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American Folk Blues Festival

Nel 1962 l’impresario Horst Lippmann (1927-1997) e il suo amico Fritz Rau organizzarono il primo di una lunga serie di eventi dall’ inequivocabile nome: American Folk Blues Festival. Per Lippmann e i suoi il senso di tale denominazione era chiaro. Il blues è la musica della gente e come tale rappresenta il bagaglio della stessa, la componente folclorica lì si concretizza. American Folk Blues Festival divenne, sin dalla prima edizione, sinonimo di qualità artistica ineccepibile. Gli ottimi rapporti intrattenuti con gli artisti e una sensibilità rispettosa, a volte ossequiosa, fecero si che questo eclettico impresario entrasse presto nel cuore di molti di essi.

T-Bone Walker

Da Sonny Terry a T Bone Walker, ospiti della prima edizione, (tutti festival fino al 1985 sono documentati su disco e ristampati in cd dalla Bellaphon) fino a Eddie ” CleanHead ” Vinson, per Lippmann tutti fecero uno sforzo in più e si resero disponibili. Il festival, nei suoi anni migliori varcò le soglie della Germania, gli Inglesi, non ultimi, ne trassero grande giovamento. Il giovamento e il tripudio di allora si moltiplicano oggi con l’avvento della tecnologia Dvd per la pubblicazione di un doppio volume antologico prodotto intitolato proprio American Folk Blues Festival ( Hendrix Estate/Universal) che racchiude il meglio di alcune performance che gli organizzatori e la televisione belga fermarono su nastro Ampex per la gioia degli spettatori televisivi di allora e i seguaci della nuova generazione attuale sotto la spinta odierna dell’anno del Blues e dei documentari prodotti da Martin Scorsese per la PBS statunitense.

John Lee Hooker

In due dvd scorrono le immagini dei mostri sacri: John Lee Hooker con lo sguardo cattivi perso nel vuoto a cercare luoghi a lui cari, Howling Wolf che tenta di adattarsi alle esigenze (minime) della televisione di allora, Lighting Hopkins all’oscuro di tutto che aspetta il segnale per iniziare a esibirsi, Freddie Mc Dowell che pare non distinguere lo studio di registrazione televisivo europeo dal juke joint del suo paese, Sonny boy Williamson che scopre in tempo reale le sue innate doti di istrione e se ne gongola e poi le indimenticate signore del Blues degli anni sessanta, Sippie Wallace che pare uscita dalla depressione appena due minuti fa, la ammiccante e urbana Victoria Spivey, la focosa e sospettosa Big Mama Thorton che sembra abbia appena terminato una seduta di cucina Soul Food, Muddy Waters che tiene sotto torchio i suoi uomini, Willie Dixon con aria da coordinatore del gruppo in vacanza premio, Lonnie Johnson abbigliato come se invitato a un pranzo nunziale, Big Joe Williams elle prese con una chitarra troppo scordata, T Bone Walker in controllo di se stesso e del suo stile signorile, Sonny Terry che si domanda dove è, e poi ancora i pianisti che hanno fatto grande la storia di quella musica: Memphis Slim, Sunnyland Slim, Roosvelt Sykes, uno sbiadito Eddie Boyd, Otis Spann in gran forma, mentre, non ultimi, lo show presenta anche una nutrita schiera di quei giovani neri appena arrivati sulle scene che avrebbero negli anni a venire traghettato il blues verso le nostre generazioni come Junior Wells, Buddy Guy, Matt ”Guitar” Murphy, Otis Rush, Shakey Jake. Non ultimo, il supporto video ci mostra e si sofferma con accanimento su un tesissimo Walter “ Shakey “ Horton che soffia nell’armonica guardandosi intorno come se temesse che qualcuno gli volesse sottrarre il portafoglio!

