio Melis che volle questo progetto..

E: .. era il presidente della RCA, ricordiamolo, Ennio Melis.
G: Esatto, il talent scout, l'inventore della RCA. Volle questo progetto, comunque nonostante la commedia non fu mai realizzata, volle pubblicare il disco che vendette 100 copie, perchè c'era un voce, della Iaia Fiastri, che era una voce itinerante che doveva spiegare la commedia, la misero nel disco, cosa che già non si faceva più all'inizio degli anni '80 quindi quella fu la concessione. Invece altre cose che io ho sperimentato con un gruppo subito dopo, che chiamai New Perigeo ma durò pochissimo, facemmo addirittura quello che si chiamava allora Q-concert, che era un tour a 3 nomi con Riccardo Cocciante, Rino Gaetano e New Perigeo.

E: Bene allora torniamo all'album dell'Apogeo.
C'è un brano che ha un titolo secondo me straordinario, si intitola Tempi Duri ma è meraviglioso no perchè penso che comunque sia per un jazzista in generale, i tempi duri non passino mai fino in fondo, correggimi se sbaglio, dopo tanti anni di attività.
G: Ci sono i tempi in cui squilla meno il telefono, i tempi in cui soffri di complessi di abbandono, un po' di gelosia, tutti i musicisti ne hanno sofferto, oppure una crisi creativa, guarda i tempi duri esistono ma in questo caso è un gioco di parole.

E: Certo certo, allontana il tempo duro.
Ascoltando la musica dell’Apogeo mi stavo complimentando con Giovanni Tommaso per il suo trademark of quality, nella scrittura di questo brano che si intitola Tempi Duri, ed è tratto dall'album registrato il 21 marzo 2007 alla Casa del Jazz a Roma col gruppo Apogeo.
Giovanni, questo era un brano che metteva in mostra le qualità devo dire, anche il talento di questo batterista statunitense che si chiama Anthony Pinciotti.
Allora vorrei che tu ce ne parlassi visto che è un nome assolutamente nuovo sulle scene, a fronte dei vari Daniele Scannapieco oppure Bebo Ferri.
G: Certo, tra l'altro prima ero io ad averti chiesto se potevo parlare un po' dei ragazzi, che stimo moltissimo, però poi ho parlato della loro scelta, della strategie di scelta ma non ho parlato di loro come musicisti.
Allora cominciamo a dire qualcosa su Anthony appunto che, tra l'altro, guarda caso si chiama Anthony anche Tony Sidney, chitarrista del Perigeo; vedi i giochi, corsi e ricorsi. 4 italiani e un americano, e per giunta italo-americano, Tony è figlio di una mamma di origini credo napoletane o giù di lì se non ricordo male e un padre che era americano. Anthony è figlio, uno dei suoi genitori è di seconda generazione italiana, le origini sono mezze dei colli romani e mezze del sud, non so bene dove.
Comunque Anthony l'ho sentito a una convention di jazz che si svolge negli Stati Uniti ogni gennaio che si chiama IAJE. E' una convention di educatori di jazz che vengono da tutto il mondo e ogni anno cambia città, era a New York nel 2006 e io sono andato a sentire la finale del concorso di Montreux che ogni anno si tiene lì durante questa convention e c'era un sezione ritmica per accompagnare i tre finalisti, tre pianisti in quanto era un concorso dedicato ai pianisti. Ed era una ritmica newyorkese, formata quasi dal sindacato, c'era un basso e una batteria presi proprio dall'unione musicisti e non hanno fatto nessuno di loro un assolo, proprio hanno fatto un ruolo molto umile di accompagnatori..

