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Joan Baez
Play-Festival, Arezzo, 21/07/08

Oggi, nel 2008, probabilmente è a lei, Joan Baez, che spetta il titolo di vera signora del folk americano. Dolce, aggraziata, elegante, si presenta sul palco nella serata di apertura del Play Festival 2008 di Arezzo scalza e con un vestito nero semplicissimo. Capelli corti, ormai grigi, ma che le stanno benissimo, arricchiti dalla grazia di essersi saputa adeguare al trascorrere del tempo cavalcando l'onda come una regina, cosa che non a tutti gli artisti riesce sempre bene. Il tempo è passato ma la voce è quasi intatta, eterea sì, ma con la capacità di trafiggere e raggiungere il cuore di chi l'ascolta. L'esperienza la rende, inoltre, un'artista più affasciante che mai: Joan Baez è la testimone del folk di ieri e di oggi, una donna che quando parla di Dylan, di Johnny Cash o di Woody Guthrie condivide con duemila persone non solo l'emozione di una vita, la sua, ma il racconto di un pezzo vero di storia.
La cornice di Piazza Libertà ad Arezzo, tra Duomo e Comune, è molto bella. Accresce la suggestività di un concerto in cui l'essenzialità è l'arma vincente. Basta poco, note suonate con morbidezza, volumi contenuti, un'ottima band con Erik Della Penna alla chitarra, Dean Sharenow alle percussioni e Michael Duclos al basso per lasciare il segno nel pubblico.
La Baez ha una comunicativa eccezionale. Non grida, non incita il pubblico, non chiede. Si limita con signorilità a raccontare storie e a presentare i brani, ma quelle storie sono così vere, o vicine alla realtà, che ogni volta che interviene non si può fare a meno di crederle e di restare affascinati da una silenziosa autorevolezza che il più efferato arringatore di folle le invidierebbe.
Il pubblico si accende quando annuncia che eseguirà "With God on Our Side" di Dylan, a cui si aggiungerà più tardi anche un'acclamata "Blowing in the wind".
Ma l'omaggio tocca anche Woodie Guthrie con "Christmas in Washingotn", una preghiera firmata Steve Earle in cui si chiede a Guthrie di scendere dal Paradiso e tornare sulla Terra, oppure Johnny Cash con una meravigliosa versione del tradizionale"Long Black Veil"(la Baez dice dal palco che l'ha imparata da Johnny Cash). Tra i momenti significativi ci sono anche l'esecuzione in italiano di "Un mondo d’ amore", oppure quei trenta secondi in cui Joan Baez si avvicina al microfono e chiede "scusa per ciò che il mio governo sta facendo al mondo".
Una grande esibizione, un grande esempio di cantautorato e country americano, un frammento di storia che scorre davanti agli occhi.

Giulia Nuti


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