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Pete Trewavas - Marillion
Firenze 23 aprile 2007

Quando arrivo all’Auditorium FLOG di Firenze alle 15, i Marillion sono appena arrivati. La prima cosa che vedo entrando nel retro placo è una lavatrice in funzione e un corpulento roadie che sta stirando delle camicie bianche. L’atmosfera è rilassata; tutti sono impegnati ma non c’è ombra di nervosismo. Il tempo di dare un’occhiata al palco e Pete Trewavas, il bassista della band ed uno, insieme a Mark Kelly e Steve Rothery, dei membri storici della band mi viene incontro ancora con il suo sandwich in mano dicendomi che è pronto per l’intervista. Troviamo un posto tranquillo, ci sediamo e prima ancora che faccia una domanda inzia:

Pete: Abbiamo un nuovo disco, ‘Somewhere Else’ ed il titolo è emblematico: ci siamo allontanati da ‘Marbles’, il nostro disco precedente, e ci siamo diretti, musicalmente parlando, da “qualche altra parte”. Per me ‘Marbles’ è stato come un ritorno al passato sia dal punto di vista mucicale, con brani lunghi e in alcuni casi complessi, sia dal punto di vista sonoro con brani che in qualche modo, mi rioportano alla mente dischi come ‘Hunky Dory’ di David Bowie, fatto che personalemente mi è piaciuto che sia successo, ma con questo disco abbiamo provato nuove sonoritá.
Chi o che cosa ha influito in questa ricerca di un nuovo sound?
Abbiamo un nuovo produttore, Mike Hunter, e lui voleva riuscire a catturare il sound che i Marillion hanno quando suonano dal vivo. Per far questo abbiamo registrato le canzoni una alla volta, subito dopo averle arrangiate senza aspettare di averle arrangiate tutte. In passato avevamo fatto sempre in questo modo: sei mesi di composizione e arrangiamento delle canzoni e poi iniziavamo a registrarle. Per questo disco ongi volta che ci siamo sentiti soddisfatti di come suonava il brano in sala prove, lo abbiamo registrato. Pensa che abbiamo addirittura registrato molte jam e sessioni di prova proprio perché non volevamo perdere nessun buono spunto. ‘The Other Half’ e ‘See It Like A Baby’ suonano molto “live”, sono cariche di energia, las stessa che avevamo in sal prove quando le provavamo.
In effetti sono canzoni che colpiscono proprio per il sound generale completamente nuovo per la band...
Di solito iniziamo inostri dischi con canzoni lente o lunghe ma per questa volta abbiamo deciso di inziare con due pezzi energici e freschi...
E’ strano perché, anche se alcune canzoni del nuovo disco hanno un suono ed un feeling piú “uplifting” e spensierato, i testi sono molto cupi e pessimisti, lontani dalla malinconia che dominava le liriche di ‘Marbles’...
E’ vero quello che dici, i testi sono cupi e riflettono lo stato d’animo di Steve Hogarth, che è l’autore dei testi. Steve è solito scrivere prendendo spunto dalle sue vicende personali o da tutto ció che lo colpisce in prima persona a di cui sente il bisogno di parlare...
Un canzone come ‘Last Century For Man’ è una chiara presa di posizione politica sul degrado a cui sottoponiamo il nostro paese ed è un assoluta novitá per i Marillion...
Tutti parlano di questi argomenti e tutti sono a conoscenza dei fatti, ma nessuno fa niente concretamente, credo che sia arrivato il momento di agire. Potrebbe realmente essere l’ultimo secolo per l’umanitá...
In passato la band ha sempre dato il proprio contributo a cause umanitarie e ha cercato di sensibilizzare i fan, come mai adesso questa presa di posizione cosí netta e allo scoperto?
Beh, arrivi ad un’ etá in cui senti il bisogno di non solo dire, ma agire per quello che credi sia giusto. Penso che la musica non debba diventare troppo “politica”, ma sono convinto che la musica possa stimolare e sensibilizzare le persone. In ‘A Voice From The Past’ affrontiamo il tema dela povertá. I Marillion hanno aderito al progetto “Make Poverty History” da alcuni anni ed io personalmente sono coinvolto in alcune delle attivitá scolte dal Princess Trust in Inghilterra per offrire ai ragazzi di strada un chanche specie nel Nord Est dell’Inghilterra. Sono convinto che possiamo fare la differenza, che possiamo cambiare le cose. Gandhi diceva: “Siate voi stessi il cambiamento che volete per il mondo”.
