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Intervista a Dave Greenslade


Le coincidenze: la nostra vita, come quella di qualunque altra persona che abiti in questo mondo è in qualche modo legata e vincolata dalle coincidenze. Non importa essere superstizioni, anche il più materialista deve fare i conti con il dato di fatto che esistono degli strani intrecci del destino che danno il via ad altri avvenimenti. Non voglio entrare nel merito della volontarietà, di quanto cioè indirettamente o direttamente, la nostra volontà possa favorire o no il naturale susseguirsi degli eventi. Certo è che la vita musicale di Dave Greenslade, classe ’44, è un vero esempio di perfetto susseguirsi di occasioni volute e coincidenze, di incontri, e di abbandoni, tutti avvenuti nel momento più adatto. Talento, voglia di suonare ed il caso hanno segnato la vita del tastierista che si ritrova a vivere una seconda giovinezza artistica da ormai quindici anni, da quando cioè, i Colosseum si sono riformati. Lo incontriamo a Firenze prima della terza data di un mini tour organizzato dalla blue Sky e dal Popolo Del Blues.


I Colosseum hanno un nuovo album ‘Tomorrow’s Blues’ e con una serie di concerti in giro per l’Europa. Come ci si sente ad essere di nuovo “on the road”?

E’ incredibile. Questa è la terza data che stiamo facendo in Italia, e siamo emozionati per l’accoglienza del pubblico. Era davvero da molto tempo che mancavamo dal vostro paese ed è bello essere di nuovo qui. Pensa che stiamo già prendendo accordi per tornare in estate come ospiti in qualche festival…

Questa sì che è una bella sorpresa per noi ascoltatori, ma anche per voi immagino…

Oh, sì. Il calore che abbiamo ricevuto in queste date, ci ha convinto a tornare. Saranno 4/5 date concentrate in una settimana.

Il tuo ruolo odierno di compositore all’interno della band è ben testimoniato dal numero di canzoni che hai scritto per il nuovo album. Cosa ci puoi dire delle nuove composizioni?

Il mio contributo compositivo all’interno dei Colosseum è sempre stato rilevante: buona parte di ‘Valentyne Suite’ è opera mia, così come ‘Lost Angeles’ scritta con Dick Heckstall Smith. È stato naturale per me proporre miei brani alla band quando abbiamo iniziato pensare a ‘Tomorrow’s Blues’. Io amo comporre. Compongo costantemente. Negli ultimi 20 anni scrivere musica è stato il mio lavoro: ho alternando l’attività live con quella di compositore di colonne sonore per la TV ed il cinema.


La vostra volontà di continuare a registrare nuovo materiale da presentare dal vivo vi rende diversi dalle molte band storiche che si riformano sull’onda della nostalgia e che preferiscono intraprendere lunghi tour nei quali proporre i loro classici, senza però presentare niente di nuovo.

I Colosseum si sono riformati nel 1994, il giorno del mio cinquantesimo compleanno. Mi fu fatta una festa a sorpresa con tutti i musicisti con cui avevo suonato: per la prima volta Colosseum ed Greenslade erano di nuovo insieme. Alla fine della serata, mentre accompagnavo al piano Chris [Farlowe] che cantava ‘Stormy Monday’, Dave [Clempson] suggerì di riformarci e di fare qualche data per saggiare che accoglienza avremmo avuto. Partecipammo così al festival jazz di Friburgo e successivamente a quello di Colonia. Il successo di pubblico e l’attenzione dei media ci spinsero a proseguire e a chiedere al nostro management di trovarci altre date. E dal quel momento non ci siamo più fermati. Nel momento in cui ci siamo resi conto che ci sarebbe stata una continuità, abbiamo tutti deciso di comune accordo che avremmo composto e registrato nuovo materiale. Questo avrebbe permesso di mantenerci freschi e motivati. E così è stato. E’ troppo semplice, almeno per me, suonare dal vivo solo i successi del passato, facendo leva sulla nostalgia del pubblico.

E quali sono i progetti futuri della band?

Abbiamo registrato alcune date del nostro ultimo tour in Germania. Appena abbiamo un po’ di tempo, Clem, Jon [Hiseman] ed io, sceglieremo i brani per un CD dal vivo. Credo che questo sia il modo migliore per presentare Barbara Thompson (sassofonista e moglie di Jon Hiseman) che ha sostituito Dick Heckstall Smith.

E’ stata una scelta naturale quella di Barbara?

La morte di Dick ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Barbara si era ritirata dalla scena musicale perché affetta dal morbo di Parkinson. E’ stato Jon a suggerire lei come sostituto. Ancor prima di andare in tour, Barbara ha sostituito Dick per alcune registrazioni, dal momento che la malattia non gli permetteva più di venire alle prove. Credo che anche per lei sia importante, non solo musicalmente ma anche psicologicamente, suonare dal vivo. Credo le dia forza per affrontare anche la malattia. Barbara è davvero una fantastica persona.

