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Blue Oyster Cult
Stazione Della Birra – Roma, 4 giugno 2008

Due sono le immagini che riassumono Le quasi due ore di grande musica che i B.O.C. hanno dispensato ad un folto e variegato pubblico che li attendeva da oltre venti anni: Eric Bloom che per un attimo si toglie gli occhiali scuri, divenendo “umano” e non più un’icona del rock e lo sguardo estasiato di un ragazzino di poco più di dieci anni con in dosso una maglietta degli AC/DC che, in braccio al padre, canta il ritornello di ‘Burning For You’. Due immagini che parlano del tempo che passa mantenendo intatto la musica che questa sera è fatta di canzoni dei titoli ora minacciosi come ‘Godzilla’ e ‘Black Blade’, ora ironici ‘E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence)’ ora semplicemente funzionali come ‘Cities On Flame With R’n’R’.

Dei B.O.C. originali sono rimasti solo Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, le voci e le chitarre, in una parola, il “Sound” della band a cui si aggiungono il fedele Danny Miranda al basso e i giovani Richie Castellana alla chitarra, tastiere e cori e Jules Radino alla batteria. Partono lenti e contratti, poi, come un vecchio amplificatore che ha bisogno di riscaldarsi, si sciolgono, e iniziano a dilatare le canzoni, a giocare con la loro musica, donando versioni indimenticabili di ‘Buck’s Boogie’ e ‘ME262’. Sul palco, come tra il pubblico, ci sono almeno tre generazioni, tutte che aspettano la più dolce canzone sulla morte mai scritta. ‘(Don’t Fear) The Reaper’, che arriva all’improvviso e che colpisce e ferisce lasciando molti con le cicatrici.

La band di New York dal vivo amplifica quel senso di sospensione che domina le loro canzoni che non si esauriscono mai in una sterile sequenza di riff, strofa e ritornello, ma che osano e si divertono a lasciare incerto il finale, richiedendo attenzione dall’ascoltatore. Come per i Grateful Dead, brani come ‘Shooting Shark’ o ‘Golden Age Of Leather’ si reinventano e ridefiniscono di concerto in concerto grazie all’interplay dei musicisti e del pubblico. È musica “viva” e che fa sentire vivi, “umani” e “extraterrestri” al tempo stesso, proprio come Eric Bloom con o senza occhiali: sacerdote rock della setta dell’ostrica blu e un newyrokese dalla barba bianca con ancora voglia di suonare.

Jacopo Meille


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