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Rick Moody - The James Dean garage band
minimum fax, 2005

www.minimumfax.com



Di questi tempi la trappola più insidiosa per uno scrittore è quella di cadere nella facile ripetizione di stilemi vulgati e approvati dal consenso generale in fatto di gusto e di giusto stile. In altre parole, 'scrivere alla maniera di' o anche aggiustarsi su un'onda ( che piaccia ai più o soltanto a una nicchia d'elité non cambia la faccenda). Gli esercizi di scrittura non tediosi riescono solo a poche menti geniali, mentre per molte altre diventano una sorta di imbarazzante prigione. Ma ci sono scrittori che decidono di percorrere strade differenti lasciandosi indietro gli imput indotti dal mercato e dalle scuole, che organizzano la propria scrittura come un laboratorio, che propongono materiali autentici da leggere e assaporare. Rick Moody è uno di questi e la traduzione italiana dei dieci racconti di The James Dean garage band - edizione americana del 1995 - ne è l'inevitabile conferma. Biograficamente, a Moody non mancherebbe niente per accodarsi ad altri scrittori caduti nel manierismo del postmoderno: nato nel '61 a New York, cresciuto nel Connecticut, educato in letteratura inglese e scrittura creativa con insegnanti come Angela Carter e John Hawkes, svezzato a filosofia decostruzionista e prodotti mainstream... Quando però cominciamo a leggere uno qualsiasi di questi racconti, scivoliamo immediatamente in un tipo di prosa che ha assorbito e digerito tendenze e modi recenti o meno per assemblarli in una voce che è inconfondibile. Possiamo trovare elementi della letteratura alta come schegge di cultura bassa,affetti sofferti alternati a compulsioni religiose, deliri lisergici e notazioni di ricerca musicale. Le storie che Rick Moody ci racconta da sincero story teller mettono in scena la quotidianeità dei rapporti interpersonali (il minimalismo, altra suggestione del suo background), così sospesi fra commedia umana e lucida follia che produce ulteriore follia. Ne esce un quadro d'insieme percorso in filigrana da un'inquietudine che cresce e esplode, quell'inquietudine nascosta dietro i gesti più banali e talvolta venata di note comiche. Quando continuiamo a leggere uno qualsiasi di questi racconti, ci sentiamo portati per mano attraverso vicende dai risvolti spiazzanti, da inaspettate soluzioni di linguaggio e svolgimento. La presente raccolta contiene tutti gli elementi della successiva produzione di Moody, basti pensare al magistrale Rosso americano o ai Racconti di demonologia. Ma è la musica a prendersi grande spazio in The James Dean garage band.Musica ascoltata,musica descritta, musica citata, musica come fonte di riferimento nel proprio laboratorio di scrittura. Si prenda per esempio il brano che dà il titolo alla raccolta e dove Moody immagina un James Dean in fuga dalla sua realtà holliwodiana dare vita ad una improbabile band nella sconosciuta Lost Hills. Stavolta le cadute e le riprese esistenziali vengono scandite dal giro di accordi - riff dalle suggestioni più disparate - e modellate sullo stile di vita del rock'n'roll. James tenta insieme ai compagni di mettere su un repertorio convincente, prove dopo prove scandagliando dall'interno la costruzione di ogni pezzo; ma quando arriva il momento del concerto, li trova impreparati e pasticcioni come se il loro disagio avesse bruciato ogni istanza creativa anziché diventare musa ispiratrice. A molti anni di distanza dalla fuga di James anche da questo, spetterà al batterista raccontare l'intera vicenda e annotare il radicale cambiamento di rotta toccato alle loro vite. Lost Hills diventa il sepolcro di un sogno sbocconcellato e lasciato, il punto di non ritorno? Forse, senza dimenticare mai che la polverosa provincia può ricevere una lettera con su scritto: "se la vita che fai non è quella che sognavi, scappa."

Elisabetta Beneforti



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