. Final Fantasy - He Poos clouds
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Final Fantasy - He Poos clouds
(Tom lab)
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Canadian young talented classical violin player Owen Pallet in love with eletronics goes pop with a classica chamber music ensemble. Mental!

“Final Fantasy“ è il progetto solista di Owen Pallett, sulle scene solo dal 2005. Il giovane, violinista diplomato si fece notare nel suo disco d’esordio del 2005, “Has a good home“ per l’uso personale dello strumento e dell’elettronica ad esso applicata.
Questa volta per il nuovo album “He Poos Clouds“, Pallett, già collaboratore di Arcade Fire, basta ascoltare per capire perché!, si avvale della collaborazione di un quartetto d’archi, di un pianista e di un percussionista. Un vero e proprio ensemble di musica da camera, aumentato.
Appare chiaro sin dal primo ascolto che il maggior pregio di Owen è la capacità di scrivere melodie accattivanti che scorrono su arrangiamenti quantomeno singolari e, a volte, pericolosi per l’uso che fa dell’ensemble. C’è da esultare della pericolosità di Owen perché si sente sempre il bisogno che fra i musicisti più giovani qualcuno si lanci senza paracadute nel mondo della scrittura delle canzoni e Pallett gioca bene la sua scommessa.
Il violinista, a metà strada fra gli Sparks di “Hello Young Lovers “, il cabaret mitteleuropeo e le canzoni di Weill e Brecht per Lotta Lenya, ha carpito il sapore di una certa cultura europea – come la musica dei fratelli Mael, The Sparks, d’altronde, che sono due losangelini alla ricerca di un cabaret futurista da top 40 – e il retaggio classico. Owen Pallettt Invece di restare involuto, come accade per molti giovani, se pur di talento, che passano la vita a scrollarsi di dosso le colpevolizzazioni dei proprio studi classici, pare essersi buttato a capofitto nella scrittura, senza troppe preoccupazioni, sulla base delle sue capacità piccole o grandi che siano.
Ci sono in “He Poos Clouds” perciò brani che il musicista porta a termine particolarmente bene, come nel caso di “If i were a carp “, altri assolutamente sperimentali e altri ancora che non tengono per nulla conto della metodologia di scrittura tipica delle canzoni pop, universo a cui, ci pare poter affermare, Pallett vorrei, almeno provare, accedere.
Tutto “He poos clouds” mantiene una certa intimità e un certo rigore che affascina anche quando il violinista si azzarda per strade più aggressive. Più complesso da descriversi che non da ascoltare “He poos clouds “ di Owen Pallett si segnala per una certa incosciente lucidità, si ascoltino le tracce sete ed otto, “Song Song Song” e “Many Lives – 49 MP“ per valutare, e si fa notare come un album che, dotato di una attitudine giovane e contemporanea, potrebbe trovare spazio su quegli stessi palcoscenici che presentano concerti e programmi di Philip Galss o del Krons Quartet o di quanti come loro con un punto a favore di Pallett che è costituito dal suo coraggio di avventurarsi nel mondo della canzone, ben diverso da quello di sua provenienza.

Ernesto de Pascale

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