In passato i Marillion si sono dimostrati capaci di affrontare e vincere sfide che molti ritenevano impossibili come liberarsi della casa discografica e continuare a fare dischi confidando nel supporto dei fan; è stata una scelta difficile e dura ma che è risultata vincente. Come vi ponete nei confronti dei fan adesso? Quanto influisce, se influisce, nella stesura di un nuovo disco sapere che il contributo dei vostri ammiratori alla sopravvivenza della band è fondamentale?
Il contributo dei fan cosí come il loro punto di vista è importante ma non ci ha mai vincolato o frenato creativamente. C’è un rapproto di fiducia fortissimo che ci fa sentire liberi di esprimenrci creativamente perché quello che piú conta per noi e per loro è che la nostra musica sia onesta e vera. Non riusciamo nemmeno a forzare noi stessi creativamente: non ci è mai successo infatti di sederci ad un tavolo e dire, per esempio, dovremmo suonare un po’ piú come i Muse perché adesso vanno per la maggiore... Tutto quello che possiamo fare è metterci a suonare cercando di essere quanto di piú creativi possibile e lavorare su quello che ci dá emozioni. Per ‘Somewhere Else’ abbiamo registrato 17 canzoni e solo 10 sono finite nel disco. Per il nostro quattordicesimo album e dopo ventidue anni insieme ci siamo ritrovati in una stanza e ci stupivamo per quanto materiale riuscivamo a creare. Eravamo noi i primi ad essere sorpresi dell’energia e dell’entusiasmo che c’era nella stanza.
Avete mai provato a capire cos’è che vi fa essere oggi ancora cosí?
Non lo sappiamo. Ci crediamo molto fortunati. Molti amici musicisti ci invidiano un po’ per questo. Credo che contribuisca il fatto che abbiamo un posto nostro dove poter provare, registrare, sperimentare in totale libertá. Essere liberi credo che dia ossigeno alla band il cui unico possibile freno in futuro potrá essere la nostra eventuale perdita di creativitá.
Non è possibile che voi siate sempre andati d’accordo, altrimenti dovreste inziare a fare corsi e tenere lezioni per le altre band...
E’ ovvio che non andiamo sempre d’accordo ma abbiamo imparato dal passato. Quando abbiamo un gruppo di canzoni, lavoriamo solo su quelle che piacciono alla maggioranza e mettiamo in archivio le altre. Pensa che quando dobbiamo mixare un album chiediamo direttamente di fare tre mix: uno con al voce in evidenza, uno con la voce piú “dentro” ed uno con la chitarra cosí da evitare unitili discussioni in studio e decidere serenamente avendo tre opzioni da ascoltare e confrontare. Anche per quanto riguarda l’etichetta abbiamo discussioni per come affrontare certe problematiche e non solo tra di noi ma anche con lo staff che lavora con e per noi. Siamo noi a prendere le decisoni e abbiamo poi lo staff che amministra e coordina il tutto ed è normale avere discussioni.
Quanto ha contribuito internet nella realizzazione della vostra chiamiamola “ditta”?
Il contributo di internet è stato fondamentale perché ci ha permesso di tenerci in strettissimo contatto con i fan di tutto il mondo abbattendo costi e distanze. L’idea di diventare indipendenti dalla casa discografica nascque grazie proprio ad internet: nel 1997, scaricati dalla EMI e con un’etichetta che aveva poco budget per noi, non potevamo programmare un tour in America. Tramite internet - Marck Kelly aveva un modem enorme e difficilissimo da usare – siamo entrati in contatto con i nostri fan in America e loro, utilizzando internet sono riusciti a coordinarsi e ad accumulare abbastanza denaro per permetterci di affrontare il tour. Questo ci ha fatto riflettere e ci ha convinto a investire su internet. Siamo stati tra i primi gruppi in Inghilterra ad avere una website. Il nsotro ultimo disco con la Castle s’intitola “Marillion.com” e lo abbiamo chiamato cosí proprio per far sapere a quanto piú pubblico che avevamo un sito internet dal quale poter ottenere tutte le informazioni possibili sulla band. Non solo, abbiamo invitato i fan ad inviarci una foto promettendo che l’avremmo messa in copertina, come abbiamo poi fatto; facendo cosí abbiamo creato la nostra prima mailing list. Il passo successivo è stato quello di usare la mailing list per chiedere se i fan erano intenzionati a pagare in anticipo l’album cosí da permetterci di autosovvenzionarci. La risposta è stata forte e chiara: 12.000 mila persone hanno versato i loro soldi. In fondo paghiamo in anticipo per andare a vedere un concerto, e non sappiamo se quel concerto sará bello o brutto, e con un disco è la stessa cosa. Questo ci ha dato la libertá ed il senso di responsabilitá perché sentiamo molto il dovere di amministrare al meglio il denaro che ci viene da i fan.