Howlin' Wolf

Che grande spettacolo è questo doppio Dvd e che oggetto di sana didattica e culto si appresterà a diventare negli anni a venire. Rimasterizzato da Eddie Kramer, il tecnico di Hendrix, la raccolta ci fa capire, attraverso gli occhi semplici dei cameramen e del regista di allora, come il blues nero veniva visto nel Nord Europa in quel momento così importante e delicato. Per molti di quegli artisti quelle tournee rappresentarono il primo contatto con il vero grande pubblico, un pubblico che stupì la maggior parte dei partecipanti ad esse. Secondo una visione un pò naif gli artisti accettano di giocare e si muovono in contesto più simile alla fiction che a un vero show televisivo. Nella edizione 1963 (la più utilizzata in queste due raccolte) viene infatti ricreata una ambientazione che rappresenta i luoghi della vita quotidiana dei neri. Ci si chiede come alcuni di essi, sospettosi per natura, possano aver accettato certe “licenze poetiche” che non avrebbero convinto altrove né I puristi né gli artisti: la risposta risiede nella autorevolezza e nella fiducia che gli artisti neri riponevano nel giornalista tedesco Joaquim Berendt (the Pope of Jazz, questo il suo soprannome in patria), autore del programma, e in Lipmann e Rau. Le licenze poetiche diventavano allora un gioco in cui era piacevole fare la propria parte e spaziare e allargarsi.

Muddy Waters

Così fra casualità, ignoranza - nel senso di non conoscenza - naturalezza e fiducia cieca Lipmann e Rau, con l’aiuto di Berendt, mettono insieme alcune delle immagini più significative del blues nero dei primi sessanta pensate da europei, per un capolavoro di comunicazione mediologica il cui unico paragone possibile nella televisione italiana di quegli anni è forse la Biblioteca di Studio Uno del Quartetto Cetra o la fiction documentaristica scritta da Cesare Zavattini “le Italiane si confessano”. Spero che il termine di paragone che ho usato, basato sull’iperbole contenutistica, sia capito dal lettore. Certo è che se quegli stessi bluesmen fossero capitati sotto le grinfie dei dirigenti Rai e davanti alle telecamere dei certi loro registi di allora sarebbero finiti dritti in qualche puntata de La Cittadella con Alberto Lupo mentre lassù, dove la musica era già cultura allora, ebbero riservato un trattamento mai irrispettoso, anche quando il gioco si faceva un po’ fantastico. Con il risultato di trovarsi oggi davanti a straordinarie performance di alcuni dei più grandi artisti della storia del blues.

Ernesto de Pascale
Con “The unauthorised breackfast item”, i Caravan tornano sulla scena con un album dove trovano spazio le canzoni ma dove non viene dimenticato il background progressive anni ‘ 70. Il disco si apre in modo efficace con il rock di “Smoking Gun” , che fa prendere all’album un ampio respiro prima di lanciarsi in tutto ciò che viene dopo. Dietro c’è la mano di Pye Hastings, autore della maggioranza dei brani e dei testi, meritevoli di nota per la loro musicalità. La prima parte del disco è più dedicata alle canzoni, nelle quali ancora si riconoscono certi piccoli dettagli armonici che fanno parte di tutta la produzione dei Caravan. Gradualmente le già caratteristiche parti strumentali si allungano e, affrontando il rischio che in certi momenti l’album perda di tensione, conducono fino alla parte conclusiva dove, se già da prima non fosse stato chiaro, anche la vena più progressive ha modo di esprimersi. Inconfondibile è il contributo di Dave Sinclair alle tastiere in “Nowhere to hide”, brano di cui è anche autore, che permette di ricreare un sound alla Caravan prima maniera. Allo stesso modo agisce il contributo di Jimmy Hastings agli strumenti a fiato su “Tell me Why”, dimostrando quanto caratteristica e composita sia la sonorità della band. E’ un disco giocato con intelligenza e il lavoro di un gruppo che forte dell’ esperienza sa mantenere ferme certe caratteristiche della propria direzione artistica pur rivalutandosi in modo propositivo. L’album è stato lanciato con un release anticipato limited ediction che aggiunge un cd bonus registrato live ed è dedicato al recentemente scomparso bassista della Jimi Hendrix Experience, Noel Redding.

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