. Boredoms – Seadrum/House of Sun
Boredoms – Seadrum/House of Sun
(Warner Music Japan, 2005)

Magma post, tout-court

Con questo secondo lavoro dei Boredoms siamo di fronte ad una proiezione in avanti, molto in avanti, nelle esperienze musicali delle formazioni di avanguardia. Potremmo definirlo un lavoro eminentemente post, post tutto, post etnico, post r-umoristico, post progressive, post free, post post-rock, post noise e avanti così. Tanto post da essere un limite a se stesso, perdendo spesso di vista un obiettivo, un cuore musicale palpitante. Ma forse questo è anche il suo pregio, non mancando per altro la passione travolgente ed iconoclasta.
E proprio iconoclasta è la parola che ci viene in aiuto per descrivere l’autore e leader della formazione dei Boredoms: Yamatsuka Eye, storico collaboratore di John Zorn nelle incursioni più rumoriste e devastanti nelle esperienze Nacked City.
Questo nuovo lavoro del vocalist e sperimentatore si intitola Seadrum/House of Sun, due brani in un titolo. Una distesa incalzante di suoni ed esperienze di straniemento musicale, a cavallo tra Sun Ra e Don Pullen, tra il canto tradizionale di matrice giapponese con inflessioni siberiane, tra l’hardcore e il jazz progressivo di Bobby Previte. Insomma come spesso accade a prevalere è l’ansia di chiudere un disco in qualche categoria musicale che ci acquieti. Boredoms però tende visceralmente a fuggire le categorie, e si lascia ascoltare come un flusso percettivo, dove convivono splendidamente acustico ed elettronico, tamburi tribali che rovesciano la dinamica drum’bass in un corpo a corpo che ricorda più da vicino le drums battle di Buddy Rich, con un pizzico di follia incandescente in più.
Il primo brano dunque si apre con vocalizzi di Yoshimi P-WE, con reminiscenze ancestrali di vaga matrice siberiana, per proseguire con un tumulto percussivo alimentato da tre batterie che portano progressivamente ad un alternarsi di situazioni ritmico-percussive di portata trascendentale. Poi, improvviso il pianoforte acustico, siderale.
Meno significativo e, forse, anche meno originale, il secondo brano, che rimanda – come ha fatto notare qualcuno – all’Alice Coltrane molto citata negli ultimi anni. Ascendenze indiane, tablas, sitar, e altre amenità che allontanano il centro dell’attenzione, segmentano dilatandolo il nervo teso della propulsione creativa che aveva lasciato un segno profondo all’ascolto della prima lunga, quasi estenuante, ma magnifica traccia.
Ultime parole, prima di rituffarsi nuovamente nel magma post tutto di Seadrum. Ü un mare percussivo ed interiore nel quale conviene davvero perdersi. Tenersi stretti ad una fune di sicurezza. Le onde portano giù, in fondo all’anima.

Enrico Bianda

Tracklist

1. Seadrums
2. House Of Sun

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