. A Hawk And A Hacksaw - The Way The Wind Blows
ANTEPRIMA

madeleine peyroux Ristampe John Mayall su Universal Records

Universal Records publishes four compilations regarding the early days of John Mayall’s saga. The classic “The Bluesbreakers with Eric Clapton” is now a double CD containing 43 tracks! The other masterpiece, “Hard Road”, gets 15 bonus tracks. A real bonanza for British Blues fans and an essential historical document as many ideas developed by Mayall and his scholars in these indispensable CDs will be constituent elements of the foundation of Rock music.

Volenti o nolenti, il ruolo fondamentale impersonato da John Mayall, padre insieme ad Alexis Korner del British Blues, nella promozione e nella diffusione del Blues non può esser negato. Nella versione mainstream offerta al pubblico in questi ultimi due decenni, il Blues di Mayall, imperniato da sempre sugli stessi modelli, fa quasi tenerezza, come l’uomo Mayall, molto prossimo allo stereotipo dell’inglese strambo. Tante ne sono state raccontate su di lui, che abbia vissuto sopra un’albero, che avesse una collezione enorme d’oggetti erotici, che licenziasse i suoi musicisti spinto da una personalità mutevole e assai lunatica, che pochi possono sopportare a lungo. Ovviamente la leggenda si confonde con la realtà, fino a sfiorare il pettegolezzo, e il tutto impallidisce con l’andare del tempo. Le verità assodate, quelle che a noi interessano, parlano di un musicista comunque orginale, con una grande propensione a scoprire nuovi talenti, parte per merito proprio, parte per essersi trovato nel posto giusto al momento giusto. Clapton, Jack Bruce, Jon Hiseman facevano sognare coloro che s’avvicinavano al British Blues quarantanni fa. Se Clapton non vi fosse piaciuto, avreste potuto rimpiazzarlo con Peter Green, a sua volta rimpiazzato da Mick Taylor. I compianti Dick Heckstall-Smith al sax (con Hiseman, Tony Reeves e altri fonderà i Colosseum) e il mitico Don Sugarcane Harris al violino, il bassista-compositore Andy Fraser noto per esser stato membro fondatore dei Free, il “serpente” Harvey Mandel (ex-Canned Heat, rischiò di sostituire Mick Taylor nei Rolling Stones, ha suonato anche con Musselwhite e Barry Goldberg), il sassofonista Johnny Almond, Aynsley Dunbar (uno dei migliori batteristi inglesi con Hiseman e Ginger Baker, ha suonato perfino con Frank Zappa, Jefferson Starship ed é stato leader dei Retaliation, gruppo cult del British Blues) e altri cento, inclusi in tempi recenti alcuni smanettoni di grande successo come Walter Trout e Coco Montoya, o intellettuali delle 6 corde come Freddy Robinson e Jon Mark (dopo l’esperienza con Mayall fonderà una band apprezzatissima con Johnny Almond). Insomma John Mayall non s’è fatto mancare niente e rimane, anche a dispetto dei santi, un bluesman dal quale non si può prescindere, specialmente fino ai primi anni 70. « John Mayall and the Bluesbreakers”, “Hard Road”, “Crusade”, “Bare Wires”, la svolta americana con “Blues from Laurel Canyon” e “Turning Point”, le big-bands – e che big bands ! - di “Jazz Blues Fusion” – con Blue Mitchell, Red Holloway, Larry Taylor e Ron Selico - e “Moving On” e siamo al 1972, per fare un salto di 20 anni fino alla resurrezione di “Wake up call” e “Spinnin’ Coin”. Ottimo manager di se stesso, tra cinquanta e più albums ufficiali, Mayall ha anche regolarmente pubblicato raccolte, alcune anche di pregio come “Looking Back”, stroncando qualsiasi velleità commerciale di fare soldi coi suoi inediti. Ciò nonostante, la qualità e la quantità dei suoi accompagnatori ha reso inevitabile il proliferare di altre uscite discografiche di valore assai variabile. Per questo, il fan di Blues con qualche propensione al collezionismo, dovrebbe esser più che contento di accedere a queste nuove compilations targate Universal, una casa discografica di grande spessore e tradizione. Se la riedizione di « John Mayall plays John Mayall » contiene solo cinque bonus tracks, il classicissimo « The Bluesbreakers with Eric Clapton » é diventato un doppio CD con la bellezza di 43 pezzi ! Anche “Hard Road” si difende bene con 15 bonus tracks, mentre “The Blues Alone” ne ha 2. Per il momento non abbiamo avuto accesso alle note dei libretti, ma é chiaro che dipanare la matassa di chi suona dove e altri dettagli maniacali, potrebbe esser esercizio assai lungo e complesso, anche se le line-ups dell’epoca sono ovviamente confermate. L’ascolto di queste riedizioni non porta solo una ventata di nostalgia, ma conduce ad un riesame del fenomeno British Blues e specialmente della sua capacità d’ispirarsi ai grandi maestri avendone assorbito, in modo proficuo, l’insegnamento. L’ascoltatore attento e non prevenuto potrà constatare come, al contrario di quello stolidamente affermato da molta critica ancor oggi, il British Blues fosse tutto tranne una mera riproposizione del Chicago Blues. Al contrario, qui troverete un Blues elettrico molto influenzato dallo Skiffle, un genere musicale nato negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso con le jug bands, ma divenuto popolare in Gran Bretagna negl’anni cinquanta, e limitrofo al Blues e al Jazz. Ma troverete soprattutto una testimonianza completa di un’epoca difficilmente ripetibile, dove il talento individuale, il desiderio di anticonformismo, l’onda lunga della musica afro-americana, il mercato della musica in piena espansione, marcarono indelebilmente un terreno assai fertile quale era la Gran Bretagna di quei tempi. I risultati furono inattesi e straordinari: da lì nacque buona parte della musica Rock, e coloro che non erano stati a scuola da Mayall, erano stati svezzati dall’altro padre-padrino - come detto all’inizio di quest’articolo - del British Blues, il leggendario Alexis Korner.

Luca Lupoli

Un sentito grazie a Joe Black e alla Universal Records per aver messo a disposizione de ILPOPOLODELBLUES questo materiale.

Track list

tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.
eXTReMe Tracker