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PG Six - Slightly Sorry
(drag city)
www.dragcity.com

Third album by founder and leading figure of the New Weird American scene, one of the best singer/songwriter of his generation

PG Six, nome d’arte di Paul Gaubler, colpisce ancora. A modo suo, ammettiamolo, ma conferma le buone qualità e il talento di chi sa vedere la musica folk oltre i confini del tempo e dei territori. Lui che, fra i primi, nella metà dei novanta cominciò a farsi un’idea della cosiddetta New weird America oggi pare un artista consumato e con un certo assodato mestiere dietro le spalle al punto che il suo album del 2001 “Folk Scene“ merita un posto come apripista di una serie di artisti a venire i cui satelliti hanno eclissato la stella.Non quella di Gaubler che con “Slightly Sorry“ conferma doti e aspirazioni tipiche del grande artista che sa fondere con sensibilità l‘amore per Neil Young(“The Dance”) con quello per Bert Jansch, Davey Graham (“Untitled MicroMini“) e lo spirito rustico di The Band (“Sweet Music”) con la riscoperta di un eroe minore come Jeffrey Cain (del quale ripesca “Not I the seed“, vicino nei tardi sessanta ai mitici Youngbloods di Jesse Colin Young, ex folkster tramutatosi in hipster già allo scoccare dell‘estate dell‘amore 1967.
PG Six è infinitamente meno alla moda di un Devandra Banhart ma ha uno spessore che accomuniamo a quello di un Alisdair Roberst è con “Slightly sorry” ha prodotto un disco che allontanandosi dalle sperimentazioni degli esordi lo mette in orbita tra i più seri esponenti del genere per restare come trait d’union con i grandi di una volta.

Ernesto de Pascale

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