E: Sideman.
G: ..perchè si trattava di giudicare i pianisti. Eppure io da come ha suonato sto ragazzo in un pezzo, mi sono detto: io questo devo andare a conoscerlo. Finito il discorso, andato dietro, gli ho dato il mio biglietto da visita, gli ho chiesto se gli poteva interessare di venire in Italia a fare qualche cosa e lui mi ha detto certamente. Ci siamo salutati, mi sono rifatto vivo al telefono, m'ha dato la sua card, il suo biglietto da visita, l'ho chiamato al telefono 9 mesi dopo nel settembre-ottobre dell'anno scorso e gli ho detto se voleva venire a fare questo progetto e lui ha detto guarda ci avevo rinunciato perchè non ti sei più fatto vivo, ha aderito subito, gli ho mandato i provini al computer e poi è venuto e si è rivelato fantastico e sono doppiamente felice perchè non essendo un nome, ancora, è quella soddisfazione in più di aver scoperto uno sconosciuto.


E: E' certo, è la soddisfazione del talent-scout.
Cosa accadde con Tony Sidney quando nacque il Perigeo?
G: Con Tony Sidney accadde che avevamo fatto ... io avevo chiamato per primo Franco D'Andrea per formare il gruppo, poi Bruno Biriaco, abbiamo fatto esperimenti in trio, poi si è integrato, abbiamo inglobato Claudio Fasoli al sax, e abbiamo fatto una serie di provini a diversi chitarristi, uno più bravo dell'altro ma erano jazzisti ortodossi, che non si muovevano da dove provenivano.
Io invece avevo bisogno di un elemento di rottura, un elemento che portasse a noi quella cosa che a noi mancava, io ce l'avevo un po' per i miei trascorsi da turnista, da esperienze varie con quella musica ma gli altri non avevano nessuna esperienza di quel tipo lì, e quindi avevo bisogno di quell' elemento di rottura.
Allora ho fatto il giro, ho fatto un giro d'Italia, sono stato anche a Londra, forse non ho avuto fortuna o meglio forse ne ho avuta perchè non ho trovato nessuno.
Sono tornato in Italia, sono andato a Firenze, ho fatto una mappa di posti dove andare, entro allo Space Electronic e sento un trio che suonava benissimo, con un chitarrista tipo Jimi Hendrix, tipo questa genia di chitarristi, sono andato, mi sono presentato, ci siamo visti il giorno dopo, è venuto a Roma a fare un provino and the rest is history come dicono in gergo, il resto è la storia.
E' entrato nel gruppo e siamo felici che sia stato lui.

E: Senti, tu ti muovevi già oramai da anni in casa RCA, sia come tournista che come arrangiatore, avevi già fatto altro dischi, ma l'acquisizione, parliamone oggi che non esiste più la discografia, la musica indipendente, ci sono soluzioni diverse, appunto un album come questo di Apogeo viene poi pubblicato da un grande gruppo editoriale piuttosto che da una casa discografica.
Dico, per avere il marchio RCA su un disco, un marchio di prestigio assolutamente internazionale, per un gruppo strumentale, era un a cosa che poteva accadere sì negli Stati Uniti, i Weather Report su Columbia, piuttosto che la Mahavisnu Orchestra, ma in Italia non era così semplice, quale fu la molla che fece scattare il meccanismo che permise a una discografia, comunque sia, di investire dei soldi su un gruppo nuovo, strumentale?
G: Credo che sia dovuto a 2 fattori, ben precisi: uno è la mia frequentazione con la RCA, io facevo parte del Quartetto di Lucca, un gruppo della mia città.

E: Sì, e scusa se ti interrompo, uno dei primi gruppi ad essere stati pubblicati dalla RCA Local Italian.
G: Esattamente,. Tra l'altro prima uscimmo come Quintetto di Lucca, con la chitarra, oltre al vibrafono, piano, basso e batteria, poi diventammo Quartetto e noi andavamo a incidere sia col Quintetto e successivamente col Quartetto a Cinecittà, non esistevano gli studi di via Tiburtina, quegli studi bellissimi che, ahimè, non esistono più.
Quindi avendo cominciato, il primo disco l'ho inciso nel lontano '59 a Cinecittà e i dirigenti RCA più o meno erano quelli praticamente, allora c'erano Biamonte e Micocci che facevano i consulenti artistici esterni per così dire, però erano, soprattutto Micocci, dentro la discografia, poi venne Melis, insomma, i personaggi erano quelli quindi il fatto che io fossi un musicista che aveva lavorato per la RCA fin dalle origini fu certamente un privilegio ma la molla che veramente fece scattare tutto fu un tuo concittadino.

