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Joanna Newsom & The YS Band - E.P.
(Drag City)

Diary of a band

Il successo, peraltro annunciato, di “YS” deve aver gettato un po’ di scompiglio in casa Newson, un po’ come è stato per il sequel del bel esordio dei canadesi arcade Fire, “Neon Bible”. Gruppi o artisti relativamente giovani che si vedono privare la libertà d’azione di solo sei mesi prima nel nome del marketing, della promozione, dei cachet raddoppiati, del successo cercato dal mercato morente a tutti i costi.
Per la giovane Newsom tutto è accaduto nel bel mentre di una separazione - da Noah Georgeson, collaboratore di Devandra Banhart, a Bill Callahan degli Smog, come il calcio mercato! - e di una strategia che prevedeva l’esibirsi dal vivo con l’orchestra mentre la piccola Joanna “YS” lo aveva registrato in perfetta solitudine con l’orchestra, sì!, ma aggiunta dopo.
Ma non tutti mali, se di male si può parlare, vengono per nuocere il frizzante ambiente del palcoscenico ha generato alla singolare arpista/cantautrice nuove musiche e nuove fantasie. Coadiuvata dal vivo da una vera band - Ryan Francesconi alla tamboura e alla chitarra, Dan Cantrell alla fisarmonica , Neil Morgan alla batteria e voce e Kevin Barker al banjo e chitarra - la YS Street Band ha usato tutti i tempi morti di una estenuante tournee per scrivere tre canzoni che cominciano per C. “Colleen” è un brano di ispirazione celtica che troverà grande riscontro dal vivo, ci scommettiamo, “ Clam, Crab, Cokle, Cowrie” iù vicina a una canonica ballata e la lunga “Cosmia” che suona come un bel out take del primo album, “The Milk Eyed Mender“ ma che diventa poi una sorta di danza dispari caratterizzata da un bell‘incedere e da un groove oscuro di tamburi, chitarre acustiche e fisarmonica e che sfocia in una finale free folk psichedelico.
Niente, anche questa volta, è stato concesso al facile ed al risaputo. La Newsom e la sua combriccola di fabulatori e stregoni si sono rifugiati vicino casa, in California, più precisamente presso Oakland, agli studi Record Plant, per fermare in tempo reale questi tre brani che hanno un bel senso compiuto e non sono da considerare scarti e realizzare un altro piccolo grande disco.

Ernesto de Pascale

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