. Nils Petter Molvaer

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Nils Petter Molvaer

Teatro Nazionale – Quarrata (PT)
18_02_2006


Nils Petter Molvaer tromba, Jan Bang campionatore, Rune Arnesen batteria,Dj Strangefruit giradischi, Tord Knudsen luci, Johnny Skalleberg suono

Nils Petter Molvaer’s trumpet, cool but not cold, mixed up with electronic contaminations and decisive beats. An immaginific concert where jazz pass through funky in order to let us travel in unknow areas.



Il palco si presentava totalmente al buio, fatta eccezione per i faretti sopra il giradischi e il campionatore. L’apertura del concerto spettava tutta a lui, Nils Petter Molvaer, e alla sua tromba : suoni bianchi e introversi, di rara bellezza. Il ritmo sarebbe cresciuto di lì a poco, attraverso l’aggregazione delle sonorità elettroniche di Jan Bang e dj Strangefruit, mentre Rue Arnesen alla batteria accompagnava la scansione generale, sottolineando l’intarsio delle varie componenti. Tod Knudsen con le luci assecondava l’intera orchestrazione, sottraendo più che cercando effetti particolari. L’esecuzione di questa ensemble era davvero perfetta, con la tromba di Molvaer che a più riprese e rispondeva e duettava con gli altri elementi inseguendo molteplici variazioni. A momenti di ritmo serrato si susseguono altri più rarefatti, quasi lunari, all’interno dei quali Molvaer si ritaglia degli assolo unici e compiuti : le sonorità elettroniche si sfumano per lasciare incontrastato lo spazio a una tromba ora minimale ora cupa e sofferta. E qui Molvaer mostra tutto il suo innamoramento per Miles Davis, per quel ‘caldo’ sound che lui rilegge in chiave nordica, non diversamente da come aveva fatto già in lavori precedenti (“ Khmer” o “Np3”).Ma se in quest’ultimo riprendeva il Miles più elettrico di “Bitches Brew” unendolo a pulsazioni e dub attualissimi, nel concerto di Quarrata ha definitivamente esplorato altre suggestioni davisiane. Il risultato è stato quello di un groove tenuissimo dove il jazz viene ampliato da incursioni belle e grintose nel funk. Proprio questo impasto di più elementi con i suoi passaggi e contrappunti ha ricordato anche, per la straordinaria densità di ritmi, certe sessions anni ’70. Ritmo e astrazione erano uniti in un’esecuzione straordinaria, tanto che era difficile per il pubblico non rimanere coinvolto, trascinato via dalle atmosfere evocate. Nel bis finale Molvaer è uscito da solo su un palco illuminato semplicemente per lasciarci con gli assoli della sua tromba cupa e suadente. All’ascoltatore, ancora una volta, il magnifico viaggio fra affascinanti sonorità.


Elisabetta Beneforti

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