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Martin Simpson - Prodigal Son
(Topic)
www.martinsimpson.com

Stunning and compelling dark masterpiece by folk authority

A più di 30 anni dal debutto nel 1976 con Golden Vanity, la vena creativa di Martin Simpson pare non essersi sopita e la sua carriera nel folk britannico più motivata che mai. Prodigal Son, album realizzato in quasi perfetta solitudine, è una miscela intensa di tradizionali, originali e deviazioni verso l’America degli hobos e dei pionieri delle montagne Apparecchiane e non solo.
In Prodigal Son, dove brani cantati e intimissimi originali come “She Slips Away” si alternano armoniosamente c’è però anche spazio per danze francesi come la boureè re inventata come aria irlandese, ballate blues come la vecchia folk song “Duncan & Brady” dal repertorio di Leadbelly e melodie che risalgono addirittura al diciassettesimo secolo, come “Andrew Millie“, vero tour de forse dell‘album.
Album caratterizzato dall’eleganza del cinquantenne Simpson e da quella della rara e preziosa arte della concentrazione che pare essere sfuggita di mano a tanti artisti folk inglesi delle precedenti generazioni, Prodigal Son è più vicino alla sensibilità di (relativamente) nuovi artisti come Alisdair Roberts che a tanti suoi coetanei. Volendolo invece paragonare alla generazione precedente alla sua, citiamo come ispiratore il grande Dick Gaughan.
Accompagnato sporadicamente dalla voce di Kellie While, figlia di Chris, Kate Rusby, Danny Thompson e, inaspettatamente, da Jackson Browne in veste di chitarrista, Prodigal Son è un disco attento al mondo e ai suoi cambiamenti - “Louisiana 1927” di Randy Newman così attuale dopo l’Uragano Katrina appare sotto una veste di oscura urgenza in questa veste! - e sfida chi divide il folk in sottostili, in moderno, antico, vecchio, nuovo e alternativo.
Martin Simpson è riuscito a sintetizzare tutto in 65 minuti di musica che vale la pena ascoltare con attenzione.

Ernesto de Pascale

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