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LIVE

Steely Dan dal vivo a Roma: la perfezione, il blues.
Una superband di tredici elementi all'Auditorium


Steely Dan – Left Bank Holiday Tour
Cavea Auditorium Parco della Musica - Roma 6 luglio 2009




As usual Steely Dan's music is perfect. You can listen them on record or on a gig and they will always please your need of that extraordinary blend made of maths, music, style, art and a little bit of alcohol (why not a Cuervo Gold listening to Aretha?)

Gli Steely Dan di Walter Becker e Donald Fagen alla Cavea dell'Auditorium si sono esibiti di fronte ad un pubblico di fans ben consapevole dello spettacolo che la band è in grado di offrire. Spettacolo nel senso di musica. Luci discrete,gruppo di apertura (olandese,jazz) sufficientemente professionale da intrattenere una folla già viziata in partenza e allo stesso tempo abbastanza scarso da far desiderare l'arrivo del metallico dildo. Insomma attesa senza scossoni,chiacchiere,qualche foto e la prima (vera) sera d'estate a Roma. Tutti pronti.
Stop!
Non è che sto parlando al vento? Sapete chi sono gli Steely Dan,veeero?
Che sciocco, se siete su queste pagine li conoscerete certamente. Anche voi come il vostro servitore affezionato godete sovente della loro musica perfetta. Il blues si unisce con il jazz, il rock fa capolino (stasera specialmente grazie alla chitarra di Jon Herington) e le melodie, gli accordi sono tra i più particolari nel panorama musicale che da anni li vede protagonisti. Spesso latitanti. I loro sono tempi biblici per la realizzazione di un disco e questo tour parte senza un nuovo album da proporre (soltanto repertorio quindi e vi assicuro, non è poco…). Non sarebbe poi una novità per una band che ha sempre evitato di farsi rinchiudere negli schemi da pollaio di lusso che determinano le scelte dell'industria musicale;ma l'industria non può fare a meno di loro e li premia nelle manifestazioni che contano come quella dei Grammy Awards in cui i loro dischi hanno spesso avuto riconoscimenti. Una folle band di successo,certo non milioni di copie,non stadi pieni all'inverosimile di folla plaudente,non eventi (a parte i festival jazz più importanti del mondo),niente gossip sui giornali ma un gruppo cui è meglio non rinunciare. La perfezione degli arrangiamenti,la loro statura nell'ambiente, il mettere sempre il musicista giusto a suonare la cosa giusta,l'accuratezza del mixing che li costringe a sostenere costi di produzione elevati li hanno portati ad eccezionali risultati con la creazione di uno stile formalmente perfetto eppure pronto a trascinarsi nella bolgia dell'improvvisazione ancor meglio. Come un tipo (bianco) in smoking che a fine serata si ritrova sbronzo a ballare in un locale in cui è l’unico non colorato ecchissenefrega… In più sono legati al loro pubblico nonostante i tempi lunghi tra un disco e l'altro tramite un sito internet ben fatto e una newsletter puntuale oltre che grazie ai loro testi sempre così particolari. Insomma un vero e proprio porta a porta. Alla mia bussarono diversi anni fa,era appena uscito quel capolavoro di Aja e seguendo Wayne Shorter arrivai a loro. Stasera li ritrovo.
Le luci si spengono. Musicisti sul palco (meno i due bandleader) e sigla iniziale che rinverdisce la tradizione del Jazz così permeata nella musica di Becker & Fagen con una versione di Four Brothers verameeente particolare. Entra Becker con annessa Fender azzurra seguito poco dopo da Donald Fagen con annessa lattina che non mi sembrava contenere solo cocacola. Mentre eravamo tutti lì ad osservare un chitarrista che sembrava un turista sovrappeso qualsiasi con jeans,t shirt e sneakers e un tipo elegantemente vestito di scuro dall'aria ineffabile parte la prima freccia : una versione lenta,molto blues di "Reelin' in the Years" con cui spesso iniziano i concerti e che ha dato il titolo alla loro prima raccolta (un doppio lp, eoni fa). "Time out of Mind" segue a ruota introdotta da Don Fagen alla melodica con solo di Walter Becker (in origine suonato in sala da Mark Knopfler). Quello che balza subito agli occhi è l'impressione di una band compattissima e formata da musicisti di graaande esperienza. Sezione fiati notevolissima con Richard Rosenberg al baritono,Walt Weiskopf al tenore, Marvin Stamm da Memphis alla tromba (da Stan Kenton ai Rolling Stones le sue collaborazioni) e Jim "Vecchia Volpe" Pugh al trombone. Accanto a loro un muscolare metronomo di nome Keith Carlock attualmente il batterista numero 1 in America,ha suonato in tutti gli album e i tour della band dal 2003. Sempre proseguendo sulla seconda fila del line-up ecco Jim Beard,sepolto dalle tastiere,pianista stimatissimo negli ambienti jazz di New York e della nativa Filadelfia. Al basso elettrico Freddie Washington con la band dal 2006 e in passato autore insieme a Patrice Rushen della hit “Forget Me Nots” campionata da Will Smith per “The Men in Black”. Seconde voci : Tawata Agee,Catherine Russell e Janice Pendarvis. Eccoci alla prima fila : un eccellente chitarrista come Jon Herington per cui se volete spendere parole come grazia o perfezione avete colto nel segno. Una chitarra con una voce formidabile,protagonista degli assolo più rock della serata e capace di creare un tappeto ritmico continuo e potente. Accanto a lui un fenderizzato Walter Becker che sembrava per la prima quindicina di minuti incollato al pavimento,qualcuno si era già preoccupato a proposito. Al centro di tutto un signore con occhiali scuri alle prese con un Fender Rhodes (anch'egli fenderizzato quindi) e la famosa lattina di cocalcoolica. Donald Fagen è proprio un bel tipo, nonostante sia di New York (come Becker,si sono conosciuti alla Baird School) mi fa venire in mente Hollywood con luci ed ombre tipiche di quelle spaziose ville un tempo possedute da stelle del cinema ormai vive solo nei ricordi dei cinefili (roba alla Von Stroheim per capirci).



