.


Widespread Panic: uber Cobra
(sanctuary)
www.sanctuarygroup.com
www.widespreadpanic.com



Much anticipated so called “Acoustic live “ album for Panic, “Uber Cobra “ is a collection of quiter original songs with a country rock edge and more covers of Neil Young, Vic Chestnutt, David Byrne, Stevie Winwood.

Si fa presto a dire disco acustico dal vivo con band come i Widespread Panic. Gli strumenti sono suonati con la stessa energia di sempre e poi spuntano pianoforti elettrici, organi, chitarre slide, bassi elettrici e altro. Il gruppo mantiene però fede alle parole e si impegna in questo “ Uber Cobra “ a occupare un’area differente da quella di sempre. Il linguaggio è solito: lunghi assoli e un suono affidato alla comunione di intenti dei nostri che sul palcoscenico della House of Blues di Myrtle Beach, in quel novembre 2003, licenziarono al pubblico convenuto brani originali e non, in egual misura.
Spicca su tutti i brani la eterea “city of dreams”, un brano scritto da David Byrne, che il gruppo sa trasformare in qualcosa di veramente proprio con l’ausilio alla pedal steel del loro tecnico di fiducia, John Keane, che dimostra di essere anche un valido musicista, ed “ Imitation leather shoes” in cui il gruppo spalma bene tutto il suo stile.
In questo “Uber Cobra” ai sei Widespread Panic quel funziona bene è quel senso di comunità musicale che hanno saputo costruire negli anni, che i precedenti dischi avevano indicato come uno dei più evidenti pregi del gruppo. Non più ragazzini, i musicisti non hanno davvero nulla da dimostrare e questo favorisce gli umori e le dinamiche di un gruppo il cui potenziale è – per il recensore – non ancora completamente espresso.
Più volte, nell’ascolto continuativo di questo album e di quello di cover “ Jackassolantern” (usciti più o meno contemporaneamente), è venuta in primo piano al recensore la percezione che i Panic devono comunque fare un ulteriore pezzetto di strada e affondare ancora di più anima e corpo nella creatività e sporcarsi le mani con quella.
Ciò che manca dipende da un lato dalla mancanza di un vero cantante fortemente riconoscibile (ascoltate la versione di “Can’t Find my way home “ di Winwood e poi dite sinceramente se non era meglio lasciar perdere, dal dover troppo spesso far riferimento a brani altrui ( anche se è una abitudine del genere in questione…) e dall’altra, almeno in parte, da un certo costume rilassato del pubblico che segue il gruppo, e più in generale le cosiddette jam bands, e che accetta quasi tutto e che – riconosciuto questo o quel gruppo secondo i parametri – ne accetta pregi e difetti.
Per molte band questo “sbracamento“ è un invito a nozze per non rischiare troppo e non lanciarsi oltre (magari sono già oltre!) e la considerazione conclusiva è che nell’ambito delle jam bands bisogna stare veramente attenti a cosa si compra e a come si ascolta la musica. Per poterne trarne il maggiore beneficio e non appiattire questa quello che è poi il momento migliore dei dischi di questi gruppi e cioè l’improvvisazione collettiva secondo gli stilemi del rock classico ma con un’attitudine contemporanea.

Ernesto de Pascale



tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.

eXTReMe Tracker