La tua formazione musicale affonda nelgi anni ’60, nella ‘Swinging London’ dei circuiti blues di Alexis Korner e John Mayall. Ai nostri occhi sembra che esistesse una vera propria “legacy”, un clan di musicisti molto legato fra loro, che si è sempre mantenuto in contatto e che si è aiutato negli anni a venire…

E’ assolutamente vero quello che dici. Quando avevo venti anni ho suonato nei Thunderbirds, la band di Chris Farlowe, insieme ad Albert Lee. E sono stato io, dieci anni dopo, a suggerire il suo nome ai Colosseum che stavano cercando un cantante. Proprio oggi stavo ascoltando una registrazione di quel periodo dei Thunderbirds al Flamingo a Londra di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Che periodo incredibile è stato quello.

Un altro elemento tipico della tua carriera è quello di non essere mai stato legato ad un singolo genere musicale, ma di aver avuto sempre una visione molto aperta della musica: R&B, jazz, rock, progressive, non ti sei negato nessun tipo di esperienza musicale.

Ti voglio raccontare un aneddoto. Ho incontrato Jon Hiseman quando andavo a scuola. Vivevamo nello stesso quartiere di Londra. Avevo 13/14 anni quando ho suonato con lui per la prima volta insieme a Tony Reeves al contrabbasso. Se vuoi quella è stata la prima volta che i Colosseum hanno suonato, anche se nemmeno noi lo sapevamo. Ognuno di noi ha poi fatto il suo percorso musicale: Tony ha suonato con John Mayall, Jon entrò nella New Jazz Orchestra, mentre io me ne sono andato a suonare a… Casablanca [ride]; avevo meno di venti anni quando mi offrirono questa possibilità e non potevo rifiutare. E’ stata la prima volta che ho fatto il musicista professionista a tempo pieno e non part time. Suonavo con due chitarristi che avevano suonato con Gene Vincent. Sono stati sei mesi intensi. Appena tornato dal Marocco sono tornato al Flamingo ed il gestore del locale, Chris Gano, mi suggerì di fare un’audizione per la band di Chris Farlowe, i Thunderbirds, e con loro ho suonato per tre anni. Successivamente ho accompagnato per otto mesi Geena Washington; mentre stavo ancora suonando per lei, mi chiamò Jon Hiseman, che voleva mettere su una nuova band, la “sua” band: non c’era un repertorio, nessuna garanzia di successo, solo la voglia di provare a suonare qualcosa di nuovo. Ho accettato seduta stante. D’improvviso i due ex tredicenni erano di nuovo insieme in sala prove. Dalla prima session si materializzò ‘For Those About To Die’: io sono partito con il riff, Jon mi seguì e Dick compose la parte centrale. I Colosseum nacquero quel giorno.


‘Valentyne Suite’ è l’album che vi ha dato la fama. Eravate coscienti, quando lo registravate, che sarebbe stato così importante per la vostra carriera?

Quando l’album uscì, noi eravamo già in tour per i club dell’Inghilterra. Ci rendevamo conto che l’affluenza ai concerti stava lentamente, ma costantemente, aumentando. Eravamo contenti e soddisfatti di questo. Una sera arrivammo nella città in cui dovevamo suonare ed entriamo in una bellissima sala concerto con centinaia di posti a sedere ed un palco enorme. Io mi giro verso Jon e gli dico: “Jon, siamo nel posto sbagliato”. Lui controlla i fogli, poi mi guarda e dice: “No. Siamo nel posto giusto”. E’ stato in quel momento che abbiamo realizzato che avevamo un pubblico “nostro”, che voleva ascoltare noi e la nostra musica.

Sentirti raccontare la tua storia musicale, mi fa pensare a quanto l’ambiente musicale di oggi sia diverso e, addirittura in antitesi con la tua esperienza di vita.

Adesso le band vengono formate dai discografici. Tutto è calcolato e stabilito a tavolino. Il sound, il look, il numero di copie minimo di vendita. Nel nostro caso non avvenne niente di tutto questo: Jon Hiseman voleva formare una band e chiamò i musicisti che riteneva adatti. Una volta verificato che esisteva un feeling generale tra i vari componenti, il management ci trovò le date ed un contratto discografico.

Non credi che abbiate avuto anche la fortuna, o la sorte, di iniziare a suonare in un momento molto speciale in Inghilterra in cui, si è venuta a creare una sinergia unica che ha coinvolto musicisti ed etichette?

La musica era al centro degli interessi di tutti:musicisti, discografici e manager. Per me è incredibile che io sia ancora on the road: ho sessantre anni e sto ancora andando in lungo ed in largo per l’Europa a suonare. E mi piace ancora da morire.

Jacopo Meille

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