Cosa vi aspettate di ottenere con questo disco?
E’ un disco piú convenzionale, nel senso che per questa volta abbiamo deciso di seguire una strategia piú canonica: non esiste una versione speciale per i fan e il disco è uscito in contemporanea sulla website e nei negozi. I distributori sono poco propensi alle special edition perché credono di perdere acquirenti. In realtá solo il 10% per cento dei fan in passato ha comprato l’album in anticipo. Le nostre vendite medie sono intorno alle 100.000 copie nel mondo adesso. Il disco sta andando bene: buone recensioni, siamo sul Times ed abbiamo un buon airplay. Siamo pur sempre i Marillion e questo a volte ci penalizza perché i nostri album necessitano di piú di un ascolto per essere compresi e questo, nel 2007, non aiuta.
Il fatto che i vostri dischi necessitino di un ascolto piú attento è forse l’unico legame che con i Marillion dell’era Fish e, con la new wave of progressive rock dei primi anni ’80; avete mai pensato di cambiare nome?
Quando Steve entró nella band, quello sarebbe stato il momento di cambiare nome. La EMI peró non era d’accordo. Addirittura non era sicura di rinnovarci il contratto, avendo subito preso in scuderia Fish. Abbiamo dovuto fare dei provini ed avere la loro approvazione prima di siglare; è stato molto frustrante. ‘Seasons’ End’ andó bene e per ‘Holidays In Eden’ ci spinsero a provare a scrivere un hit single. Noi scrivemmo ‘No One Can’ che andó al sedicesimo posto della classifica. L’AR manager della EMI era cosí sicuro che il singolo sarebbe entato nella top 10 senza ulteriore promozione e contro il nostro parere si concentró su un altro singolo. Ovviamente ‘No One Can’ sparí dalla classifica e perdemmo la nostra occasione. Il tipo aveva promesso di buttarsi giú dalla finestra in caso il singolo non fosse salito di posizione, ma ti assicuro che non si è gettato.
Chi scelse ‘Hooks In You’ come primo singolo di ‘Seasons End’?
Pessima scelta. Bel riff, ma troppo Van Halen. Avremmo dovuto scegliere ‘Eastern’. In questo ultimo disco c’è una canzone che mi ricorda ‘Hooks In You’ ed è ‘Most Toys’. E’ una canzone che ci vuol far suonare piú giovani e che non piace a tutti i componenti della band... a me e a Steve Hogarth piace molto, ma c’è qualcuno nel gruppo che non ne è per niente entusiasta (nda. a voi provare ad indovinare di chi sta parlando).
Cosa ci puoi dire del’ultima canzone dell’album, ‘Faith’, una delle piú belle canzoni che i Marillion abbiano scritto...
Grazie. L’ho scritta io e questo complimento mi fa doppiamente piacere. Quando la suoniamo dal vivo suono la chitarra acustica. E’ una piccola canzone, molto “british”.
In ‘Faith’ cosí come in altre canzoni di questo disco il connubio tra testi e musica si dimostra sempre piú forte e stretto; dal momento che Steve scrive testi molto personali e intimi credo che questo sia un ulteriore esempio del fatto che c’è una forte unione e rispetto nella band.
Steve ha sempre cantato di eventi e situaizoni che lo hanno coinvolto personalmente; a me questo piace perché parlare di sentimenti veri fa sí che la canzone arrivi in profondo agli ascoltatori che colgono quanto di vero e di emozionale c’è in quello che Steve canta.
State giá promuovendo il vostro quindicesimo album che uscirá tra un anno, questo significa che avete molto materiale giá pronto o su cui lavorare?
Ci sono un paio di canzoni per piano nello stesso feeling di ‘Faith’. A dir la veritá due delle mie canzoni preferite scritte durante le session di ‘Somewhere Else’ non sono poi finite sull’album. Abbiamo altre 7 canzoni registrate e pronte e chissá cosa altro registremo nei prossimi mesi dopo il tour. Siamo una band decisamente attiva e creativa!

Jacopo Meille


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