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Andromeda – Originals
(Angel Air)
www.angelair.co.uk



Fondati di John Du Cann degli Atomic Rooster, gli Andromeda dettero alle stampe, nel 1969, un unico album per l’RCA, che portava per titolo il nome della band. Du Cann proveniva dall’esperienza positiva con gli Attack, gruppo dall’appeal più pop che aveva rotto brutalmente i rapporti con la Decca nel momento in cui aveva cominciato a desiderare maggiore libertà artistica e un sound più aggressivo, negatogli dalla casa discografica (al che Du Cann se ne andò protestando che chi si era rifiutato di mettere sotto contratto i Beatles, cioè la Decca, non poteva pretendere di sapere tutto!). Grazie alle conoscenze acquisite con gli Attack, non fu difficile per Du Cann inserire gli Andromeda in ottimo circuito di concerti. Alle date numerose e ben pagate non corrispose però un pari interesse da parte delle case discografiche nei confronti del gruppo e, nonostante il contratto con l’RCA, nessuno li spinse sufficientemente avanti per saltare il fosso e raggiungere la notorietà, così che con l’offerta per Du Cann di lavorare con gli Atomic Rooster l’esperienza del gruppo terminò. Ciò che fa la Angel Air in questo caso è ben più di una normale ristampa. A venir pubblicata è infatti la versione “demo” come originariamente concepita dal gruppo, con due facciate da trenta minuti e parti strumentali che al momento della pubblicazione su vinile vennero notevolmente ridotte dalla casa discografica. Anche i mix sono quelli realizzati originariamente da Du Cann, e le incisioni qui presenti, realizzate prima dell’ingresso in studio per registrare Andromeda, presentano notevoli differenze rispetto a quelle definitive. E va detto che “Andromeda” così come la band lo aveva concepito (pubblicato per la prima volta con il titolo di Originals) non è niente male, completo e convincente e indice di idee chiare. Si spazia da brani di rock vero e proprio come Return To Sanity e Too Old a una bella canzone più pop che oggi, a posteriori, potremmo definire “costelliana” (And now the sun shines, notevole), attraversando riff di chitarra particolari come quello iniziale di “ Day of the change”. C’è varietà tra le tracce e cura per la melodia, che ritorna anche su “Ocean Song” (bella e a tratti in stile Caravan), con uno stile di progressive in cui c’è posto per gli strumentali ma generalmente molto scritto. Si arriva in fondo all’album e viene veramente da pensare che è un peccato che non ce l’abbiano fatta, anche se il futuro riservava a Du Cann una strada altrettanto splendente.

Giulia Nuti

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