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Meic Stevens - Sackcloth & Ashes, The EP’s vol 2
(Sunbeam records)
www.sunbeamrecords.com

Seminal Welsh’s singer/songwriter is at his most confident in a rural Bob Dylan’s vein at the turn of the sixties

La musica gallese ha sempre avuto i suoi moduli, i suoi generi e i suoi talenti, si pensi a Gruff Rhys dei SuperFurryAnimals il cui bell’album solista “Candylion” abbiamo recensito solo pochi mesi fa. Negli anni a cavallo fra i sessanta e i settanta quando la psichedelia faceva la parte del leone uno solo era l’incontrastato eroe musicale di quelle bucoliche e tenere terre. Il suo nome è Meic Stevens ed era all’epoca soprannominato “il Bob Dylan Gallese “ ed è riapparso del niente solo lo scorso agosto 1006 esibendosi al The Green Man festival dove ha ricevuto una standing ovation come si compete a un eroe popolare ( Maic, per dovere di cronaca si esibiva al palco del Cafè NON su quello centrale ).
Meic è più simile ad Antoine, al nostro Gian Pieretti o al turco Erkin Koray piuttosto che a Dylan ma, ad onor del vero, nessuno sembrava crucciarsene all’epoca visto che gran parte delle sue canzoni erano scritte espressamente per le trasmissioni locali di BBC Wales. Stevens è la dimostrazione di quanto Dylan fosse entrato nelle trame della musica folk internazionale creando un mondo che non c’era con il proprio immaginario e la sua unicità stilistica. Copiarlo - cosa peraltro impossibile - voleva dire essere originali gioco forza.
Il valore dell’indipendenza popolare, di tentare una strada originale in una lingua che pretende di essere ascoltata, quella di una minoranza importante, accreditata, ancora oggi fortemente motivata, portò Meic Stevens a imporsi come un vero e proprio rappresentate ufficiale della cultura musicale gallese e a continuare una strada artistica che lo avrebbe portato a registrare nel tardi 1971 il seminale “Gwymon”, che vedrà il suo debutto su cd per la Sunbeam a fine 2007, e le cui radici sono da rintracciare negli ultimi due brani di questa raccolta(il tradizionale “ Dau Rosyn Coch a Dau Lygad Du” e la bellissima “Santiana” ).

Ernesto de Pascale

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