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Rage against the machine
Stadio Braglia, Modena 14/6/2008


Si abusa troppo spesso della parola “evento”, specialmente in campo giornalistico: difficile però trovare altre parole per descrivere il ritorno in Italia dei Rage against the machine a ben otto anni di distanza dalla loro apparizione all’Heineken Jammin’ Festival. E’ difficile, lo ammetto, anche mantenere toni obiettivi nel descrivere il ritorno di una band assolutamente di culto, con la quale chi scrive si è formato musicalmente, e che è riuscita a mantenere nel tempo un’integrità e un’attitudine assolutamente fuori dal comune, soprattutto per un gruppo che, per quanto controverso e provocatorio, naviga da sempre in acque mainstream. Un piccolo flashback per chi si è perso le ultime puntate: i ratm si dividono ufficialmente nel 2000 col cantante Zach de la Rocha da una parte ed il resto della band dall’altra. I sopravvissuti alla diaspora si lanciano nel progetto Audioslave assieme a Chris Cornell anche lui esule da un’altra band di culto degli anni ’90 i Soundgarden. I risultati, nonostante le buone vendite, non sono all’altezza delle premesse e gli addendi di questa operazione musicale rimarranno sempre superiori alla loro somma. Zach de la Rocha, musicalmente parlando, ha fatto poco o nulla: il ventilato disco hip hop prodotto da Dj Shadow non è mai uscito, lasciando a “March of death”, composta dai due nel 2003 come protesta contro l’invasione statunitense dell’Irak, il compito di dimostrare quello che sarebbe potuto essere ma che,invece, non è stato. Nel 2007 l’annuncio delle reunion confermata dalla prima esibizione dal vivo dopo anni al festival Coachella (non senza la sua bella carica di polemiche al seguito).
Avanti veloce fino al 14 giugno.



L’aria di happening si respira ovunque: code chilometriche al casello di entrata di Modena, biglietti esauriti da mesi e conseguente astronomico bagarinaggio su ebay (ma non sarebbe il caso di fare qualcosa in proposito??)
Fortunatamente c’è il sole mentre a scaldare gli animi dei primi arrivati ci pensano i nostrani Linea77, in ottima forma ma emozionantissimi come confessato da Nitto: “essere qui oggi su questo palco è un c***o di sogno!”, affermazione assolutamente credibile detta dal cantante di un gruppo nato come cover band degli stessi ratm. Seguono gli inglesi Gallows, autori di un hardcore punk che non lascia il segno il cui tatuatissimo cantante passa più tempo a litigare col pubblico che a cercare di dare un senso alla propria performance.
Venderanno anche tanto ma sono francamente dimenticabili.
Nel frattempo lo stadio Braglia si è riempito e da sotto il palco dove mi trovo è difficile rendersi contro della quantità di persone accorse al concerto: gli articoli del giorno dopo e la stessa wikipedia confermeranno che le presenze sono oltre ventimila.
Si spengono le luci. Parte il suono di una sirena militare. Ci siamo.
I rage against the machine si presentano sul palco incappucciati e con addosso le tute arancioni dei prigionieri di Guantanamo.
E’ il delirio.
Il concerto inizia sulle note di “bombtrack” l’opener del loro primo disco: sembra un rimando alla loro storia, ad un discorso che deve ripartire da capo perché prematuramente interrotto. La resa dal vivo è come sempre perfetta: Tom Morello è lucidissimo, non sbaglia un colpo, riproducendo tutti gli effetti che lo hanno reso un chitarrista unico; Wilk alla batteria è il solito rullo compressore e de la Rocha trasuda rabbia ed energia. La scaletta del concerto, assolutamente perfetta, comprende praticamente tutto il primo disco, le classiche “Bulls on parade” e “People of the sun” tratte dal sottovaluto Evil Empire (assieme alla sorpresa “Down Rodeo”) e diversi pezzi di “The battle of L.A.”. Menzione d’onore per “Renegades of funk”, cover dello storico pezzo di Africa Bambaataa & the Soul Sonic Force e per la chiusura del concerto riservata a “Freedom” e “Killing in the name” che hanno trasformato lo stadio modenese in una bolgia dantesca. Ogni singola canzone comunque, è stata accolta da vere e proprie ovazioni, ulteriore riprova dello status di cult band raggiunto dal quartetto losangelino: da “know your enemy” cantata a squarciagola dallo stadio intero a “sleep now in the fire” il cui assassino riff di chitarra chiede solo di spegnere il cervello per lanciarsi in un pogo esagerato. I ratm non si guardano allo specchio e lasciano che sia la musica a parlare per loro: durante l’esecuzione di “wake up” l’unico momento in cui si concedono un dialogo con gli spettatori per criticare l’amministrazione Bush e per chiarire, se ce ne fosse ancora bisogno, la loro posizione in merito dopo che alcune loro parole espresse al suddetto Coachella furono “travisate” dall’emittente Fox news (vicina al partito repubblicano). Il concerto è stato memorabile e realmente emozionante anche per chi come me non è certo uno spettatore di primo pelo (è la terza volte che li vedo): complice anche l’attuale situazione socio-politica mondiale si sente sempre più il bisogno di un gruppo come questo.
What better place than here, what better time than now.
Ps. Se volete rendervi conto del risalto che ha avuto questo evento sui media fate un salto su youtube.. due giorni dopo il concerto c’erano trecento (avete letto bene 300!) video disponibili..

Davide Agazzi

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