E: Fu forse l'arrangiatore Ruggero Cini?.
G: No, di cui ero molto amico, una persona splendida.
Fu Mauro Grandis.

E: Grandis, è vero, è vero. Grandis era un altro produttore interno, che ruolo aveva?
G: Lui nacque come rappresentante di dischi, lui vendeva i dischi, però poi venne a Roma e gli dettero una linea cosiddetta di Progressive - Rock e chiese a diversi gruppi di fare degli esperimenti. Io ero lì che cominciavo già a fare diverse cose che lui aveva sentito e mi disse: no, no, no, tu devi fare un disco, questo qui non è un esperimento, tu devi fare un gruppo e io ti inserisco in questa collana.
E: Perchè questa era la collana, aiutami, vediamo se da collezionista e appassionato di musica riesco a ricreare la storia ….
G: …. vediamo se ti ricordo come si chiamava.

E: Allora la linea non me la ricordo, però mi ricordo perfettamente che in questa linea c'erano i Brain Ticket di Joel Van Der Brock, un album che tu realizzasti con lui se non vado errato che si chiamava una cosa del cibo sano.
G: Quello lì si chiamava Healthy Food Band ma quello l'avevo fatto io con Gianpiero Ricci, prima di Grandis.

E: Però sempre dentro la RCA.
G: Dentro la RCA certamente, ma non era di questa collana ….Ora ricordo: questa nuova etichetta, si chiamava Three Dimensions..

E: Three Dimensions, certo ma certo.
G: ..la Three Dimensions fece pochissimi dischi, di cui facevano parte questi che dicevi te anche, e anche altri. E il nostro primo disco che si chiamava Azimuth ebbe delle buone recensioni, cominciammo a suonare in giro, e allora ci fecero un contratto più lungo, facemmo un contratto per 5 album, durò 5 anni che poi si è esaurito così da solo perchè io ho sciolto il gruppo.

E: Ma furono 5 anni di cambiamenti incredibili, dalla nascita del Perigeo nel 1972 al 1977, voi sentiste questi cambiamenti intorno a voi?
G: Accipicchia!. Guarda io ti dico soltanto questo: noi nei momenti più belli, dal punto di vista della nostra carriera per così dire, verso il terzo album così, più o meno era all'epoca di Genealogia - Genealogia e La Valle dei Templi ebbero il riscontro maggiore - noi entrammo in classifica nella Top Ten, nella classifica quella vera, come si dice.

E: L'unica che c'era all'epoca, non c'era ancora le varie divisioni FIMI, AFI, indipendenti e molte altre cose.
G: Esatto, quindi cominciavano ad essere tra quelli che vendevano un certo numero dischi. All’epoca io andavo alla sede della RCA tutti i giorni, rompevo le scatole ad ogni singolo ufficio settimanalmente, io passavo lì uno o due pomeriggi alla settimana, bussando nelle porte, sistematicamente. “…. Mi raccomando! non ho visto i dischi in quel negozio, mi raccomando fai questo,quello …” ….cioè rompevo le scatole.

E: E loro se le facevano rompere però le scatole!!!, cioè, a differenza di adesso, loro capivano che questa cosa stava davvero accadendo ?
G: Loro erano molto carini, molto carini, fino a che facevano, la molla che fece scattare tutto fu la conversazione che ebbi con Melis e con Grandis, proprio prima del 2° album, io dissi: “sentite quello che penso io è questo: voi avete un grande successo, siete di gran lunga la prima casa discografica però qualcuno, visto che stiamo in piena contestazione, qualcuno comincia a storcere il naso con voi, perchè avete venduto troppo, perchè cominciate ad avere in mezzo a tutti questi cantautori anche qualcuno che comincia a perdere la vena creativa, quella iniziale. Allora io vi dico questo: noi vendiamo meno dei cantautori però facciamo tendenza, se voi ci date una mano a imporci al grande pubblico, acquisterete credibilità“. A Melis brillarono gli occhi, Grandis non ti dico, e da allora cambiò vento, cominciarono a darci supporto, andavamo in tournee con l'accompagnatore RCA che andava nei negozi a verificare la distribuzione, insomma cambiò il vento e fu un periodo molto bello.

