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Tom Verlaine con Jimmy Rip
Teatro Nazionale di Quarrata (Pt), 9/4/2008

Scusate se ne faccio una questione personale.
Nel lontano anno di grazia 1977, periodo in Italia cruciale per tanti motivi (politici e musicali), anno che rappresenta un vero e proprio cuneo di esplosiva energia conficcato nel cuore dell’incendiato decennio Settanta, nella ridente Firenze culla del Rinascimento, in un giorno fortunato, comprai una copia di Marquee Moon dei Television. Non ricordo come avessi scoperto questo gruppo newyorchese, all’epoca nuovissimo e poco conosciuto, probabilmente avevo letto una recensione da qualche parte. Già a partire dalla copertina – senza avere ancora ascoltato una nota - il disco mi sembrò un capolavoro: quattro adolescenti dall’aspetto scafato mi guardavano, insolenti e concentrati, con i volti scolpiti dal colore molto saturo e sgranato della pellicola. L’autore di quello scatto – anche lui all’epoca sconosciuto – era destinato ad acquistare una certa notorietà negli anni successivi: Robert Mapplethorpe. Appena il vinile cominciava a girare sul piatto, con gli strappi di chitarra elettrica che introducevano See no evil , arrivava la conferma che si trattava di un vero gioiello. Il capo di quel gruppo di ragazzacci pieni di talento, era un cantante/chitarrista dalla voce di carta vetrata capace di spargere inusitate raffinatezze elettriche dentro una manciata di canzoni ipnotiche e nevrotiche. Si chiamava – con un significativo gioco di rimandi al grandissimo poeta “maledetto” francese - Tom Verlaine. Ascoltando quel disco, al riparo nella mia camera fiorentina, sognavo un tuffo dentro la più bruciante modernità : la mia stanza non aveva più pareti e mi sembrava di camminare non in mezzo agli alberi ma all’ombra di enormi grattacieli stracolmi di vita.
Potrete immaginare con quale emozione mi sia recato – a oltre trenta anni di distanza, in una sorta di appuntamento alquanto ritardato con un mito della mia adolescenza – a questo concerto. Non sono rimasto deluso, anzi. La scommessa di presentarsi da solo, con l’unico supporto offerto dall’efficacissimo Jimmy Rip, si è rivelata una carta vincente. È stata una esibizione splendida, di rara intensità. Verlaine in scena è molto concentrato. Soddisfatto di suonare in un teatro affollato, davanti ad un pubblico che lo conosce e lo rispetta. Le canzoni scorrono sorrette da un flusso essenziale di preziosi intrecci chitarristici. Atmosfere forti che mantengono, pur nella distesa pronuncia della maturità, tutta l’impronta di esuberante rivolta giovanile che possedevano al loro primo apparire. Mi ha fatto davvero piacere scoprire che, anche dopo tanto tempo trascorso, i principali elementi della musica di Tom Verlaine – la febbrile concitazione della voce, le elaborate architetture tracciate dalle chitarre elettriche, la raffinata scrittura delle ballate scandite da lampeggiamenti violenti, le ritmiche incalzanti che sembrano avvolgersi su se stesse brillando di luce propria – restano intatti. Gli anni lo hanno un po’ segnato nel viso affilato, ma la sua musica resta giovane ed ispirata.

Stefano Loria

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