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Susan Tedeschi - Hope and Desire
(Verve Forecast)



Il blues è un gatto dalle settantasette vite e non finisce mai di stupirci, rinnovandosi continuamente, a volte travestendosi da rock, altre fingendo di essere una ballad, ma sempre blues rimane quando le sue radici rimangono saldamente piantate nella tradizione.
Ce lo dimostra questo bel disco (il quarto di Susan Tedeschi e il primo inciso per una major), nel quale troviamo gli umori essenziali del blues presentati nel modo più semplice e immediato: ritmica scarna più due chitarre, un pianoforte e un organo Hammond, e sopra una splendida voce, quanto mai adatta a interpretare questo genere musicale.
L’ascolto si snoda attraverso dodici brani, nessuno scritto da Susan, che peraltro è conosciuta come buona autrice oltre che come cantante.
“You got the Silver” dei Rolling Stones, “Lord protect my child” di Bob Dylan, “The danger zone” di Percy Mayfield, “Tired of my tears” di Ray Charles, una bella riproposta di “Soul of a man” dei Fontella Bass, “Magnificent Sanctuary Band” sostenuta dai Blind Boys of Alabama, sono alcune delle perle contenute in questo piccolo scrigno.
Una menzione particolare la meritano i due chitarristi, puntuali ed espressivi, mai sopra le righe (uno di loro, Derek Truck, è tra l’altro marito di Susan e membro degli attuali Allman Brothers).
Susan Tedeschi ci regala atmosfere blues venate qua e là di soul con puntatine gospel, cantando con disarmante e apparente semplicità, tanto da farci sembrare tutto naturale e nato per essere così com’è sul disco.
Attenta e piena di rispetto è la produzione di Joe Henry, a sua volta autore e interprete, talento in crescita tenuto d’occhio dai critici e dagli appassionati della musica di qualità (ma qui figura solo come produttore).
Un buon disco dunque e, come si diceva, una bella dimostrazione di come il blues continui a vivere e a progredire quando resta attaccato alle sue radici: benvenuta Susan e bentrovato blues.

Rinaldo Prandoni


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