E: Devo ammettere che Melis seppe fare in tempo reale delle considerazioni molto smart, per dirla all’inglese, insomma la differenza fra un vero record man e un qualsiasi dipendente o dirigente che firma solo il cartellino.
Giovanni, torniamo all’Apogeo : Men at work. Prima mi stavi dicendo che qualche collega giornalista ha indicato il brano in questione come il più forte trade union tra il Perigeo e l'Apogeo. Allora, Giovanni Tommaso è stato ed ancora oggi è un man at work no? Sotto tutti i punti di vista….
G: Finché regge l'energia!!!!.

E: Giovanni, mi stavi dicendo, che ti auguri che questo progetto possa avere un seguito..
G: Me lo auguro certo anche perchè ti dicevo di quanto sono bravi, Bebo Ferra è un chitarrista eccezionale, suona con i migliori musicisti da Paolo Freso a tanti altri, chitarrista duttile, intelligente, che ti dà molto.
Daniele Scanapieco suona con me da molti anni, un ragazzo sempre pieno di entusiasmo, un talento incredibile, c'ha un suono proprio, mi fa far bella figura dovunque siamo andati, anche negli Stati Uniti, ha sempre grossi riconoscimenti.
Claudio Filippini è il più giovane di tutti, ha 23 anni, è un ragazzo formidabile, un talento nascente, adesso se lo stanno accaparrando molti, sono un po' geloso ma pazienza.

E: Questo è un po' quello che succede quando uno è un talent-scout, quando uno svolge le attività di produttore e così via……
Giovanni siamo praticamente arrivati in fondo.
Chiudiamo commentando un brano dedicato alla tua città, Lucca, alle tue origini. E’un valzer; tu prima mi hai detto - e io ora riporto velocemente - che lo hai sognato e lo hai ricreato al pianoforte. E' un brano dalla fortissima caratteristica melodica, io vorrei che tu spendessi 2 parole per tutti coloro i quali che pensano che il jazz sia semplicemente trasgressione o rivoluzione, Anche una grande melodia può essere rivoluzione …
G: Una delle intenzioni più forti, nel formare questo gruppo, era quella di poter spaziare liberamente, con sfrontatezza come io dico “per gioco e andare!”, da un lato dalle forme più dure, più ritmiche, più articolate anche armonicamente, all'altro lato estremo, la forma canzone, la melodia semplice, che a volte i jazzisti temono di proporre. Io non solo non la temo, la amo molto.

E: Ci sei riuscito perfettamente, e questa è stata una delle tue caratteristiche nella tua scrittura, i temi quando ci sono, devono essere una roba forte.
Allora io ti ringrazio moltissimo, mi auguro che questa esperienza che nasce adesso possa diventare poi da una esperienza live invece un'esperienza di studio, che possa avere un lunghissimo percorso, anche se oggi non ci sono più le sicurezze che poteva dare la discografia, però, correggimi e dai il tuo punto di vista, si può fare musica anche se alle spalle non c'è più una major, cioè le cose sono cambiate, non per forze in peggio. C'è qualcuno che dice addirittura il 2007 potrà essere ricordato come il migliore anno della musica degli ultimi 50 proprio perchè si è rotto il grande castello dell'ufficialità, può essere?
G: Ma, potrebbe essere che il fatto che si vendano sempre meno dischi potrebbe essere forse uno stimolo in più a fare una musica, la più bella possibile, proprio per battere questo mercato così fiacco.

E: Beh, io penso che Giovanni ci sia veramente riuscito con questo progetto, Apogeo.
G: Grazie tantissimo Ernesto.

E: Grazie, grazie e in bocca al lupo Giovanni.
G: Ciao ciao


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