A parte i miei immaginifici deliri sono qui per dirvi che "Show Biz Kids" e "Black Friday" cominciano veramente a scaldarci, nella seconda ottimo solo del già citato Herington. Seguono "Home at Last" e "Bad Sneakers". La maggiore concessione all'attualità è costituita da "Two Against Nature" il che ci fa capire che per la band il tempo passa mooolto lentamente o forse corre come un centometrista. Poi un capolavoro come "Aja" con il tenore di Weiskopf a rifare la parte in origine di Wayne Shorter e finalmente ho scoperto cosa c'era nella ben nota lattina, o meglio me lo suggerisce una parte del testo di "Hey Nineteen": Cuervo Gold (tequila). Mi chiedo però dove sia finito il resto... Il mio naso prominente non capta alcunchè... Non ci si sa più divertire come una volta diciamolo pure.
Andiamo a rifugiarci dalle sorelle di Babilonia che tornano dritte dritte da "Gaucho" disco della band assai presente nella scaletta del concerto infatti "Glamour Profession" segue a ruota. Arriva un altro estratto da "Kathy Lied" come "Daddy don't live in that New York City no more" e da lì in poi non garantisco una esatta descrizione della serata... mi dibattevo ascoltando una sequenza tale da stordire anche un dinosauro (incrociato con un bradipo) come il sottoscritto: "Green Earrings" da "Royal Scam","Josie" e "Peg" entrambe da "Aja" e a chiudere "Kid Charlemagne" ancora da "Scam".
Il tutto per l'onorevole durata di due ore e trenta minuti circa.
Non perdeteveli!!!


Alessandro Mannozzi

foto agenzia prisma

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